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Unione Europea: la storia

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Europa 1948, carbone e acciaio alla base della nascita della Ceca

Il ministro degli esteri Robert Schuman, che si rivolse alla Germania Occidentale, proponendole la creazione di un mercato comune del carbone e dell’acciaio. Schuman stesso la definì una solidissima garanzia atta a scongiurare ulteriori guerre tra i due grandi paesi.

Dopo aver tracciato, a grandissime linee, la storia del sentimento europeo nel Novecento, fermandoci sulla soglia del secondo dopoguerra, è bene che ci chiariamo un po’ le idee su come l’Europa sia uscita dal secondo conflitto mondiale: con quali aspettative e con quali problemi.

Già si è detto che, tanto per cominciare, le conferenze di Yalta e di Potsdam, ci restituirono un continente diviso nettamente in due: la dottrina di Churchill, secondo cui un nemico dei propri nemici è un tuo amico, poteva andare bene per gli anni della guerra, ma, subito dopo mostrò la corda, e lo stesso Churchill venne giubilato dai britannici, a favore del laburista Clement Attlee, che fu primo ministro proprio negli anni, critici per l’Europa, tra il 1945 e il 1951. Il mondo che usciva dal conflitto era, fondamentalmente, un mondo americano: gli accordi di Bretton Woods, del luglio 1944, avevano delineato il futuro finanziario del pianeta e, di fatto, sancito l’assoluta egemonia USA sull’economia mondiale: il gigantesco Piano Marshall, del 1947, non fece che confermarla, approfondendo il solco tra l’Europa occidentale e quella dell’Est, che stava diventando un arcipelago comunista. Diciamo, un po’ brutalmente, che la resurrezione europea era legata agli Stati Uniti e che gli Stati Uniti pretendevano, in cambio, che l’Europa diventasse un po’ americana: dunque, possiamo postulare che, fin dai suoi albori, l’unità europea si trovasse sotto la tutela del colosso statunitense, che ne controllava, magari con aria benevola, ma senza nulla concedere al caso, i primi vagiti.

Lo strumento più evidente di questa tutela fu la NATO, North Atlantic Treaty Organization, un trattato di difesa collettiva, firmato all’indomani del blocco di Berlino, nell’aprile del 1949, da dodici paesi: i principali stati dell’Europa occidentale più il Canada e gli Stati Uniti. Va da sé che la NATO fu la negazione plastica dell’Europa unita, come ce la immaginiamo oggi: il nemico contro cui dovevano difendersi collettivamente i membri del Patto Atlantico erano altri paesi europei, che si trovavano sotto un controllo uguale e contrario, rispetto a quello USA, ovvero quello dell’URSS.

Certo, i metodi con cui questo controllo veniva esercitato erano affatto diversi, ma il risultato, in fondo, non fu troppo dissimile.

Nel frattempo, mentre la Guerra Fredda andava diventando sempre più conclamata, tra i principali Paesi dell’Europa occidentale cominciò a svilupparsi e a fermentare l’idea che fosse necessaria anche un’intesa economica, oltre che militare, per favorire e incrementare i commerci in settori particolarmente critici della produzione industriale.

L’economia stava riprendendosi, le ferite della guerra stavano rimarginandosi e sembrava soffiare sulla vecchia Europa un vento nuovo, di collaborazione e cooperazione, tra gli ex avversari: dire che si stava delineando l’asse franco-tedesco che, oggi, indubbiamente domina gli scenari politico-economici continentali è forse eccessivo, tuttavia è fuori di dubbio che il primo accenno a quella che sarebbe divenuta la Comunità Economica Europea si dovette ad un francese, il ministro degli esteri Robert Schuman, che si rivolse alla Germania Occidentale, proponendole la creazione di un mercato comune del carbone e dell’acciaio, sotto il controllo di un ente sovranazionale. Oltre alla Germania, in verità, vennero cooptati il Benelux (unione economica tra Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, nata già nel 1944, ma ratificata solo nel 1948) e l’Italia, ma fu l’accordo franco-tedesco a determinare il successo della formula.

La Germania, che era nata, in pratica, da un’unione doganale (lo Zollverein del 1834 e, poi, del 1867), peraltro, non se lo fece dire due volte: bisogna sottolineare, inoltre, che, al di là della grande valenza economica e politica di questa iniziativa, Schuman stesso la definì una solidissima garanzia atta a scongiurare ulteriori guerre tra i due grandi paesi.

ceca

Insomma, la CECA (Comunità Europe del Carbone e dell’Acciaio), nata nel 1951, fu il primo vero passo verso la creazione di un’Europa unita. Un passo, però, che mostrava, fin dall’inizio, quello che sarebbe stato il vero tallone d’Achille di questo modello europeo: che ne era stato del concetto di “Europa delle Nazioni”? La CECA era un ente esclusivamente economico: certo, aveva valenze politiche, ma erano subordinate alle esigenze commerciali e finanziarie.

ceca

L’idea di Europa dei popoli che, un po’ utopisticamente, caratterizzava il pensiero europeista prebellico, non influenzato dalla visione americana del mondo, aveva lasciato il posto a un progetto che si fondava sugli interessi industriali, sulle facilitazioni commerciali, ma dimenticava decisamente la componente culturale e identitaria della nuova supernazione che avrebbe dovuto nascere dalla fusione di tante anime diverse.

Questi nodi, allora remotissimi nel futuro, sarebbero venuti al pettine in epoche recenti, determinando profonde spaccature e crisi. La strada, tuttavia, era aperta e, di lì a poco, avrebbe cominciato a delinearsi un progetto assai più vasto di quello della CECA, che avrebbe portato alla creazione di legami sempre più saldi tra gli stati europei. E l’Italia ne sarebbe stata una protagonista assoluta.

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