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L'intervista

A Capodanno le Quattro Stagioni di Vivaldi: “Un’opera attuale, moderna e vitale”

A dirigere la Magnifica Comunità il maestro Enrico Casazza, tra i più accreditati interpreti della musica antica a livello internazionale

A volte non servono le parole per descrivere la bellezza di questa terra: la musica sa parlare meglio delle parole. Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi, compositore e musicista simbolo del movimento barocco, raccontano la magia dell’alternarsi delle stagioni. La musica vivaldiana sarà protagonista del concerto di capodanno al Teatro Sociale di Bergamo. Per inaugurare questa nuova tradizione, la Fondazione Donizetti ha chiamato sul palco la Magnifica Comunità, nata nel 1990, una delle orchestre italiane su strumenti originali di maggior successo internazionale. L’ensemble sarà condotto e diretto da Enrico Casazza, uno tra i più accreditati interpreti della musica antica a livello internazionale.

Come è nata la magnifica comunità?
L’Ensemble trae il nome dalla Magnifica Comunità di Este, Monselice e Montagnana da cui proveniamo ed è la definizione che si dava nell’antichità ad alcune comunità e territori gestiti in modo particolarmente virtuoso, anche riconosciute dalla Serenissima, che ne consentiva l’autonomia. Siamo un ensemble di lunga data, fin dal 1990, utilizziamo strumenti storici e prassi esecutiva antica. Negli ultimi anni abbiamo concentrato l’attenzione sulla musica italiana del ‘700.

Cosa rappresenta per lei Antonio Vivaldi?
Rappresenta colui che arricchì la scrittura strumentale, quella violinistica in particolare, di una varietà di effetti che influirono sulla tecnica strumentale del tempo fino ai giorni nostri. Vivaldi è la figura dominante della musica strumentale del primo Settecento. L’esempio più eclatante delle composizioni vivaldiane è appunto ‘Il Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione’ di cui noi eseguiremo i primi quattro concerti intitolati ‘Le Stagioni’. Ho grande ammirazione per l’invenzione melodica, la chiarezza armonica, la forte varietà ritmica e l’immediatezza espressiva della sua musica al punto da poter rivendicarne la perfetta attualità e moderna vitalità.

Lei è un cultore della musica barocca. Ci parli della Quattro Stagioni.
Le Quattro stagioni sono quattro concerti dell’op. 8 composti da Antonio Vivaldi per violino solista, orchestra d’archi e basso continuo e fanno parte di una raccolta di dodici concerti intitolata ‘Il Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione’. Questo titolo così evocativo ripropone l’antico combattimento tra la Ragione, cioè l’armonia, e l’Immaginazione, cioè l’invenzione. Per il modo disinibito e sicuramente originale di rappresentare in musica concetti e situazioni extra musicali come ad esempio i suoni della natura, le Quattro Stagioni di Vivaldi fin da subito sono state accolte con grande entusiasmo e per lungo tempo, specialmente in Francia ma anche a Londra.

Quattro concerti e quattro sonetti che raccontano le stagioni, quali sono nati prima?
Sembra che i quattro concerti per violino solista detti le ‘Quattro Stagioni’ fossero composti prima e indipendentemente dai quattro sonetti che li accompagnano, tra l’altro questi sonetti, di autore sconosciuto, forse sono stati scritti dallo stesso Vivaldi. Vennero inseriti in partitura più tardi a beneficio dei dilettanti quando l’opera doveva essere data alle stampe. Sono stati scritti per rafforzare l’efficacia evocativa della musica è per questo che Vivaldi, o il suo editore, fece inserire nelle parti strumentali questi sonetti.

La musica che eseguirete è descrittiva, racconterete l’alternarsi delle stagioni con la musica…
Esattamente! Magistrali sono i mezzi che Vivaldi impiega per illustrare le immagini extra musicali citate nei sonetti. Ad esempio nella “Primavera” viene rappresentata un’immagine agreste in modo tridimensionale: il violino solista rappresenta il pastore che dorme, i violini dell’orchestra il mormorio delle fronde e delle piante e la viola il cane che abbaia; ogni strumento ha una sonorità propria. Nell’Estate Vivaldi riesce ad imitare mirabilmente i versi del Cuculo, della Tortora e del Cardellino distinguendoli l’uno dall’altro, oppure nell’Inverno descrive in musica l’effetto del freddo, il soffio di venti gelidi e impetuosi, il battere dei denti, scrosci di pioggia, il correre di un pattinatore sul ghiaccio che si fende. Effetti molto graditi al pubblico anche oggi.

Quale è la stagione che ama di più?
Francamente trovo che il fascino e la completezza di quest’opera sta proprio nell’ascoltare il susseguirsi di una stagione sull’altra. Proprio come in natura ogni stagione ha bisogno della precedente per distinguersi ed affermarsi.

Perché ha scelto la musica barocca?
Fin da bambino, dai primi anni di Conservatorio ho coltivato la passione per la musica barocca. L’ascolto di Bach Vivaldi Handel, Geminiani Corelli mi affascinava moltissimo. Inoltre, negli ultimi anni la ricerca filologica ha dato maggiore consapevolezza nell’importanza dello stile, delle sonorità e l’utilizzo di strumenti antichi. Questo è molto importante per far rivivere con una corretta prassi esecutiva ma con nuove emozioni i capolavori del passato.

Il concerto sarà introdotto da “la follia”. Ci racconti la storia di questo brano.
La Sonata op. 1 n. 12 di A.Vivaldi, intitolata ‘la follia’, costituisce un vero trattato di tecnica violinistica, soprattutto per quanto riguarda i virtuosismi dei violini e gli abbellimenti. Prima di Vivaldi, anche Arcangelo Corelli si era cementato nella dodicesima Sonata ‘la Follia’. La follia, o pazzia, era già conosciuta nell’antichità, ma non era intesa come malattia o perdizione; al contrario era considerata una forma di ispirazione, un dono divino, oppure come una forma di amore per la vita. In questa idea positiva della follia vi era la concezione, oltre che della semplicità, anche della capacità da parte del folle di poter continuare a nutrire illusioni e speranze. Di origine portoghese, dal portamento maestoso e nobile, in uso fin dal XV secolo, è legata ai riti e alle celebrazioni della ‘fecondità’, la Follia giunge in Spagna, in Francia e in Italia, e ben presto si trasformò in una danza di società e di corte. È composta in ritmo ternario, assai simile alla Ciaccona e alla Sarabanda. L’opera di Vivaldi è lontana dagli aspetti psicopatologici legati al desiderio di illustrare il comportamento folle di contadini-danzatori, mentre pare più credibile collegarla non solo ad uno scopo artistico ma anche didattico, ad una prassi esecutiva, così come l’opera omonima di Corelli. Il compositore intendeva in questo caso realizzare, con brani posti in ordine di difficoltà, anche un metodo ‘d’insegnamento’ dell’arte dell’ornamento.

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