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Al teatro sociale

Glauco Mauri torna a Bergamo in “Finale di partita”

Una data in più: mercoledì 4 dicembre

Avviata con grande successo di pubblico e critica la Stagione di Prosa al Creberg Teatro, la Fondazione Teatro Donizetti dà ora avvio alla sezione ospitata al Teatro Sociale, dove da mercoledì 4 a sabato 7 dicembre (ore 21) va in scena un classico del teatro del Novecento: Finale di partita di Samuel Beckett.

Lo spettacolo segna l’importante ritorno a Bergamo di un grande protagonista del teatro italiano, Glauco Mauri, affiancato per l’occasione da Roberto Sturno, Marcello Favilla e Marco Blanchi. Regia di Andrea Baracco. Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta. Musiche di Giacomo Vezzani. Produzione Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno. Durata 1 ora e 15 minuti senza intervallo. Prezzi biglietti: da 25 a 31 euro; ridotti da 20 a 24 Euro. La rappresentazione di mercoledì 4 dicembre è fuori abbonamento ed è stata aggiunta a seguito delle numerose richieste da parte del pubblico: biglietti ancora disponibili.

Scritto da Beckett nel 1956, Finale di partita andò in scena, in francese, in prima mondiale al Royal Court di Londra nell’aprile del 1957, insieme all’atto unico Atto senza parole, e poi, nello stesso mese e con la stessa Compagnia, a Parigi allo Studio des Champs-Élisées; in Italia fu rappresentato per la prima volta l’anno successivo da Andrea Camilleri.

Come in molti suoi lavori Beckett, Premio Nobel per la Letteratura nel 1969, in Finale di partita parla della condizione umana segnata dalla sofferenza e dall’assurdità dell’”essere”, dei limiti e delle possibilità della libertà individuale, della solitudine di ciascuno di fronte al mondo: un teatro di personaggi, che si fissano nella memoria, vivi e palpitanti. Finale di partita, si svolge in una stanza-rifugio post-atomico, nuda, senza mobili, dove la luce penetra grigiastra, dove, come in una pseudopartita a scacchi, si muovono i suoi personaggi: Hamm, cieco e su una sedia a rotelle, i suoi genitori Nagg e Nell, senza gambe e chiusi in due contenitori per la spazzatura, e il suo servitore Clov, che non può sedersi mai. Hamm e Clov per sopravvivere hanno bisogno l’uno dell’altro: solo Clov può dar da mangiare ad Ham, e solo Ham possiede le chiavi della dispensa.

Glauco Mauri e Roberto Sturno tornano a Beckett, diretti da Andrea Baracco, con questo testo cardine e paradigmatico del Novecento. “Nella vita della nostra Compagnia, Beckett è stato un amato compagno di viaggio – racconta l’ottantanovenne attore pesarese – In diverse stagioni teatrali abbiamo interpretato, oltre a un beckettiano Don Giovanni di Molière, dieci suoi atti unici, anche tra i meno noti. Non abbiamo, per varie difficoltà, mai potuto affrontare Aspettando Godot, ma anni fa con Roberto Sturno decidemmo di portare sulla scena Finale di partita. Abbiamo cominciato a provare con grande entusiasmo… ma poi ci siamo arresi. Ci siamo sentiti immaturi e forse non pronti per affrontare un così poetico, tragico e farsesco aspetto della vita. La tragedia del vivere che diventa farsa – la farsa del vivere che diventa tragedia. Un ossimoro dove convivono una risata e un arido pianto, una disperazione senza speranza e un insopprimibile sentimento di pietà per l’uomo”.

“Dopo Finale di partita, Beckett ha creato i suoi due ultimi capolavori: L’ultimo nastro di Krapp e Giorni felici dove la disperazione dei due personaggi si vela di una poetica, pudica tenerezza. Quanta umanità. Per me Beckett è questo. Quando nel 1961 interpretai per la prima volta in Italia L’ultimo nastro di Krapp e Atto senza parole alcuni critici mi rimproverarono di aver reso poco beckettiani i due personaggi togliendogli quel che di meccanico e geometrico che, secondo loro, era un segno indispensabile del “teatro dell’assurdo” di Beckett. Ma io ho sempre considerato Beckett non uno scrittore del teatro dell’assurdo ma un grande poeta della difficoltà del vivere dell’uomo», aggiunge Glauco Mauri.

“Un regista non può non diffidare di Beckett, artefice di gabbie talmente costrittive da lasciare scarsa libertà di intervento o invenzione ad una messa in scena meticolosamente imposta dalla pagina. Detto questo, le opere di Beckett ti entrano nel sangue, ti assalgono quando meno te lo aspetti, non fanno alcuna distinzione tra sonno e veglia, ti si piazzano davanti e si insinuano lentamente o alla spedita velocità di un’allucinazione -, afferma Andrea Baracco -. Parlare di Beckett significa parlare dell’insensatezza della condizione umana, della insondabilità dell’universo e dell’umano, del tentativo di esprimere l’inesprimibile, insomma di molti grandi temi, ma più di tutto significa parlare di teatro, di personaggi che si fissano nella memoria, vivi e palpitanti, più di tanti altri della così detta drammaturgia di stampo realistico. In Finale di partita tutto ciò è assolutamente evidente”, conclude lo stesso regista.

La Stagione di Prosa al Teatro Sociale proseguirà dal 19 al 21 dicembre con Regalo di Natale, trasposizione teatrale dell’omonimo film di Pupi Avati nell’interpretazione di Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Gennaro di Biase.

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