È un fiume in piena Dario Violi. Una vera furia. Lo fa capire con un post pubblicato sul proprio profilo Facebook che ha voglia di sfogarsi, e lo conferma una volta raggiunto telefonicamente. La scelta di far decidere alla piattaforma Rousseau (e, quindi, a tutti gli iscritti d’Italia) se il Movimento 5 Stelle si candiderà o meno in Emilia Romagna alle elezioni del gennaio 2020 proprio non gli va giù. E non fa nulla per nasconderlo, ancor prima di sapere che gli iscritti hanno deciso di correre per le regionali.
“Anche in Umbria è stato così – attacca Violi -, si è chiesto agli iscritti di valutare un’alleanza che agli attivisti umbri non andava. Oggi questa assurdità si ripete e chiedono a me, lombardo, impegnato sul mio territorio, di scegliere per l’Emilia Romagna. Ma come posso io decidere per gli attivisti di quel territorio?”.
“Questo è il centralismo peggiore – continua -, fatto in maniera disorganizzata, senza un senso. Che almeno qualcuno ci metta la faccia, però: vuoi applicare il centralismo? Ok, però fatti vedere, mostrati, non passare la patata bollente a un voto su Rousseau. Se nelle regioni e nei comuni siamo in difficoltà ci prendiamo tutti la responsabilità, ma qui, adesso, è chiara l’inadeguatezza di chi prende le decisioni da Roma”.
La polemica s’inasprisce: “Non c’è il minimo rispetto per chi lavora sui territori, che sono da sempre l’arma segreta della Lega, la novità su cui si è buttato il Pd ultimamente. E noi 5 Stelle cosa facciamo? Trattiamo così chi si dà da fare? Come possiamo sapere se in Emilia Romagna gli attivisti sono pronti o meno per presentarsi alle elezioni? Chiederlo a loro cosa costa? La politica è una cosa seria – attacca ancora Violi -, che si basa proprio sul lavoro nelle regioni, nei comuni, nelle piazze. Tra le gente, insomma. Posti che qualcuno del Movimento 5 Stelle ha smesso di frequentare da tempo, una volta arrivato dove voleva arrivare”.
“Io mercoledì sera ero a Bergamo, in riunione con dieci attivisti cittadini che hanno pagato di tasca loro l’affitto del locale in cui ci siamo ritrovati – spiega ancora Violi -, per parlare dei problemi della città e di come muoverci. Quella è la politica che io sono fiero e orgoglioso di rappresentare. Perché la politica è lavoro, non poltrona”.
Parole dure, forti, che potrebbero far pensare a un Violi in procinto di defilarsi dalla creatura di Beppe Grillo. Ma no, non è così: “Lasciare il Movimento? Non ci ho pensato nemmeno per un minuto – risponde il consigliere regionale, sicuro -. Io vado avanti, critico e alzo la voce proprio perché ci tengo a questa realtà. Non farò nessun passo indietro”.
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