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La lanterna magica

“Joshua: teenager vs superpower”: perché il cambiamento parte da noi stessi

Battuta migliore: “Credo nella libertà per Hong Kong... credo nella libertà per tutti!”

Mi credereste se vi dicessi che le proteste a Hong Kong, di cui tanto sentiamo parlare da qualche mese, sono in corso da anni? E se poi aggiungessi che il principale promotore di queste rivolte è un ragazzino di 20 anni? Follia vero? Beh, si dà il caso che la situazione sia anche più strana di così, ma andiamo con ordine e cominciamo con una breve introduzione storica.

A seguito delle due guerre dell’oppio (1839–1842; 1856–1860) la Cina dovette cedere il territorio di Hong Kong all’Inghilterra che, oltre a sfruttare il porto per fini economici, creò una vera e propria enclave occidentale in Oriente, con caratteristiche non dissimili da quelle di uno Stato qualunque del centro Europa, con libertà di pensiero, democrazia, suffragio universale e tanto altro che a tutti noi sembra scontato. La dominazione britannica finì solo nel 1997, dopo più di 150 anni, quando Hong Kong venne formalmente riconsegnata alle amorevoli cure della “mamma Cina”.

Da allora lo Stato con capitale a Pechino, pur avendo accettato di dare molte indipendenze all’ex colonia, non a caso si parla di “una Cina, due sistemi”, sta cercando piano piano di erodere le libertà concesse alla fine del millennio scorso partendo da faccende di poco conto, come alcune riforme scolastiche, arrivando perfino alla proposta di legge di qualche mese fa per cui un dissidente politico residente ad Hong Kong possa essere estradato e processato in territorio cinese.

Tale atteggiamento da parte di Pechino ha quindi scatenato, sin dai primi anni del 2000, una dura risposta da parte degli abitanti dell’ex colonia che però, ahiloro, di contro hanno ricevuto solo tanta violenza, rapimenti, omicidi, limitazioni delle libertà personali e tanto altro che possiamo vedere ai tg praticamente ogni sera.

In un contesto del genere, fatto di barbarie e soprusi, un adolescente hongkonghese ha trovato il coraggio di alzare la testa per urlare a gran voce “no, io non sono disposto a rinunciare alla democrazia!”. Il suo nome è Joshua Wong e alla tenera età di 14 anni (ora poco più di 20, ma molti meno quando il documentario è stato girato) ha deciso, con alcuni suoi compagni di scuola, ossia quelli con cui le persone comuni organizzano pic-nic o partire a calcetto, di creare un movimento pacifico di protesta contro la Cina e contro le terribili limitazioni politiche ed ideologiche che, piano piano, stavano iniziando a subentrare ad Hong Kong. Tutto questo nel 2014. Direi che il ragazzino ci aveva visto lungo.

C’è poco da dire sul documentario in sé, di fatto non è altro che un elogio al sogno di un ragazzo che dalla sua ha solo un pugno di idee, un megafono e tanta, ma davvero tanta, voglia di cambiare il mondo in cui vive. A pensarci bene non può esistere sproporzione più grande di quella tra un singolo individuo ed un intera nazione con miliardi di abitanti, ma come la mettiamo se quell’individuo mostra alla gente come un messaggio chiaro, coadiuvato da un obbiettivo concreto e da una determinazione infaticabile a non arrendersi possano davvero cambiare il corso della storia?

Joshua è un ragazzo come tanti, ma che ha avuto il coraggio di non essere come tanti. E quando la ribellione parte da noi stessi, arrivando a centinaia di migliaia di persone in tutto lo Stato, allora anche la più grande potenza del mondo inizia a tremare

Battuta migliore: “Credo nella libertà per Hong Kong… credo nella libertà per tutti!”

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