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Lo sfogo

Ipocrisia e smemoratezze della tv italiana sulla musica che piace ai giovani

No, la trap non è quella cosa che ti ha fatto vedere Mario Giordano, ma ad alcuni fa comodo crederlo

Davvero nel 2019 la televisione italiana ha ancora bisogno di fare disinformazione per alzare l’audience?

Evidentemente sì, vista l’incredibile bassezza e superficialità di ciò che si è visto qualche giorno fa; ma andiamo con ordine.

Mercoledì 6 novembre è andato in onda “Fuori dal coro”, trasmissione di Retequattro condotta da Mario Giordano, giornalista e direttore delle strategie e dello sviluppo dell’informazione di Mediaset. Durante il programma, tra un servizio su Salvini e l’altro, è stato fatto un focus sulla generazione Z intitolato “cosa rischiano i nostri figli – le parole incomprensibili” per pubblicizzare l’ultima pubblicazione di Paolo Del Debbio, dal medesimo titolo.

Prima di proseguire oltre prendiamoci un attimo per riflettere sul peculiare ordine degli addendi: per parlare di giovani (ma soprattutto AI giovani) e dei loro problemi, si è chiamato Del Debbio (anni 61) in un intervista ad opera di Giordano (anni 53) nel palinsesto di Rete 4 (nota per programmi super gggiovani tipo “La dottoressa Giò”, “Casa Vianello” e “Forum”). Beh, cosa mai potrebbe andare storto? Ve lo spiego subito.

Nel focus si alternano clip di musica che il conduttore afferma essere appartenente alla sua giovinezza (tra cui troviamo la sigla di Heidi e “L’esercito del surf” di Catherine Spaak) con brevi estratti di canzoni di Massimo Pericolo, ovviamente selezionati e tagliati ad hoc per far sembrare i suoi testi un inno alla droga e al ritorno del Maligno nella nostra terra, Sfera Ebbasta e Young Signorino, di cui tra l’altro ormai nessuno si ricorda più, se non forse mio nonno deceduto e Giordano stesso, ma vabbè, in effetti torna sempre comodo sbattere “Dolce droga” in un sevizio di questo tipo, ma attenzione, lo schifo vero deve ancora arrivare.

Alla fine del tutto viene poi chiamato un ragazzo sconosciuto, presentato però come esponente della musica trap in senso lato, per porgli domande sui suoi testi e sul messaggio che molte di queste canzoni veicolano, non prima però che Mario Giordano abbia letto con tono solenne e grave alcune strofe di “Serpente a sonagli” di Sfera. Il giovane artista ben presto diventa carne da macello per il ben più esperto Del Debbio che in breve liquida ogni sua uscita con “fumarsi una canna non è una cosa normale” e “se c’è un coglione in America non è che deve esserci anche in Italia”, quest’ultima frase in particolare è in risposta al fatto che negli USA questo tipo di musica sia ormai sdoganata al 100%.

Ripeto, davvero? Davvero nel 2019, a trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, a cinquant’anni dallo sbarco sulla Luna, a vent’anni dall’uscita della PlayStation 2, c’è ancora bisogno di discutere sul fatto che la musica sia di cattivo esempio per i giovani?

Davvero gli autori di un programma così noto sono tanto avidi da non farsi scrupoli nel creare un prodotto fatto su misura per generare scandalo tra le frange più anziane della popolazione?

Giordano in che Paese ha vissuto dagli anni ‘70 ad oggi? No perché tra la musica che “appartiene alla sua giovinezza” c’è anche “Cocaine” di Clapton, “Astronomy Domine” dei Pink Floyd,Lilly” di Venditti e tante altre di cui ho già parlato in una precedente articolo in merito alla vicenda di Achille Lauro e di San Remo.

Che tristezza.

È proprio vero, siamo un Paese vecchio e malato, composto per la maggior parte da individui il cui unico scopo di vita è che non si modifichi il loro semplicistico e lineare schema di pensiero, che troppo spesso si limita al “vecchio = buono”, “giovane = cattivo”, “rap = droga” e altre associazioni libere dalla ragionevolezza ben poco comprensibile.

Anni fa era il rock, in seguito venne il metal seguito poi dalla techno e dai rave, dal raggeton, dal rap ed infine dalla trap.

Tutto cambia, ma niente cambia.

Perché a 19 anni dalla pubblicazione di Windows XP devo ancora sopportare la visione di programmi in cui gente come Mario Giordano, di cui ancora non capisco il motivo per cui sia considerato una fonte autorevole del giornalismo italiano, Alessandra Mussolini, Valerio Staffelli, Paolo Del Debbio e moltissimi altri sbraitano contro l’artista di turno, sia esso Bello Gu o Sfera Ebbasta, colpevole solo di aver dato libero sfogo alla sua creatività e al suo estro artistico?

“Tutti possono fare quello che vogliono, io ascolto Noyz ma non stupro e non uccido nessuno” ha giustamente affermato il giovane artista durante il breve confronto di “Fuori dal coro” ma frasi del genere, come anche “in America questa è un’industria”, cadono nel vuoto e restano inascoltate semplicemente perché dall’altra parte ci sono persone che non sono interessate ad ascoltarle, preferendo continuare a rifugiarsi nella loro torre d’avorio a sputare acide sentenze su qualsiasi cosa non appartenga loro.

La musica è gioia, è emozione, è arte e vi assicuro che, per fortuna, non smetterà di esistere per un libro di Paolo Del Debbio o un servizio di Striscia la notizia.

Quando il nostro Paese capirà che tatuarsi il viso non è sintomo di tossicodipendenza, che mostrarsi in video o foto in minigonna non è equiparabile a essere delle prostitute e che se una persona fa uso di certe sostanze non è perché il suo artista preferito gliel’ha intimato, allora potrò finalmente dire di essere fiero di essere italiano ma, fino a quel momento, continuo a sperare in una colonizzazione marziana in stile Tim Burton.

“Gli italiani amano che l’importante sia partecipare
Ed ora sono tutti sotto coi commenti
Hanno preso così tanto seriamente questa frase
Che ora sono tutti quanti concorrenti.
Italia fa qualcosa non restare catatonica”

⁃ Catatonica, Marracash.

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