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Lo sguardo di beppe

I tanti dubbi e le difficoltà della manovra di Governo

Si proclama, si esulta, si promette, le intenzioni sembrano buone nel loro enunciato, ma poi, se i pochi dati certi disponibili prenderanno forma definitiva così come si mormora, credo che sulla manovra il commento ci rimanderà ad un'opera di Shakespeare dal titolo: "Tanto rumore per nulla"

Ho provato a mettermi il cappello del mago e ho fatto un piccolo investimento acquistando una sfera di cristallo per tentare di divinare quali siano i programmi e le ricadute concrete degli stessi sull’economia del Paese ma, con tutta la buona volontà e le formule magiche recitate, nulla mi è apparso chiaro.

Si proclama, si esulta, si promette, le intenzioni sembrano buone nel loro enunciato, ma poi, se i pochi dati certi disponibili prenderanno forma definitiva così come si mormora, credo che sulla manovra il commento ci rimanderà ad un’opera di Shakespeare dal titolo: “Tanto rumore per nulla“.

Oddio, pur di mettere fine alla precedente indefinibile e devastante coalizione basata su improvvisazioni e su cifre addomesticate, ci facciamo piacere questa nuova inusuale alleanza. Ma dire che sia la soluzione ai malanni ormai cronicizzati del nostro Paese risulta veramente difficile.

Ammettiamolo, i famosi conti che tutti definiscono in ordine, vengono sempre utilizzati per giustificare i timori nell’attuazione di manovre improntate a una certa audacia finalizzate al rilancio dell’economia e allo sviluppo. Allora, ci si chiede se sia poi vero che questi numeri siano in ordine. Alle spalle di questi tabulati c’è l’ombra del debito pubblico che nessuno riesce ad arrestare e che come l’ombra di Matrix sovrasta qualsiasi iniziativa ed induce quel timore che un’ombra tanto inquietante riesce a comunicare.

Di anni e di scenari politici ne ho visti tanti, per cui, qualche termine di paragone lo posseggo se proprio volessi raffrontare passato e presente ma, mentre del passato si è decodificato quasi tutto, del presente non si hanno elementi tali da poter con certezza affermare che sì, è una buona manovra o per esclamare: accidenti, ancora nulla di efficace per uscire dal gap nel quale, ormai da anni, ci troviamo senza la forza di allungare il passo per accelerare l’uscita dalla palude.

Siamo certi che l’aver ereditato oltre ad un debito monster il rischio di far scattare l’aumento dell’IVA ha sottratto risorse e coraggio a chi deve stendere la manovra economico-finanziaria 2020, ma forse, un po’ di coraggio in più l’avremmo applaudito. Non sempre l’eccesso di prudenza porta risultati positivi nella gestione delle finanze dello stato per cui ci piacerebbe una mossa che ci dia l’idea che la strana compagine governativa sappia osare un po’ di più.

Lasciamo perdere tutta la speculazione fatta di inappropriate parole e di palesi travisamenti che la destra lancia come strali contro il DEF. La rimodulazione dell’IVA, peraltro esclusa, che andrebbe ad aumentare su alcuni beni cosiddetti di lusso e a diminuire su beni di prima necessità o su voci che hanno incidenze pesanti come luce gas, generi alimentari di prima necessità e così via, personalmente non l’avrei considerato un reato.

Una più coraggiosa riduzione del cuneo fiscale probabilmente avrebbe incrementato la massa di denaro in circolazione e avrebbe potuto sopperire alla diminuzione delle imposte e delle tasse.

Un miglior utilizzo del denaro che metta il freno allo sperpero, parte dolorosamente fissa degli investimenti pubblici, sarebbe un’altra fonte di approvvigionamento di mezzi da utilizzare per ridurre le tasse.

Una seria politica finalizzata al ricupero serio della vergognosa evasione fiscale che in Italia raggiunge somme di macroscopica grandezza sarebbe un’altra apprezzabile fonte di risorse. Mi si obietta che tutti gli Italiani tendenzialmente evadono e che la maggioranza di loro è costituita da piccoli evasori. Certamente questo fatto non può costituire un’attenuante anche se l’eccesso di pressione fiscale è un reale incentivo a delinquere. Sui grandi evasori lo Stato dovrebbe attuare una seria politica di individuazione dell’evasore, prevedendo pene severe per chi sfugge al dovere di contribuire alle risorse dello stato proporzionalmente ai suoi redditi.

Ma, aldilà di grandi enunciazioni, non si è mai vista un’efficace svolta nel settore che ci colloca tra le prime posizioni nelle classifiche dei Paesi nei quali è tremendamente diffuso il triste fenomeno. Il carcere ai grandi evasori? No, non son d’accordo sulla loro carcerazione. Facciamoli pagare, multiamoli ma, per cortesia, non manteniamoli in carcere dove, incontrando altri specialisti del settore, potrebbero affinare le tecniche di evasione mentre forniamo loro vitto e alloggio.

Una parola assente dal linguaggio di tutti i recenti governi è il termine ”pensionato”. In tutti gli interventi dei politici non ho mai sentito nominare questa categoria di persone che hanno
rappresentato da tempi non troppo recenti e fino ad oggi il sostentamento di figli e nipoti disoccupati o percettori di risorse non sufficienti a portare avanti una vita decente.

La vecchiaia pone seri problemi alle persone perché, se diminuiscono determinati bisogni, altri ne nascono e di peso economico maggiore. La farmacia diventa un luogo di frequentazione quasi giornaliera e le lunghissime code per prenotare viste specialistiche costringono ad accedere ai servizi privati con conseguenti esborsi spesso significativi.

Vien da chiedersi dove stia andando la sanità anche se la risposta non è così difficile da dare. La sanità sta viaggiando verso la privatizzazione o per lo meno sta andando incontro alle logiche di grandi potentati convenzionati con la sanità pubblica che stanno sostituendo il concetto di sanità intesa come assistenza professionale dovuta a chi ne ha necessità, nel concetto di “Salutificio”, inteso come fabbrica di salute. E come ogni fabbrica che si rispetti, l’utile d’esercizio è un obiettivo sacrosanto. La minore spesa ed il massimo profitto sono ormai parametri dai quali i gruppi privati e convenzionati non prescindono più.

Si parla della diminuzione del cuneo fiscale dei lavoratori a basso reddito commettendo l’ennesima ingiusta discriminazione nei confronti di tutti coloro che con maggiori sacrifici di studio, di volontà o di altri fattori hanno raggiunto e conseguito un reddito più alto, non certamente stratosferico, ma semmai meno certo. Qual è la soglia oltre la quale non si ha diritto ad usufruire di una diminuzione che non sia una presa in giro? La tutela sindacale dei dirigenti è molto labile e non ci vuole certo una motivazione inattaccabile per disfarsi di un dirigente che percepisce una buona retribuzione.

Ma i pensionati, e parlo di quella gente comune che non percepisce migliaia di euro mensili, saranno considerati nella diminuzione del cuneo fiscale oppure, ancora una volta si troverà un escamotage per metterli in corner e per escluderli da questi benefici, se mai arriveranno? A dire il vero, l’unica persona che ha nominato quel vocabolo che ogni governo vorrebbe cancellare dal dizionario politico, è stato Maurizio Landini al quale va il mio plauso, a condizione che continui a pronunciare quel vocabolo inviso alla classe politica che di soldi ne costa un fottìo e che certamente non ha problemi di code nei CUP, né di spendere cifre consistenti nelle farmacie.

Resto vigile in attesa che il testo definitivo sia partorito. Tra pochi giorni potremmo avere il testi definitivo e vorrei davvero aver poco o nulla da recriminare sulla sostanziale bontà dell’impostazione del DEF. Certamente, non tralascerò di analizzare anche le parti meno evidenti dove spesso si nascondono dei roditori dei benefici annunciati al fine di renderli un po’ meno pesanti per il bilancio dello stato, senza che nessuno se ne accorga.

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