• Abbonati
La storia

Irene, da Bergamo al Burundi per dare un futuro ai bambini: “Così li aiuto a casa loro”

Con l'associazione Abebu, creata nel 2014, la 34enne bergamasca toglie dalla strada i piccoli burundesi: "Un lavoro che mi riempie"

Diciamolo chiaramente: quando si parla di povertà e di migrazioni “aiutiamoli a casa loro” è lo slogan più inflazionato perché rappresenta un’idea semplice, accattivante, apparentemente molto logica. Spesso, però, anche superficiale.

Superficiale lo diventa quando viene detto col sedere comodamente poggiato su una poltrona d’ufficio, su un divano, oppure al bancone di un bar. Ma anche (e soprattutto) sui social network, dietro a uno schermo.

Ma cosa significa veramente aiutare chi è in difficoltà a casa sua?

Un valido esempio è Irene Perlasca. Bergamasca di Redona, classe 1985, dopo aver studiato Relazioni Internazionali a Pavia e fatto diverse esperienze con alcuni progetti umanitari, in Mali e Malawi, ha deciso di lasciare l’Italia e di aiutare una delle popolazioni più in difficoltà del mondo, quella del Burundi. I bambini burundesi, in particolare.

Nel 2012 la prima missione in centro Africa: “Avevo partecipato a un progetto di servizio civile internazionale – spiega Irene -. Dopo un anno sono rientrata in Italia, ma avevo già deciso di tornare in Burundi perché mi ero innamorata di questo posto. Così, poco dopo sono ripartita con un biglietto di sola andata”.

Irene Perlasca Burundi
Da Abebu i ragazzi imparano come proteggersi dall'Aids

“Volevo impegnarmi nella cooperazione, senza però essere legata a un progetto fisso” spiega ancora.

I primi tempi Irene li passa solo come dipendente di un resort. Poi, nel 2014, fa nascere l’associazione Abebu (dal francese “azioni che creano benessere”) nella quale investe ogni minuto del suo tempo libero.

“All’inizio mi hanno aiutato tanti amici burundesi. La nostra attenzione – racconta Irene – è stata data fin da subito ai bambini di strada, quelli abbandonati o che hanno una situazione familiare difficilissima. Per loro nelle strade del Burundi ci sono solo violenza e droga ad attenderli. Sniffano colla. E si parla di piccoli anche di 2 o 3 anni”.

Il progetto prende una svolta decisiva poco tempo dopo, quando da Bergamo arriva una donazione che permette a Irene di far studiare un piccolo gruppo di bambini: “Da lì in avanti tutto è cambiato – ricorda Irene -, il progetto si è allargato ed è diventato molto più strutturato. Abbiamo trovato una casa nella capitale economica, a Bujumbura, molto bella con un giardino enorme: all’inizio abbiamo aperto le porte ai bambini per l’intera giornata, ma la sera poi ognuno tornava a casa sua. O meglio, per strada. Abbiamo capito subito che non era l’approccio giusto e dopo qualche settimana siamo riusciti a creare una realtà che accogliesse i bambini 24 ore su 24, sette giorni la settimana. Ora abbiamo ospiti 13 maschi e 5 femmine: il più piccolo ha 6 anni, il più grande 15. Vivono da noi, vanno a scuola e studiano con dedizione”.

Irene Perlasca Burundi
Irene in mezzo ai ragazzi di Abebu

Da Abebu i bambini e i ragazzi burundesi non studiano e giocano solo, ma vengono anche sensibilizzati su temi fondamentali come la prevenzione all’Aids e il rispetto dell’ambiente.

“Noi vogliamo che il bambino qua recuperi la sua dimensione di bambino – spiega Irene -. In strada sono buttati in una realtà tremenda, tra violenza, legge del più forte, droghe. Il nostro desiderio finale è di reinserirli in famiglie vere, nelle loro oppure in una adottiva. I più grandi, invece, li cerchiamo di indirizzare verso il lavoro”.

“La cosa che mi commuove di più – continua la 34enne bergamasca – è vedere la felicità che provano i nostri giovani ospiti per le piccole cose. Quando non hai niente ti basta davvero poco per essere entusiasta, loro così sentono di aver avuto una possibilità dalla vita. ‘Aiutiamoli a casa loro’ è uno slogan corretto, ma cosa significa nel concreto? Gran parte dell’Europa – e questo lo dice la storia – l’Africa l’ha solo sfruttata per decenni: quello non è aiutarli a casa loro”.

Irene Perlasca Burundi
Gli ospiti di Abebu con le pagelle di fine anno scolastico

“Mi chiedono spesso perché lo faccio. Rispondo che tutto questo mi fa star bene, è una cosa che dà un senso alle mie giornate. Il mio lavoro qua è banale – continua Irene -, ma quello che faccio con i ragazzi di Abebu mi riempie. Mi sveglio la mattina pensando a cosa posso fare di più per questa gente. Il messaggio che mi piacerebbe mandare? Che si può fare sempre del bene, per chiunque. Possiamo tutti noi rendere il mondo un po’ più bello ogni giorno di più”.

L’associazione Abebu lavora con i contributi di privati, bergamaschi soprattutto. In Burundi più della metà della popolazione ha meno di 15 anni: si tratta di un paese molto piccolo, senza grosse risorse, con una democrazia relativa.

“Finalmente una C.A.S.A.”, con sede a Bergamo, è l’associazione satellite di Abebu.

Chiunque volesse fare una donazione ad Abebu (tramite “Finalmente una C.A.S.A.”) può trovare qui sotto gli estremi:
FINALMENTE UNA C.A.S.A. – BANCA PROSSIMA – IBAN: IT36 A033 5901 6001 0000 0163 254 – BIC: BCITITM

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI