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Lo sfogo

“Quel voto perché hai le tette grosse”: una battuta che non voglio accettare

Lo sfogo di Anna, dopo una "battuta" che le è stata rivolta in classe da un compagno. Perché, no, non è giusto tacere di fronte a quello che può essere solo uno scherzo...

Situazione: quarta scientifico, verifica di fisica, maggio, debiti da evitare, ansia. Sul gruppo di classe si annuncia il momento della verità, sono usciti i voti sul registro. Controllo il mio: 9,5 contro ogni previsione. Lo comunico ai miei compagni confessando di sospettare modestamente uno sbaglio nella correzione del professore, ma consapevole dell’impegno.

Ricevo come rassicurazione da uno dei miei compagni un affettuoso “No, hai le tette grosse”. All’inizio sorrido, faceva ridere, ma poi qualcosa in me si incendia. Uno scrittore disse “L’inferno non è mai scatenato quanto una donna offesa”. Ha ancora ragione.

Donne dal calibro della Fallaci hanno lottato per ottenere gli stessi diritti degli uomini, e donne meno famose stanno zitte quando ricevono violenze o ingiustizie. Per questo il mio orgoglio femminile non può tacere, e non può accettare che un risultato sia attribuito solo a una certa prosperità, senza dare spazio alla dedizione, allo studio e alla passione, di gran lunga più grandi.

In quanto nasciamo femmine, abbiamo il dovere di dimostrare agli uomini che siamo donne perché siamo intelligenti, oltre che tutte belle.

Non cadiamo nell’intrigante convinzione di ritenerci migliori, è inutile generalizzare, ma dopo secoli di lotte bisogna esigere la parità, che purtroppo anche a scuola non viene sempre riconosciuta.
Al mio compagno mando comunque un caloroso sorriso consapevole e speranzoso del tono ironico del suo commento, anche se comunque una donna non lo direbbe mai: sa quanto è fastidioso essere trattata come un oggetto.

Il problema è che molti sono seri e non credono nell’intelligenza dell’altro sesso. Certo esistono femminucce che si avviano al successo grazie alla propria immagine, ma il primo sbaglio lo commettono loro accettando agevolazioni sapendo di non meritarsele. Vasco le giustificherebbe cantando loro “La colpa non è tua, la verità è che al mondo, tu servi così”.

Ma il finale di quella canzone non mi è mai piaciuto, la verità da difendere è nell’inizio. Scrivo per ricordare a tutte le donne che io, come Vasco “vorrei che tu, che tu avessi qualcosa da dire, che parlassi, di più, che provassi una volta a reagire, ribellandoti a quell’eterno incanto, per vederti lottare contro chi ti vuole così, innocente e banale donna”.

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