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DEMONS

“Nonno, nonno! Nonno svegliati”.
“Ti abbiamo portato un regalo! Ma prima di dartelo tu ci devi dire cosa c’è dietro a quella porta. Vedevamo una luce venire dalla serratura”.
“C’è la cantina, ma non potete andarci, il regalo lo apriremo dopo assieme”.
“Ok, io e Set andiamo a giocare in giardino.”
In realtà Set e Hunter andarono in cantina, seguirono la luce, che diventava sempre più forte. I due ragazzi videro un libro circondato da una strana nebbiolina.
Set esclamò: ”Forza, apriamolo!”. Hunter non era d’accordo, ma poi si fece convincere dal fratello. Sulla copertina, in rosso, c’era scritto: ”DEMONS”.
Aprirono il libro. Set cominciò a leggere:

25 luglio 1965;
Bill, Richie, Freddie, Alan ed io siamo seduti in cerchio, stiamo per cominciare un gioco, uno che Alan ha trovato nel bosco, dissotterrato dal suo cane. Le regole erano chiare:
-Se te e i tuoi amici volete giocare solo in 5 potete stare;
-Se il gioco vuoi cominciare prima ti devi addormentare;
-Se a chiudere il gioco proverai tutto ciò che hai perderai;
-Se per tutto il gioco soli non starete di sicuro ne risentirete.
Dopo aver letto i comandi abbiamo deciso di chiudere il gioco per evitare inconvenienti. Siamo a casa di Bill: ha una villa bellissima piena di stanze da letto, però, stasera, abbiamo deciso di dormire tutti insieme per divertirci di più. In casa eravamo da soli ma qualche minuto dopo aver preso sonno ho sentito un rumore in cucina che persisteva. Sussultai, chiamai anche gli altri e scendemmo al piano inferiore. Arrivammo dinnanzi alla cucina cercando di fare meno rumore possibile, ma, appena di fronte alla porta, il rumore cessò. Pensammo di essercelo immaginato, ma subito dopo il rumore si sentì ancora alla fine del corridoio. Ci voltammo lentamente e intravvedemmo un’immagine sfocata che sembrava quella di un bambino con in mano una bambolina di pezza. Ci spaventò a morte e subito scappammo nella nostra stanza. Sembrava una specie di film horror solo che i protagonisti eravamo proprio noi.
Capimmo all’istante che era colpa del gioco e subito lo tirammo fuori da dietro al letto. Cominciammo a giocare. Eravamo molto stanchi, quindi ci addormentammo subito nonostante lo spavento. Ma appena addormentati ci svegliammo in una specie foresta. La vegetazione era folta e i raggi del sole non vi potevano passare attraverso. Surreale l’atmosfera. Inciso su un albero c’era scritto: ”Tre prove devi superare se vivo vuoi restare, scappa ora, non ti fermare”. Iniziammo a correre: fin da subito Freddie rimase indietro, allora lo aspettammo, ma appena arrivato da noi comparve un’ombra dietro ad un albero, un uomo vestito completamente di nero, alto tre metri, forse anche di più. Ci stava guardando con un sorriso inquietante che non dimenticherò mai. Tutti noi lo stavamo guardando impietriti. Ci accorgemmo che respirava profondamente: il suo alito era arrivato fino a noi, l’aria puzzava di cadaveri, quelli che saremmo diventati noi se non ci fossimo messi a correre all’istante. Poi l’ombra scomparve. Tempo di guardarci stupefatti e l’ombra era dietro di noi. Freddie, il più vicino al demone, venne preso e noi non riuscimmo a fare nient’altro che correre come non avevamo mai fatto: sentivamo da lontano le urla del nostro amico, che veniva inghiottito dalle fauci del mostro. E di lì a poco le urla cessarono. Correvo con le lacrime agli occhi, non vedendo neanche dove andavo. Arrivammo davanti ad una fabbrica, l’insegna diceva: ”Da loro non puoi scappare, ma in un modo li puoi allontanare”. Entrammo, anche perché il mostro incappucciato ci stava raggiungendo. All’interno della fabbrica il pavimento era cosparso di scheletri. Bill urlò: ”Ecco l’uscita!” Corremmo verso il punto indicato, ma davanti a noi si ergevano delle sagome, erano tantissime e venivano lentamente verso di noi ….. zombie. Richie e Bill si scagliarono contro di loro, probabilmente per trovare un varco tra quei demoni, ma essi allungarono le mani e appena i nostri amici gli furono davanti li afferrarono, li strinsero in una morsa demoniaca, tutti assieme, e strapparono loro il cuore dal petto! Alan ed io iniziammo a piangere per loro, ma anche per noi sapendo che tra poco avremmo subito la loro stessa sorte. Che morte orribile, non doveva finire così. Ma cos’altro si poteva fare? Guardai all’interno del mio zaino, per cercare qualcosa che ci avrebbe potuto salvare. Iniziai a tirare loro tutto ciò che avevo, dal mio panino alla matita che era rimasta in fondo allo zaino, ma niente, loro non si muovevano. Vidi che m’era rimasto qualcosa anche nella tasca anteriore. Era un accendino e pensai: -Magari hanno paura del fuoco-. Feci scattare la fiamma e subito quei mostri ripugnanti si spaventarono. Presi coraggio e mi avventai su di loro, Alan mi seguiva a ruota. Fummo all’uscita in pochi secondi. Tutti quegli esseri ci guardavano sbalorditi al nostro passaggio come se avessimo in mano l’antidemonio. In un attimo fummo nella foresta, lasciandoci alle spalle ciò che era successo ai nostri amici, terrorizzati e concentrati allo stesso tempo: sapevamo di non poterci prendere distrazioni. Si sentì un urlo. Uscì dagli alberi la stessa bambina, quella che avevamo visto in casa, e parlò con voce stridula che ci fece gelare il sangue: ”Complimenti: alla conclusione siete arrivati, ma i vostri amici vi hanno abbandonati, ora tocca a voi sparire, le vostre paure vi faranno morire”. Scomparve. Eravamo ancora più intimoriti ma, nonostante ciò, continuammo a camminare aumentando il passo sempre di più fino a correre come dei disperati. Quella dannata foresta non terminava mai. Vedevo negli occhi di Alan la paura di non riuscire mai più ad uscirne. Corremmo per mezz’ora circa fino a quando cademmo stremati. Ormai non avevo più forze; mi si stavano chiudendo gli occhi, quando scorsi in lontananza una figura bianca, che si avvicinava sempre di più senza che noi avessimo la forza di scappare. Ci entrò nella bocca per vedere le nostre paure. Ma se ne andò subito. Alan si alzò e si mise a correre: aveva visto davanti a lui l’immagine di sua madre e stava andando ad abbracciarla. Gli urlai: ”No! Fermati Alan! Non è reale”. Troppo tardi. Quello era il fantasma di sua madre, morta due anni prima. Il mio amico cercava di abbracciarla, ma ci passava solamente attraverso; la madre si mise a piangere, il figlio fece lo stesso. Si inginocchiò ammutolito, la paura di perdere sua mamma lo aveva sconvolto già una volta; questa paura lo stava sovrastando. Alan mentre piangeva disse le sue ultime parole: ”Mamma, arrivo!”. Prese il coltello a serramanico che aveva sempre con sè e si tolse la vita. Ora sarebbe toccato a me, ma non volevo fare la sua stessa fine. -Aspetta, qual è la mia più grande paura?- pensai: -Il demone bianco di prima sarà in confusione-. Mi misi a correre, non potendo fare altro: avevo soltanto capito che se neppure io conoscevo le mie paure nessun altro avrebbe potuto leggermele dentro. Davanti a me c’era una porta con scritto: “fine”. Mi fermai davanti ad essa e la aprii. Quando mi risvegliai nella stanza di Bill, felicissimo gli urlai: “ Finalmente è finita!”. Guardai gli altri, stavano ancora dormendo, mi avvicinai di più a Freddie e lo trovai cadavere, la faccia deformata, senza più un braccio. -E se fossi rimasto ancora nel gioco?- Sul muro c’era scritto:” Da solo tu sei, ma ora sei un campione Sten! La vittoria è tua”. Tirai un sospiro di sollievo, anche se… guardai Richie e Bill, nel loro petto c’era un buco enorme, non avevano più il cuore; vidi infine Alan, il mio migliore amico, con un coltello nel petto. Scappai a casa traumatizzato, erano morti davvero! Non raccontai mai niente a nessuno.

Set e Hunter chiusero il libro e andarono dal nonno: “Nonno Sten!”.
Lui aveva aperto il pacchetto. Le regole del gioco erano chiare:
– Se tu e i tuoi nipoti volete giocare in 3 potete stare;
Se il gioco vuoi cominciare prima ti devi addormentare;
Se a chiudere il gioco proverai tutto ciò che hai perderai;
Se soli non starete di sicuro ne risentirete -.

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