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I TULIPANI

Angolo di Via Cavour, numero 15.
Un piccolo studio.
Un pittore.
Pareti coperte di tele.
Fiori sulle tele.
Tulipani.
Rossi, gialli, bianchi, arancioni, viola, rosa.
Tulipani esili, turgidi, con la corolla aperta, socchiusa, ancora in bocciolo, dritti sullo stelo, un po’ ripiegati, con due foglie, di verde chiaro, di verde cupo.

Il pittore si chiama Jacques, suo padre era francese ma lasciò la Francia per seguire il suo Vero Amore, un’italiana che si guadagnava da vivere dipingendo. Jacques ha ereditato da lei un’immensa passione per la pittura, e per quanto non sia mai stato particolarmente talentuoso non se n’è mai dato pena, perché l’arte la vive come qualcosa di intimo. Jacques non si è mai sposato, né si può dire abbia mai amato davvero una donna. Ha avuto una storia, tanto casuale quanto breve, e mesi dopo alla porta del suo studio ha trovato una neonata avvoltolata in una coperta. Quello sì che è stato il suo Vero Amore. Jacques ha amato sua figlia dal momento in cui ha posato gli occhi su di lei. L’ha amata teneramente, non avrebbe mai pensato di poter tenere a un’altra persona più che a sé stesso. I tulipani erano i fiori preferiti della sua bambina. Quando ancora non sapeva parlare, la figlioletta giocherellava sempre con i petali, e poi rideva, felice, quasi avvolta in un’estasi tutta sua. A Jacques si riempiva il cuore di gioia…

Campanellino. Porta che si apre. Jacques alza la testa dal tavolaccio su cui si è addormentato. Quasi inciampa su una bottiglia di Cointreau mentre si avvicina all’ingresso dello studio per vedere chi sia entrato. Nessuno più entra nel suo studio da…quanto tempo è passato? Jacques non sa neanche che giorno sia, ormai non gli importa più del tempo. Non che gli importi di alcunché. L’unica sua preoccupazione è dipingere tulipani, e così trascorre le giornate, ha tanti quadri ormai che non sa più dove metterli.
All’ingresso trova una bambina. Si sta guardando attorno, curiosa.
“Ciao” gli dice sorridente la bimba.
Silenzio.
“Come sono belli!” indica i tulipani alla sua destra. Sono rossi e bianchi.
“Piacevano tanto anche a mia figlia” dice Jacques.
“Come si chiama?”
“Marie”
“E dov’è adesso?”
Silenzio.
“È morta.”
Gli occhioni della bimba si riempiono di lacrime, “Scusa!” dice a Jacques.
Si strofina gli occhi, poi dopo un po’ gli chiede: “Perché ci sono solo tulipani?”.
“Erano il suo fiore preferito.” risponde il pittore.
“Quando è morta tua figlia?”
Jacques ci pensa su, poi chiede alla bimba che giorno sia.
“Beh, allora vuol dire che è morta cinque anni fa” le risponde, sorpreso di quanto poco sia cambiato in cinque anni.
“E perché continui a dipingere tulipani se è morta cinque anni fa?” domanda la bambina.
Il pittore sente l’indignazione crescergli nel petto, fa un gesto con le mani e con il sorriso tirato accompagna alla porta la bambina, ma lei non sembra intenzionata ad andarsene.
“Il mio papà mi racconta tutte le sere la fiaba di Hansel e Gretel, è la mia preferita perché alla fine è Gretel quella che salva il fratello, però se io non ci fossi non vorrei che mio papà si raccontasse da solo Hansel e Gretel la sera.”
“E cosa vorresti che facesse?”
“Potrebbe leggere i suoi libri, io non glielo faccio fare mai perché la sera voglio che mi racconti la fiaba. So che a lui dispiace non avere tempo per i suoi libri”
“Tu non sai, non puoi capire come ci si sente. Sono sicuro che anche lui farebbe come me e leggerebbe Hansel e Gretel per sentirsi più vicino a te, perché avrebbe paura di perderti.”
“Però io non mi chiamo Gretel, mi chiamo Sofia!” esclamò la bimba.
Jacques sospira.
“Tu sei molto strano, dovresti smetterla con tutti questi tulipani, a me piacciono le margherite!”
Detto questo, la bimba se ne va dallo studio, lasciando Jacques nello stupore più completo.
Nonostante capisca bene l’inutilità del suo gesto, Jacques non può smettere di dipingere tulipani. Sono l’unico legame che gli resta con Marie, l’unico modo per non perderla. Nemmeno lo sa. Che è per paura che fa così. Non per altro. Paura di interrompere il rito che la tiene con lui. Paura di andare avanti e salutare i morti. Paura della vita. Di voltare pagina. In fondo è solo un codardo.
Si guarda attorno: i tulipani gli fanno compagnia, e ne ha bisogno. Del resto non ha mai pianto da allora, mai. Il loro sussurro copre parole lontane: “Papà, non lasciarmi. Papà, ti prego, resta con me.”

Margherite.
Un mazzetto di margherite sull’uscio dello studio.
Bottiglia. Acqua. Margherite.
No!
Acqua. Lavandino. Margherite. Cestino.
Tulipani.
Tulipani.
Tulipani.

Jacques trema come un bambino, si mette le mani nei capelli, la Paura è dentro di lui, gli ruba l’anima. Jacques non vuole andare avanti, senza Marie la sua vita non ha un senso, Jacques deve continuare a dipingere tulipani o sua figlia sarà per sempre persa.

Margherite.
Ancora.
Jacques sente qualcosa che si muove in lui, e finalmente piange. Come quando era bambino. Ha capito. Che non dipende da lui, che Marie non tornerà più.

Campanellino.
Sofia.
Margherite dipinte per Sofia.
Un padre coraggioso per Marie.

Angolo di Via Cavour, numero 15.
Un piccolo studio.
Un pittore.
Pareti coperte di tele.
Fiori sulle tele.
Tulipani.
Rossi, gialli, bianchi, arancioni, viola, rosa.
Margherite. Rose. Papaveri.
Coraggio.
Vita.

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