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I produttori

I dazi di Trump sul cibo italiano preoccupano Bergamo: “Già contattati i clienti americani”

Trentasette milioni di euro di scambi commerciali nel settore alimentare, nel mirino anche vino e formaggi: "Speriamo siano solo minacce"

“Conoscendo il personaggio – dicono i produttori bergamaschi – la prudenza è d’obbligo”. Il riferimento è al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha annunciato una nuova ondata di dazi contro l’Europa. Nella black list sono finiti i prodotti agroalimentari: vino, formaggi, olio d’oliva. Non solo, anche elicotteri e diversi marchi di motociclette.

Il motivo? La Casa Bianca ha voluto mandare un messaggio all’Unione europea, accusata di aiutare finanziariamente il costruttore europeo di aeromobili Airbus, danneggiando così la rivale americana Boeing, tra l’altro in grossa difficoltà per i problemi al 737 Max che hanno causato l’incidente mortale in Etiopia (la guerra tra le due società va tuttavia avanti da diversi anni). Per questo ha compilato una lista preliminare di prodotti importati dal vecchio continente da “appesantire” con i dazi alla frontiera. Per un valore di 11 miliardi di dollari, fino a quando “l’Ue non rimuoverà gli aiuti”.

Parole che possono suonare come una minaccia. Una sorta di arma negoziale. Tuttavia, con l’entrata in vigore dei dazi – spiega la Coldiretti – aumenterebbero i prezzi dei prodotti italiani sul mercato americano e sarebbero più competitive le falsificazioni ottenute sul territorio statunitense, oltre a quelle provenienti da Paesi non colpiti dalle misure di Trump.

Secondo un’elaborazione effettuata dalla Camera di Commercio di Milano, Bergamo vanta 37 milioni di euro di scambi commerciali con gli Usa nel settore alimentare, merito soprattutto dell’esportazione di bevande. “Quello degli Usa è un mercato molto ricco, con un volume di export importante – aggiunge Alberto Brivio, presidente Coldiretti Bergamo -. Trovare altri mercati a parità di condizioni non è facile, ma parlare di ripercussioni dirette sulla nostra provincia rischia di essere prematuro. Piuttosto temo il rischio di un pesante effetto a catena, oltre a possibili ripercussioni sul mercato interno”. I dazi, inoltre, aprirebbero “un’autostrada alle imitazioni” dei prodotti made in Italy.

La guerra commerciale fra Stati Uniti e Unione europea potrebbe gettare una scure sulla produzione italiana il vino (sulla lista nera di Trump c’è il Prosecco). “Sono molto preoccupato per la categoria – ammette Manuele Biava, titolare dell’omonima azienda agricola che produce il Moscato di Scanzo -, ma finché non conosceremo i contenuti del provvedimento non possiamo far altro che aspettare e incrociare le dita”. Dalla Cina al Giappone fino alla Corea “l’export vale il 50 per cento del nostro fatturato – dice Biava – e un buon 15 per cento riguarda proprio gli Usa”, dove l’imprenditore bergamasco ha costruito un filo diretto con New York. “Per molti produttori italiani sarebbe un vero disastro”.

Dello stesso avviso Marco Arrigoni, presidente della Arrigoni Formaggi di Pagazzano, arrivata a toccare un milione di euro in export verso gli Usa. Ogni anno il brand della Bassa tratta 6 milioni di chili di merce, di cui il 25 per cento viene spedito in Europa e nel resto del mondo, Stati Uniti compresi: “Bisogna capire se quelle di Trump sono semplici minacce o qualcosa di più – commenta -. Per ora è stato diffuso un elenco ufficioso che comprende i formaggi, ma da quanto abbiamo capito non dovrebbero rientrare né il gorgonzola né il taleggio”, con volumi di produzione in crescita per l’azienda. “Ad ogni modo – conclude Arrigoni – ci siamo già confrontati con i nostri clienti americani per avere un quadro più ampio. Speriamo in bene, altrimenti sarebbe un gran problema”.

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