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Bergamo

Spunti e riflessioni della Diocesi per le elezioni amministrative ed europee

La Diocesi di Bergamo ha messo a punto alcune riflessioni in vista delle prossime elezioni amministrative ed europee, riflessioni che investono vari ambiti del vivere in una comunità e possono contribuire al dibattito per eventuali forme di incontro a livello territoriale (Consigli Pastorali Territoriali, Fraternità Presbiterali, Terre Esistenziali, Parrocchie, Associazioni…).

Ecco il documento.

Pensieri e provocazioni in preparazione alle prossime elezioni amministrative ed europee

Quanto segue è pensato principalmente per fornire alcuni possibili strumenti di riflessione alle Comunità Ecclesiali Territoriali e alle Fraternità Presbiterali per aprire confronti su quanto saremo chiamati a vivere nei prossimi appuntamenti elettorali.

Queste linee non hanno lo scopo di essere in alcun modo esaustive, né di essere già declinate in modo più specifico al livello territoriale. Pensiamo possano essere utili come griglia di lettura in particolare per i vicari territoriali, i moderatori di fraternità presbiterali ed i coordinatori delle terre esistenziali, per fare lo sforzo di esercitarsi nel lavorare insieme ed eventualmente maturare ulteriori strumenti calati nelle singole realtà.
La proposta nella prima parte tenta di ribadire alcune questioni di fondo sul tema della politica e circa il compito delle comunità cristiane per essere a servizio della costruzione del bene comune che trova nella politica l’espressione più alta della sua custodia e promozione.

Seguono alcuni temi, tra i tanti che si potevano evidenziare, che ci pare siano da tener presenti come “fondamentali” per poter guardare al territorio ed alle comunità che vivono in esso, perché al loro interno, per quello che si riesce, non lascino passare nel silenzio questo momento di democrazia che ci coinvolge come Nazione e come Europa.

In Diocesi già varie comunità si sono attivate con confronti e riflessioni in merito. Ci auguriamo che questo umile strumento possa aiutare nella prosecuzione di quanto già in atto e magari stimolare in qualche modo chi ancora si sta interrogando, o abbisogna di qualche spunto di partenza.

ALCUNE PREMESSE DI FONDO

I prossimi appuntamenti elettorali del 26 maggio 2019 – amministrative ed europee – sono un momento importante per comprendere dove sta andando il paese-Italia e soprattutto per creare occasione di consapevolezza, confronto, crescita, partecipazione all’interno delle nostre Comunità Ecclesiali Territoriali, parrocchie, gruppi ed associazioni; per svolgere quell’esercizio di mediazione culturale della fede che ci impegna come comunità ecclesiale a proporre, all’interesse di tutti, quegli sguardi su cosa significa fare gli uomini dentro la relazione con gli altri uomini, a partire da quanto il Vangelo consegna all’uomo e alla donna di oggi. Lo facciamo sentendo quanto questo abbia da dire alla nostra vita quotidiana nei suoi diversi ambiti, legati all’appartenenza alla comunità ampia della “polis”, a come vive le sue relazioni affettive e interpersonali, al mondo del lavoro e della festa, alle fragilità e al tema della trasmissione e dell’educazione di quegli aspetti costitutivi capaci di far crescere ciascuno e tutti in umanità.

Ci rendiamo conto che la coscienza del “popolo di Dio” non è certo più uniformemente plasmata da quanto dice e indica la Chiesa e, per certi aspetti, neppure da alcuni valori evangelici di fondo che ci accomunano.
Anche se questo non va in modo semplificatorio individuato come un male, dobbiamo constatare la difficoltà a percepire la distanza tra i “fondamentali della nostra fede” e la pratica quotidiana che si ritraduce nella concretezza delle scelte e dei modi di vita.
Risulta impegnativo offrire alcuni criteri di discernimento; ma al di là delle declinazioni moralistiche, che spesso irrigidiscono dentro a “questioni di principio” che difficilmente trovano declinazioni nei vissuti reali e particolari delle persone e delle nostre delle nostre comunità, mettiamo a disposizione alcune riflessioni che possano attrezzare i singoli e le comunità di strumenti per comprendere la complessità della stagione che stiamo attraversando.

Chiaramente non si tratta di voler orientare voti, ma ci preme capire come aiutare le comunità cristiane a riappropriarsi di quei contenuti di fede, antropologici, filosofici, costituzionali, sociali, che contribuiscono a costruire quell’architettura civile che all’atto pratico ci pare essere messa in discussione.
A riguardo di ciò, tra le tante riflessioni che si possono proporre è opportuno richiamare tutti al senso dell’azione politica per come la intendiamo da cristiani, sottolineandone la connotazione più nobile di servizio alla comunità in cammino verso il bene comune, come non ha mancato di evidenziare anche il messaggio per la giornata della pace proposto ultimamente da Papa Francesco, che riprende i grandi passaggi della Dottrina Sociale della Chiesa in merito alla dimensione politica.

Per quanto oggi possa apparire difficile, crediamo profondamente che la politica resti la via maestra per sviluppare una società più giusta, più ricca, più solidale, più sana e più coesa. Ugualmente i soggetti protagonisti per eccellenza dell’azione politica, i partiti, devono essere contenitori trasparenti, luoghi di sintesi tra valori, idee, prassi e interessi. Vanno stimolati a ritrovare autorevolezza e credibilità, a rinnovarsi, ad essere profondamente connessi al mondo reale della vita dei cittadini, vanno irrorati di qualità, competenza, onestà ed in questo i cristiani sono chiamati, oggi più che mai, a fare la propria parte: “coloro che possono diventare idonei per l’esercizio dell’arte politica, così difficile, ma insieme così nobile, vi si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e a vantaggi materiali” (Gaudium et spes 75).

Ciascuno deve contribuire con i propri talenti alla costruzione di un percorso comune; “ci permettiamo di richiamare i nostri figli al dovere che hanno di partecipare attivamente alla vita pubblica e di contribuire all’attuazione del bene comune della famiglia umana e della propria comunità politica e di adoprarsi quindi, nella luce della fede e con la forza dell’amore, perché le istituzioni a finalità economiche, sociali, culturali e politiche siano tali da non creare ostacoli ma piuttosto facilitare o rendere meno arduo alle persone il loro perfezionamento” (Pacem in terris 76).

PASSAGGI CHE POSSONO RAPPRESENTARE CHIAVI DI LETTURA UTILI A PREFIGURARE POSSIBILITÀ, CONTRIBUIRE A RISOLVERE FATICHE, PER POTER GUARDARE AVANTI

È indispensabile alimentare una riflessione capace di approcciare la complessità e di fornire un apporto critico e insieme di prospettiva. Se pensiamo al sentire diffuso a partire dalla percezione della situazione sociale nelle sue molteplici forme, ci accorgiamo che i sentimenti più comuni sono quelli di stanchezza, frustrazione, incertezza, paura, attese disilluse e di un futuro che a tratti pare svuotato. Risulta difficile individuare una visione condivisa dell’avvenire. Rispetto a questo come comunità cristiana che tenta di far crescere ed evidenziare i passaggi del “bene possibile”, diviene prezioso essere capaci di stare a servizio e facilitare sguardi e azioni di prospettiva che partano dal mettere insieme risorse, capacità, luoghi di condivisione del bene, da qualunque parte esso venga.
Si tratta di essere facilitatori di costruzione di terreni comuni sui quali ritrovare e condividere i valori facendoli divenire azioni e buone prassi nei vari ambiti costitutivi della vita delle persone (educazione, affetti, lavoro, fragilità, cittadinanza).

La politica, che in passato si è identificata tra destra e sinistra, oggi pare si vada a giocare tra altri principi di grande impatto antropologico: persona e individuo, legame ed individualismo. Questa dinamica investe tutti gli ambiti: dalla famiglia, ai gruppi, alla comunità internazionale, perché ad ogni livello può esserci volontà di “relazione-inclusione del diverso” e volontà di “fare da soli-separazione dal diverso”. Su queste basi si richiede oggi di misurare le scelte dei raggruppamenti politici. Il cristiano per sua natura sta dalla parte della persona-relazione, sempre tenendo fermo il principio della apertura inclusiva. È illusione fermare la relazionalità al rapporto vicinale (buoni coi nostri) perché così si mette in moto una cultura egoistica che prima o poi si riverserà anche sul diverso più vicino. Le comunità cristiane hanno il grande compito di istituire identità inclusive e mai escludenti a servizio di tutti gli uomini nella logica della costruzione del regno di Dio, sentendo che l’uomo di oggi ha bisogno più di strutture-ponte che di armature-muri. Questo avviene attraverso la costruzione di reali condizioni del dialogo tra compromesso e negoziazione, e la gestione del conflitto. La politica ha il grande compito di trovare il punto giusto dove l’apertura rischia di diventare dissolvimento e impoverimento di una comunità e dove la chiusura rischia di diventare un egoismo e un isolamento disumanizzante.

Ridare senso alle parole. “L’arte della politica” afferma la centralità della persona che vive in relazione con gli altri e quindi necessita di una struttura sociale organizzata che lo sostenga e lo permetta. Riprendendo un’immagine dei documenti ultimi di papa Francesco, questa struttura è possibile a partire da una “visione poliedrica” che si rifà a una molteplicità di attori, di discipline e richiama un metodo integratore e in continuo dialogo nel quale l’azione politica ha principalmente lo scopo di tessere connessioni e legami sociali capaci di raccogliere il meglio di ciascuno. Come già accennato, la Chiesa (le parrocchie, le associazioni) è una “parte” a servizio di tutto questo. La grande eredità di contenuti e discernimento, le molteplici esperienze e fattive realtà che ci costituiscono come Chiesa, ribadiscono la ricchezza ed il valore delle parole “democrazia”, “partecipazione”, “cittadinanza” che da sempre, senza escludere fatiche e fallimenti, abitano le nostre più alte convinzioni ed esigono di essere continuamente tradotte e messe a servizio sia nei loro significati più profondi, sia nelle declinazioni più concrete nella comunità sociale. È sotto gli occhi di tutti che viviamo in una società sotto tensione che agisce “di pancia” a partire da emozioni, sentimenti, gioie e dispiaceri. Il ruolo dei media e social media è decisivo: il tentativo di creare nuove forme di partecipazione e agorà pubbliche corre spesso accanto al rischio di ammorbare la qualità delle parole e della comunicazione, non aiutando a sciogliere o a distinguere paure reali e percepite. Partendo da una rilettura dei nostri linguaggi diventa fondamentale custodire, ridare verità e prendersi la responsabilità delle parole, coltivando e valorizzando una comunicazione onesta e veritiera.

Ripensare il patto sociale, la sicurezza, la solidarietà. Le condizioni della vita sociale non corrispondono più a ciò che si era sperato. I sistemi assicurativi sociali mostrano i propri limiti con l’idea di fondo che davvero si stia “raschiando il fondo del barile”. I servizi di prossimità anche più quotidiani stanno sparendo assorbiti dai grandi centri commerciali o dalla locazione in luoghi più attrattivi e popolati. Anche qui ribadiamo l’importanza del ruolo della nostra Chiesa che in molti modi e servizi è attenta non solo al fare per, ma piuttosto al fare con, innescando non solo dei sistemi di risposta alle emergenze ma anche di ricollocazione e sviluppo del protagonismo sociale dei più poveri. Ci chiediamo dunque in che modo la comunità cristiana è capace di infondere e sostenere la “sicurezza” dentro la vita degli uomini; in che modo siamo a servizio di coloro che pensano e veicolano questi contenuti e azioni su questo importante tema. Assieme a questo torniamo a chiederci quanto i nostri “sistemi di aiuto o sistemi caritativi” non siano solo dei cuscinetti sociali ma anche degli elementi prospettici di cambiamento. Si tratta di tornare a pensare la solidarietà nei termini della “giustizia sociale”, che anche nei contesti del governo locale del territorio prenda la forma di attenzione e inclusione delle persone più a rischio e più povere, nei termini di una reale sussidiarietà che attivi e ribadisca la responsabilità della comunità intera. A riguardo non trascuriamo il tema delle tutele e della protezione sociale che incrocia molti aspetti: la fragilità, le paure, la solitudine, il senso di abbandono e la percepita lontananza delle istituzioni. Riteniamo necessario l’impegno in azioni serie su questi diversi livelli, con grande senso di responsabilità e senza nessuna ricerca di “dividendi della paura”.

Connessioni e interconnessioni nel territorio. Sono in atto alcuni importanti cambi di paradigma che, se non compresi, possono aumentare ulteriormente la congestione del nostro territorio e rendere ancora più difficili le relazioni tra le persone. In particolare, i modi della mobilità delle persone e delle merci sono oggetto di forti spinte al rinnovamento tecnologico per la loro informatizzazione progressiva, in un momento in cui le nostre comunità non hanno ancora risolto parte rilevante dei problemi di infrastrutturazione creati dalla crescita impetuosa dei decenni scorsi. Il rischio è che lo sviluppo di modelli capaci di rispondere alla complessità attuale non si accompagni alla riorganizzazione degli spazi su cui interviene, permettendo così il governo più efficiente della congestione, ma non la qualificazione dei modi della relazione che è invece indispensabile per il progresso civile. Occorre dunque saper accompagnare le opportunità di gestione che la tecnologia ci offre con un impegno rinnovato per rinnovare e qualificare lo spazio e la natura delle relazioni. Il potenziamento infrastrutturale ha perciò effetti positivi solo se diventa occasione per ulteriori progetti di comunità e per risemantizzare i luoghi in cui le relazioni si dipanano. Ben vengano dunque nuove infrastrutture laddove servono, ma solo se entro progettualità non volte esclusivamente all’efficienza settoriale dei flussi. La progettualità delle infrastrutture è vitale per sostenere la nostra economia, ma anche per connotarne la tipologia. Nel nostro territorio ciò significa riuscire a cogliere il problema dell’impellente manutenzione, riqualificazione e ripensamento delle infrastrutture dei decenni scorsi.

Integrazione e interazione. Come ci suggerisce il Servizio Migranti e Rifugiati della Santa Sede “integrazione non è né assimilazione né incorporazione, ma un processo bidirezionale che si fonda essenzialmente nel mutuo riconoscimento della ricchezza della cultura dell’altro” basato sull’interazione. E’ sempre importante ribadire come il fenomeno migratorio, che ha cambiato le città e i territori, sia una questione strutturale di questo tempo, che va affrontata con saggezza e senza preconcetti ideologici. Uscendo dunque dal sentire questo fenomeno come un problema-emergenza da contenere e risolvere, ci sembra importante che, come ci ricorda Evangeli gaudium, sia l’azione pastorale sia l’azione politica “cerchino di raccogliere il meglio di ciascuno… Lì sono inseriti i poveri, con la loro cultura, i loro progetti e le loro proprie potenzialità. Persino le persone che possono essere criticate per i loro errori, hanno qualcosa da apportare che non deve andare perduto. È l’unione dei popoli, che, nell’ordine universale, conservano la loro peculiarità; è la totalità delle persone in una società che cerca un bene comune che veramente incorpora tutti”. Nella logica dell’interazione, la capacità di integrazione si trasforma in ricchezza per tutti e per tutti gli ambiti del vivere.

ELEZIONI EUROPEE, ALCUNE CONSIDERAZIONI

I risorgenti nazionalismi affermano da più parti ed in vari modi più o meno espliciti che senza l’Europa tutto andrebbe per il meglio. Sembra emergere la tendenza non ad una riforma dell’Unione, ma ad una sorta di lento smantellamento della stessa. L’Europa così come è ha perso la sua spinta di emancipazione, la sua capacità di rappresentanza, il suo spirito solidale. Come è successo in epoche passate, il rischio del vecchio continente è di entrare in una zona d’ombra e di decadenza rispetto ai nuovi protagonisti economici e politici mondiali. Oggi siamo chiamati ad interrogarci rispetto a quelle che riteniamo essere state conquiste e che ancora sono in divenire e devono crescere rispetto al percorso di integrazione europea. Abbiamo la sensazione che in tanti passaggi del passato, come anche dentro alla situazione attuale, prevalga il rigore astratto e cieco, la pratica burocratica e tecnocratica funzionale a un indirizzo politico conservatore, il ritorno alla logica degli stati contro una visione comune. A ragion veduta siamo allertati dall’aumento di disuguaglianze all’interno dell’Unione e dal rafforzarsi dei fattori di disgregazione. La configurazione incompleta della moneta unica, in assenza di una politica economica, fiscale e sociale comune, ha contribuito a creare divergenza e un crescente distacco dei cittadini europei nei confronti delle istituzioni dell’Unione. Le incertezze nell’affrontare la crisi migratoria e l’inefficacia del “sistema di Dublino” hanno indebolito il ruolo della UE di garante delle libertà civili e sociali e hanno messo in discussione alcuni dei grandi elementi fondativi dell’Europa.

Insieme a questi elementi problematici, evidenziamo le grandi e fondamentali conquiste di questi 70 anni d’Europa quali: la pace e la stabilità di relazioni tra stati membri, la libera circolazione delle persone in quasi tutto il continente, il mercato unico, la moneta che attualmente viene utilizzata in 19 stati, i valori sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali, alcuni elementi di politica estera che hanno fornito aiuti allo sviluppo e ribadito questioni legate ai diritti umani per Paesi terzi.

Il grosso lavoro che riconosciamo sempre in divenire nella costruzione dell’Unione Europea esige oggi più che mai una maggiore unione politica, con Istituzioni più semplici e un riequilibrio di potere che ridimensioni l’assetto intergovernativo a favore della rappresentanza democratica e di un governo politico. La compresenza di tre organismi di decisione politica rende i passaggi decisionali lenti e poco efficaci. C’è una distanza tra i cittadini e la sovranità europea che va accorciata anche attraverso una semplificazione dell’assetto dell’Unione. Occorre animare il dibattito politico europeo con partiti, associazioni, sindacati che possano essere interlocutori credibili e sufficientemente forti per confrontarsi con le istituzioni dell’Unione. L’Europa non può rinunciare all’ambizione di far vivere la democrazia su scala sovranazionale, attraverso la concretezza e gli ideali capaci di convincere e mobilitare intorno sfide del continente e del pianeta, ma anche per dare risposte ai bisogni e al crescente disagio dei propri cittadini.

Fin dal suo nascere in Europa si sono fronteggiate due visioni diverse: quella democratica e sociale contenuta nelle costituzioni dei Paesi europei dopo il ’45 e quella tecnocratica, più funzionale alla costruzione ed alla gestione del mercato e dell’economia. Ancora oggi molte tra le politiche sociali, tra le quali quelle del lavoro, sono considerate come competenze nazionali, sottratte ad una visione condivisa. Anche oggi, all’interno dell’Unione, è presente una competizione al ribasso dei regimi fiscali e degli standard sociali. Non è sufficiente garantire la stabilità dei prezzi e il libero mercato, ma servono politiche comuni per lo sviluppo, il lavoro, il welfare, per rimettere al centro le persone, un’idea di uguaglianza e di giustizia. Già oggi molti diritti sono sanciti nei Trattati, ma senza una riforma della Governance economica la costruzione dell’Europa sociale resta molto debole.

È necessario ribadire una politica comune di investimenti, armonizzare i sistemi fiscali, garantire standard minimi di tutela e promozione dei diritti sociali. Da questo punto di vista, un’assicurazione europea contro la disoccupazione, un piano per i giovani focalizzato sull’istruzione e il lavoro, misure contro il dumping fiscale per disincentivare le delocalizzazioni opportunistiche tra Paesi membri, l’implementazione delle infrastrutture sociali, potrebbero essere passaggi importanti per la costruzione continua di un pilastro sociale che rischia di indebolirsi ulteriormente. L’Unione Europea diventerà propriamente politica non solo quando avrà risolto i suoi deficit democratici, ma quando avrà un bilancio degno della sua forza economica e che si basi in prospettiva su risorse proprie, derivate dalle ricchezze che il mercato interno produce più che dai contributi degli Stati membri. Altro elemento importante riguarda una effettiva politica comune sulle migrazioni: deve essere l’UE, non i singoli Stati, a concedere la protezione e a garantire ai richiedenti asilo lo stesso trattamento e lo stesso rispetto dei diritti. I confini esterni dei singoli Stati potrebbero così diventare il confine unico europeo. Anche i temi della sicurezza comune, della difesa comune europea, e di come gli Stati europei possono sviluppare gli strumenti già esistenti e aumentare il peso della nostra azione nel mondo, sono cruciali.

È soprattutto necessario un salto di qualità nella politica verso il Mediterraneo e l’Africa, nella direzione di un partenariato politico ed economico, di una strategia che sia effettivamente europea e fondata sulla promozione della pace, dello sviluppo, della solidarietà. La cooperazione internazionale è uno strumento di fondamentale importanza, che va rafforzata.

L’Unione Europea, anche se la situazione è radicalmente cambiata, resta uno dei più importanti attori globali ed è nel suo insieme un’area economica ampia e ricca. Nessuno Stato membro può ambire da solo a un protagonismo nel mondo globalizzato. La politica commerciale europea è lo strumento essenziale per negoziare con i partner globali affermando allo stesso tempo principi e valori condivisi propri del modello europeo: pace, protezione della salute pubblica e dei beni comuni, standard di qualità, diritti del lavoro e tutela dei consumatori. Uniti, gli Europei possono far sì che i valori che sono a fondamento della storia comune siano tutelati ora e nel prossimo futuro. La prospettiva di un’Europa integrata politicamente e programmaticamente nelle sue scelte fiscali, di bilancio, sociali, culturali, di ricerca e di innovazione, di difesa e per le infrastrutture strategiche, è più che mai urgente.

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