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L'intervista

Pirani (Uiltec) a Bergamo: “La crisi ha spinto verso l’abbandono del tessile”

Il segretario nazionale della Uiltec sarà ospite a Bergamo per il consiglio territoriale della categoria, in programma il 26 marzo alla Casa del Giovane

Concorrenza sleale, dumping, scarsa formazione, pochi investimenti. Paolo Pirani, segretario nazionale della Uiltec, sarà ospite a Bergamo per il consiglio territoriale della categoria, in programma il 26 marzo alla Casa del Giovane. Ha quindi affrontato le tematiche principali che toccano il settore tessile, chimico ed energetico in un’intervista.

I dati relativi all’import-export tra la provincia di Bergamo e la Cina, soprattutto per quanto riguarda il tessile, sono preoccupanti. Nel 2018 sono stati importati prodotti tessili per 184 milioni di euro, contro i 15 milioni di esportazioni nello stesso settore, il 25 per cento in meno rispetto al 2017.

“Uno dei punti deboli dell’accordo siglato lo scorso sabato tra i governi delle due nazioni è che si è puntato a migliorare l’export dell’Italia verso la Cina ma non ci si è occupati delle problematiche relative al dumping e alla concorrenza sleale. Non possiamo accettare una tale politica, deleteria per la nostra economia, per questo chiediamo di rivedere alcuni punti del memorandum. Dobbiamo difendere i nostri prodotti, soprattutto per quanto riguarda il tessile e l’industria chimica, che sono ancora settori strategici”.

Le aziende tessili bergamasche lamentano la scarsa formazione del personale e si stanno attivando per avviare corsi di specializzazione e aggiornamento per i dipendenti.

“Purtroppo, la formazione manca non solo nella Bergamasca, ma anche in altre province. Una volta il settore tessile era tra quelli trainanti, ma anche oggi gioca un ruolo molto importante, dato che impiega circa 500mila lavoratori, 6.400 solo nella provincia di Bergamo. Il Made in Italy ha subito negli anni le politiche di delocalizzazione e le catene di vendita lunghe, mentre ora si sta tornando a localizzare e si punta sulle catene corte, cercando di fronteggiare anche la concorrenza delle vendite online. Negli ultimi anni il tessile è stato trascurato in quanto si pensava sarebbe diventato il fanalino di coda della nostra economia, quindi ci sono stati pochi investimenti sia a livello tecnologico che di formazione del personale. Mancano figure professionali tradizionali, tessitrici, addetti di filatura, tintori e le cosiddette sartine, per riuscire a mantenere vitali quelle aziende che sono brillantemente sopravvissute alla lunga crisi degli ultimi anni. Servono inoltre professionisti in grado di intercettare i cambiamenti tecnologici di industria 4.0”.

A Bergamo le 97 imprese tessili che fanno capo a Confindustria hanno organizzato l’Academy del Tessile.

“Diverse realtà si stanno muovendo in questo senso per colmare le lacune a livello di formazione. Alcune grandi imprese hanno creato una sorta di università interna che forma il personale a seconda delle esigenze tecniche. Anche perché il Governo ha diminuito le ore dedicate all’alternanza scuola-lavoro, che in questo settore sono invece fondamentali. Come Uiltec veniamo da un recente incontro con le rappresentanze degli istituti professionali proprio per potenziare la formazione in questo ambito”.

Quali ripercussioni ha avuto il Decreto Dignità sull’economia di questi settori?

“Purtroppo, questi decreti vanno a rappresentare un’Italia che non c’è, puntando tanto sull’assistenzialismo e poco sullo sviluppo. I sindacati, che hanno il polso della situazione in ogni ambito del mondo del lavoro, non vengono ascoltati, c’è poco confronto. Dopo la grande manifestazione unitaria di febbraio sono stati aperti alcuni tavoli, ma non hanno ancora portato a nulla. Oltre a convocare devono anche ascoltare e, se non lo faranno, ci mobiliteremo per far sentire sempre di più la nostra voce. Perché il sindacato è sociale, non è social. A Torino, Milano, Ravenna c’è stata una grande manifestazione congiunta di sindacati e imprese per chiedere manovre a favore dello sviluppo, dato che il populismo e la demagogia non portano da nessuna parte”.

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