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Cinema

La recensione

“Cocaine”: triste storia vera di un ragazzino inghiottito dal sistema della droga

Triste perché mostra la difficile realtà di un ragazzo che, seppur giovane, dolce, responsabile, è costretto da un ambiente ostile a stare alle regole del mondo criminale per poter sopravvivere

Titolo: Cocaine – La vera storia di White Boy Rick

Regia: Yann Demange

Attori: Matthew McConaughey, Richie Merritt, Bel Powley, Jennifer Jason Leigh, Brian Tyree Henry

Durata: 110 minuti

Giudizio: ***

Detroit, 1984: forse la città più degradata e con il più alto tasso di criminalità degli Stati Uniti. Siamo negli anni della presidenza Reagan e della sua politica antidroga, fatta di un rigidissimo proibizionismo.

Qui vive Rick; ha solo 15 anni ma ha già visto fin dove la fame e la povertà possono spingere una persona. Abbandonato dalla madre, vive insieme al padre Richard Wershe Sr. e alla sorella Dawn, tossicodipendente. Il padre, interpretato dal sempre meraviglioso e camaleontico Matthew McConaughey, gestisce un piccolo traffico di armi illecite, mentre sogna disperatamente di poter aprire la sua cineteca. È un loser, uno che dalla vita non ha avuto mai niente, ma nonostante ciò continua a sognare di poter fare di più, di poter avere di più; illudendosi e illudendo il figlio di essere “leoni” tra un’infinità di agnellini, quando in realtà non fa altro che trascinarlo dentro a un meccanismo criminale che li inghiottirà entrambi.

Rick entra nel giro smerciando le armi del padre alle varie gang della città, tutte a maggioranza afroamericana, ed è qui che si guadagna il soprannome di “white boy Rick”. Tutto sembra andare per il meglio: si fa un nome, degli amici, una ragazza e inizia a incassare qualche soldo; finché l’FBI, venuto a conoscenza del traffico illecito gestito dal padre, li mette entrambi con le spalle al muro, proponendogli un accordo: l’immunità, in cambio di informazioni su criminali, spacciatori e poliziotti corrotti. Ed è così che Rick, suo malgrado, diventa l’informatore più giovane della storia. Grazie al suo aiuto, l’FBI riesce a mettere le mani su parecchi pezzi grossi della droga, lasciando Rick immune, ma inesorabilmente al verde.

Quando i conti da pagare diventano troppi, Rick e suo padre decidono di iniziare a spacciare, all’insaputa dei federali. È una scelta fatta a malincuore, con la coscienza pesante e la consapevolezza amara che purtroppo, per due come loro, in un contesto come quello, lo spaccio è l’unica via che garantisca una vita dignitosa. Non passerà molto tempo prima che l’FBI se ne accorga. Colto in flagrante con ben 8 kg di cocaina, Rick viene condannato all’ergastolo, diventando così il detenuto non violento con il maggior numero di anni di reclusione in tutto lo stato del Michigan.

Crudo, realistico, privo di orpelli e dannatamente triste. Triste perché mostra la difficile realtà di un ragazzo che, seppur così giovane, dolce, responsabile e dedito alla famiglia, è stato piegato e costretto da un ambiente ostile a stare alle regole del mondo criminale per poter sopravvivere; e di un padre, ridotto a pezzi dalla vita, che pur di non perdere l’ultimo membro rimasto della sua famiglia, lo ha trascinato con sé nelle viscere di un mondo malato, invece di indirizzarlo verso un futuro diverso, e sicuramente migliore. Inutile dire, infine, che l’interpretazione di Matthew McConaughey, ormai una garanzia di qualità, è sufficiente per far apprezzare l’intero film.

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