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On the road

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Via Riva Villasanta, l’omaggio di Bergamo all’eroe caduto a un passo dalla gloria

Ad Alberto Riva Villasanta sono state intitolate due strade: una porta il suo nome e l’altra quello del luogo del suo sacrificio, via Paradiso

Torsa, un minuscolo villaggio in provincia di Udine, è legato per sempre alla storia e alla leggenda della Grande Guerra: fu lì che cadde, un quarto d’ora prima della fine delle ostilità, l’ultima medaglia d’oro del 15/18, Alberto Riva Villasanta.

La famiglia Riva Villasanta, dell’aristocrazia cagliaritana, aveva una significativa tradizione militare: il padre di Alberto, Giovanni Riva Villasanta, maggiore della leggendaria brigata Sassari, era caduto a monte Castelgomberto, il 7 giugno del 1916. Il figlio, soltanto diciassettenne, falsificò i propri documenti per poter partire volontario e divenne ufficiale dei bersaglieri: era del 1900, nemmeno del ’99, praticamente un bambino! Ma si comportò, comunque, da valoroso, tanto da ottenere una medaglia d’argento sul Piave e da essere nominato comandante degli arditi reggimentali.

Il destino lo attendeva ad un bivio che, per ironia della sorte, si chiamava “Paradiso”: lì, in cima alla torre campanaria di Torsa, gli austroungarici avena piazzato una Schwarzlose, per cercare di rallentare la fiumana grigioverde che, rotte le linee di difesa in Veneto, dilagava verso nord, ripercorrendo, a ritroso, le strade della terribile ritirata di un anno prima. I soldati italiani avevano un morale altissimo: l’avversario, tenace e valoroso, ormai aveva ceduto e si ritirava senza rimedio, cercando di guadagnare la Madrepatria.

A Villa Giusti, vicino Padova, l’armistizio era stato già siglato dal plenipotenziario Weber Von Webenau: la guerra era, potenzialmente, terminata. Rimaneva solo da fare scadere l’ora prestabilita per il cessate il fuoco definitivo: le 15 del 4 novembre 1918.

Ma questo, i bersaglieri di Riva Villasanta e i mitraglieri dell’imperatore non potevano saperlo. Lì, la guerra era ancora viva e tangibile. Il giovane ufficiale guidò l’assalto: una pallottola lo colse in piena fronte, fulminandolo. Erano le 14,45.

Vennero, poi, le commemorazioni di rito: la retorica, la propaganda e gli smemoranti cipressi. Venne, come si diceva, anche la medaglia d’oro al valor militare, motu proprio del re: il duca d’Aosta e D’Annunzio tennero le orazioni celebrative, una a Udine e l’altra all’Augusteo di Roma. Il diciottenne sardo, dormiva nella sua cassa di abete: indifferente a tutto, pacificato in eterno.

Riva Villasanta divenne il simbolo della generazione olocausta: eroe fanciullo e, insieme, vittima dell’insensatezza della guerra. Sarebbero bastati altri venti minuti, per restituirgli un futuro, una morosa, dei figli, una serena vecchiaia piena di ricordi: il destino volle che questo futuro venisse cancellato, in una strada polverosa, di un paesetto del Friuli, un quarto d’ora prima della pace.

Bergamo volle ricordare questo eroico bersagliere cagliaritano, dedicandogli una strada, che, nel quartiere borghese di Santa Lucia, va dall’omonima rotonda fino alle piscine Italcementi: una bella via, ampia e tranquilla, di condominii e di ville che parlano di solido benessere.

Dalla strada dedicata all’eroe giovinetto, si diparte anche una meravigliosa scaletta, che si chiama via del Paradiso, benché salga, nella realtà, fino a via Tre Armi e non fino all’Empireo. Così, ad Alberto Riva Villasanta sono state intitolate, di fatto, due strade: una porta il suo nome e l’altra quello del luogo del suo sacrificio.

Oggi, in via del Paradiso, sorge una comunità missionaria: la pace e la preghiera hanno preso il posto delle memorie della guerra. Così, quasi tutti sono portati a pensare che il nome di quella scaletta tanto amena e bella derivi dai suoi santi ospiti: nessuno immaginerebbe che il Paradiso cui essa fa riferimento fosse, agli inizi di novembre del 1918, tanto simile all’inferno. E che vi sia caduto l’ultimo eroe della Grande Guerra sul nostro fronte. Solite bizzarre ciclotimie dell’odonomastica. Alla prossima.

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