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Il pm carmen pugliese

“Uomini violenti: donne non ritirate le denunce, dite no se vi chiedono un ultimo appuntamento”

Il volto storico della procura di Bergamo: "Sbagliato ripensarci, bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo una volta presentata la denuncia"

Quello della violenza sulle donne è un tema molto caldo nell’ultimo periodo, anche a Bergamo e provincia. Dai maltrattamenti domestici, verbali o fisici, fino a vere e proprie tragedie. Come quella dello scorso due febbraio a Curno, con la 25enne Marisa Sartori uccisa a coltellate dal marito Arjoun Ezzedine.

Per i casi come questo, a Bergamo c’è un pool di magistrati denominato “delle fasce deboli”. Ne fanno parte Il pubblico ministero Gianluigi Dettori, con le colleghe Laura Cocucci, Carmen Santoro e con loro una figura storica del palazzo della procura bergamasca: Carmen Pugliese. Il magistrato di origine calabrese, che a settembre taglierà il traguardo dei trent’anni di servizio nella provincia orobica, è stato ospite dell’Academy di Bergamonews per una lezione su questa tema.

Violenza sulla donne, com’è la situazione in Bergamasca?

“Negli ultimi dieci anni sono aumentate in modo notevole le denunce. Gli episodi probabilmente ci sono sempre stati, ma prima rimanevano tra le mura domestiche. Ora le donne sono più coraggiose.  Se posso dare un consiglio, non accettate l’ultimo appuntamento per chiarire dopo che avete denunciato. Spesso è lì che si verificano le tragedie”.

E dopo l’omicidio di Marisa a Curno?

“Nelle ultime settimane registriamo un’ulteriore impennata di denunce. Questo è un segnale positivo, anche se devo dire che a volte si tende a esagerare. Magari segnalano solo per vendetta. E chiedono subito misure cautelari, come l’allontanamento del proprio uomo. Ma noi magistrati dobbiamo verificare la situazione, ascoltare testimoni e via dicendo. Per questo ci vuole tempo”.

Quindi possiamo dire che è meglio ora che le donne si fanno sentire?

“Non saprei, perché purtroppo spesso fanno il primo passo, quella della denuncia, ma poi ci ripensano e la ritirano. Oppure in aula ritrattano e non raccontano le cose per come sono andate realmente. E noi magistrati siamo costretti a fare un passo indietro. Così abbiamo lavorato, speso tempo e risorse, per nulla”.

Perché ci ripensano? 

“Alcune ritirano la denuncia perché hanno uno spirito da crocerossina e credono di cambiare l’uomo violento. Ma questo sappiate mie care che è impossibile. Oppure perché non hanno un sostegno economico. O, ancora, solo per tenere unita la famiglia sopportano anche i maltrattamenti”.

Denunciano di più le italiane o le extracomunitarie?

“Sicuramente le seconde. Anche da sole, senza il supporto di avvocati. L’altro giorno mi sono complimentata con una ragazza che in aula non ha avuto paura del suo convivente violento e di fronte a lui ha raccontato tutto ciò che le faceva. Ecco, ognuna dovrebbe comportarsi così e avere il coraggio di andare fino in fondo”.

Ci sono casi di uomini violenti anche negli strati sociali più alti?

“Certo, non mancano nemmeno lì. Anche se a volte si tratta solo di quelli che io definisco maltrattamenti economici. In pratica alla consorte non viene più garantito uno stile di vita elevato e lei si ribella denunciandolo”.

Una prova importante, in casi di violenze, sono i referti medici…

“Dovrebbero essere compilati nel modo più preciso possibile. Il personale sanitario dovrebbe responsabilizzarsi più nel capire quando si trova di fronte a un episodio di violenza. A volte le donne dicono di essere cadute in casa e magari hanno un occhio nero. Un particolare che dovrebbe far riflettere chi le soccorre”.

Negli ultimi anni sono emersi episodi simili anche nel modo dello spettacolo, cosa ne pensa?

“Nella maggior parte dei casi siamo la denuncia è solo un’offesa alle donne realmente maltrattate. Sono fatte a orologeria, magari dopo anni, al momento in cui fa più comodo alla presunta vittima. E solo per riacquistare la fama perduta. Assurdo”.

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