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Bergamo segreta

Borgo Canale, alla scoperta delle antiche sepolture di Bergomum

Nuova puntata della rubrica domenicale di BGY che oggi va fa tappa in uno luoghi più importanti della città romana

Passeggiare lungo le vie di Borgo Canale significa fare un vero e proprio un tuffo nella natura che circonda Bergamo: alzando lo sguardo è possibile notare da una parte le cupole e le torri di Città Alta, dall’altra le scalinette immerse nel verde che salgono lungo le pendici dei colli.

Se oggi un tempo chi transita per la zona rimane stupito del paesaggio offerto, in epoca romana la situazione era molto diversa poiché il borgo ospitava una delle necropoli più ampie della città.

Situata alle spalle del Colle di San Giovanni, la necropoli di Borgo Canale risaliva con ogni probabilità all’età imperiale, come testimoniano diverse steli  e lapidi ritrovate nei pressi dell’antica Basilica Alessandrina e in altri punti dell’area sulle quali possibile scorgere i nomi dei membri di alcune famiglie facoltose dell’epoca, come quelle degli Antonii, dei Valerii  e dei Sulpicii.

Analizzando questi reperti non è un azzardo ipotizzare che essi fossero parte di monumenti funebri inseriti in ampi spazi dedicati alle sepolture, spazi che potrebbero esser stati circondati da recinti e da “horti”, tipici giardini posti attorno alle tombe riscontrati sia a Pompei che in area padana e  di cui non si può escludere la presenza anche in Bergamasca.

Una delle tombe che ha aiutato gli archeologi di conoscere al meglio i culti funebri della Bergamo Romana è stata senza dubbio quella ritrovata nel 2005 e dedicata alla “signora di via degli Orti”.

Posta nell’area fra fra via Borgo Canale e via degli Orti, all’interno del terreno di riempimento della fossa gli esperti hanno avuto modo di ritrovare alcuni macroresti vegetali come noci e nocciole, uva, leguminose, pane e focacce che potrebbero esser ricondotti alle offerte donate al defunto in occasione di cerimonie e banchetti funebri in suo onore, una tradizione quest’ultima confermata anche dalla presenza di forellino passante nell’embrice di copertura attraverso il quale i familiari avrebbero donare direttamente acqua, vino, latte, miele, olio e sangue di vittime sacrificali.

Fra i reperti che hanno permesso agli esperti di ritenere che con ogni probabilità la tomba fosse destinata a una donna vi sono senza dubbio i componenti del corredo funebre, fra i quali spiccano una terrina peduncolata, frammenti di vetro, un fibula e un pendaglio in bronzo e un raro esemplare di balsamario “fitomorfo” proveniente dall’Oriente.

Visibile all’interno della mostra “Bergomum, un colle che divenne città” in programma sino al prossimo 19 maggio a Palazzo della Ragione, il balsamario, contraddistinto dal colore blu del vetro e dalla forma a grappolo d’uva, fu con buona probabilità realizzato nell’area siro-palestinese ed era destinato a contenere a contenere unguenti, oli profumati, balsami o polveri cosmetiche utilizzate sia nella vita quotidiana che nella sepoltura.

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