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Le politiche bergamasche

Buon 8 Marzo: c’è ancora tanto da fare per mantenere e migliorare i diritti delle donne

Marzia Marchesi, Simona Pergreffi, Pia Locatelli, Elena Carnevali, Alessandra Gallone, Nadia Ghisalberti, Guia Termini, Federica Bruni, Emilia Magni, Denise Nespoli, Eleonora Zaccarelli, Loredana Poli, Laura Capella: il punto delle donne bergamasche impegnate in politica

Pia Locatelli

Pia Locatelli, deputata

“Otto Marzo: una festa che è diventata di tutte e di tutti, ma pur sempre ancora una festa dell’impegno politico e civile, come il primo maggio. Come la festa del lavoro, anche la giornata delle donne nasce dal movimento socialista, e nasce internazionale. L’otto marzo 1908 era stato il giorno del “Pane e delle Rose”: 15 mila donne di New York manifestarono per chiedere pane, cioè lavoro e salario, ma anche rose, cioè tempo libero, diritti per l’infanzia, dignità e rispetto.

A Copenhagen, nel 1910, un congresso internazionale di donne socialiste propose una giornata internazionale, prevista per la prima domenica di marzo, sancita definitivamente nel calendario in ricordo della manifestazione di New York. Fu celebrata per la prima volta l’anno successivo, una manciata di giorni prima del 25 marzo, giornata del tragico incendio di New York nella fabbrica della Triangle Shirtwaist Company, dove morirono 146 donne e ragazze, soprattutto immigrate dall’Italia e dall’Europa orientale: avrebbero potuto salvarsi se ci fosse stata anche solo una minima attenzione alla sicurezza, ai diritti, alla vita di queste donne.

I due eventi – la proclamazione della giornata internazionale delle donne e l’incendio di New York – si sono intrecciati in modo indelebile e li ricordiamo entrambi, ogni anno, con la stessa riconoscenza per il primo e lo stesso dolore rabbioso per il secondo.

L’Otto Marzo in Italia non è stata subito una festa importante: lo è forse dagli anni settanta, quando diventò un giorno di cortei. Era il periodo in cui rappresentarsi in pubblico era un gesto di liberazione, come indossare abiti non convenzionali. Erano gli anni del nuovo diritto di famiglia, del referendum contro l’abolizione del divorzio e poi della legge sulla interruzione volontaria della gravidanza. Erano gli anni in cui, tra un corteo e l’altro, cambiava il costume, e si poteva essere, finalmente, liberamente donne.

Negli anni Ottanta ci sembrava ormai fatta, ma non era così, e abbiamo imparato con l’esperienza che non ci sono ahimè diritti delle donne conquistati per sempre.

Certamente le donne hanno continuato a progredire, ma la loro marcia, che sembrava trionfale, si è fatta faticosa, millimetrica: i “soffitti di vetro”sempre duri da rompere, la precarietà del lavoro sempre più presente per le nuove generazioni di donne.

Oggi tra precarizzazione del lavoro e nuovi gallismi, la vita continua ad essere dura; la violenza sulle donne, giovani e meno giovani continua ad essere tragedia quotidiana.
Ma le donne, come le protagoniste della marcia di New York del 1908 continuano a volere pane e rose perché le donne, giovani e meno giovani, sembrano saper mescolare politica e vita, ragioni del pubblico e ragioni del privato, in modo da arricchire entrambe le sfere, vissute invece da molti uomini con troppo rigida divisione.

Anna Kuliscioff, che forse tante giovani donne non conoscono, rimane per me, come ho scritto in mille occasioni, il simbolo di questo modo di vivere l’impegno pubblico, non come sacrificio dei sentimenti ma come unione di cuore e ragione, libertà e felicità. E non cito a caso questa figura: è il ricordo di una, oggi diremmo, extracomunitaria, morta a Milano nel 1925, che trovò in questa città una nuova patria, la Milano che ha visto sfilare centinaia di miglia di persone sabato scorso per dire che prima vengono le persone, sempre, tutte: le migranti e le indigene,

Buon otto marzo, c’è ancora tanto da fare.”

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