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On the road

Via Baioni, una via tanto importante intitolata a un agronomo semisconosciuto

Quanti di voi, cari lettori, sanno chi o cosa fu questo “Baioni” cui è intitolata cotanta strada? Ve lo dico io: praticamente nessuno

L’odonomastica è disciplina misteriosa: le intitolazioni di vie e piazze avvengono per alchimie bizzarre e, in qualche modo, legate a fattori culturali, che potremmo assimilare a vere e proprie ciclotimie storiche.

L’impressione che ne ho tratto è che, in periodi di magra, ossia in assenza di significativi sviluppi urbanistici, chi doveva decidere a chi dedicare questa o quella strada bergamasca abbia tenuto il braccino un po’ corto, mentre, viceversa, in momenti di euforia speculativo-edilizia, si sia andati giù un tantino col podèt, per dirla in buon francese.

Così, accade che, nella nostra bellissima città, vengano dedicate arterie di primaria importanza a personaggi affatto sconosciuti, e stradicciole mignole a figure assai note della nostra storia, tanto remota quanto recente.

L’esempio, forse, più clamoroso di questo strabismo dedicatorio è rappresentato da via Baioni: strada di capitale importanza da gran tempo per la viabilità orobica ordinaria e straordinaria. Via Baioni collega il fondamentale incrocio tra le direttrici Città Alta-valle Seriana e Maresana-centro città con la valle Brembana: è, insomma, un giunto essenziale nel collegamento tra il nordovest e il nordest della nostra provincia. Mica scherzi.

Eppure, quanti di voi, cari lettori, sanno chi o cosa fu questo “Baioni” cui è intitolata cotanta strada? Ve lo dico io: praticamente nessuno. Andate pure a cercare su Wikipedia, dove una paginetta non si nega nemmeno all’ultimo dei fessi: compulsate sacri testi a gogo. Se vi va bene, scoprirete che sono esistiti, nella storia patria, due Baioni: uno, Salvatore, che fu pittore in Venezia, nel XVI secolo; l’altro, Cristoforo, che si occupò di agricoltura nel Settecento.

E’ proprio quest’ultimo, semisconosciuto, agronomo l’intestatario della stradona di cui stiamo parlando. Inseguendone le scialbe tracce, ho scoperto una citazione del Nostro nel monumentale lavoro del Belotti, ovvero quella “Storia di Bergamo e dei Bergamaschi” che non può mancare, magari solo per fare scena, nella libreria di ogni buon borghese orobico: a pagina 123 del libro V, infatti, si fa cenno al Cristoforo Baioni, che vi viene definito “uomo geniale”.

E geniale doveva esserlo davvero, non tanto per la sua accademietta letteraria, scientifica e musicale, che teneva riunioni in casa sua, felicitata dalla presenza di bei nomi della scena bergamasca dell’ultimo Settecento, come il Gavazzeni o il Calepio, quanto per la sua opera più meritoria: il suo “Metodo per fare, migliorare e conservare il vino”, edito per i tipi di Locatelli, nell’anno fatale 1789.

Tutti noi, alpini e meno alpini, in fondo, gli siamo, dunque, un po’ debitori, quando nella tazza non ci versano una polta immonda, ma delicati nettari. Tuttavia, a parte la commossa gratitudine del beone, non mi sento di annoverare il buon Baioni tra i personaggi che hanno indelebimente segnato la storia della nostra fiorente comunità.

Per quale ragione, dovendo dare un nome a quello stradone che va dal ponte di Santa Caterina fin quasi a Valverde, si sia optato per Cristoforo Baioni è per me mistero fitto. Magari c’era qualche suo discendente nella commissione toponomastica e, magari, già allora, intitolazioni e benemerenze erano soggette all’uzzolo di qualcuno, piuttosto che al semplice buon senso: chi può dire?

Fatto sta che, mentre la “main street” veniva dedicata all’oscurissimo enologo settecentesco, una stradina minuscola, che sale verso il colle da via Baioni, è stata intitolata a Francesco Baracca, forse il più celebre aviatore italiano di ogni tempo. Stranezze dell’odonomastica, come dicevo all’inizio. Fatto sta che, perlomeno, adesso sapete chi è Cristoforo Baioni: non sarà questa gran soddisfazione, ma è sempre meglio che girare con un sacchetto sulla testa. Alla prossima.

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