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L’intervista

“Mia figlia con la sindrome di Angelman, non parla ma basta un gesto per capirci”

In occasione della giornata mondiale della sindrome di Angelman, che ricorre venerdì 15 febbraio, abbiamo chiesto a Simona, mamma della piccola Arianna, affetta da questa malattia genetica rara, di raccontarci la sua testimonianza.

“Siamo convinti che nella vita della nostra piccola Arianna arriverà una cura che l’aiuti a migliorare e magari a guarire”. Così Simona Amore esprime la sua speranza e quella del marito, Marco Beati, affinchè si trovi una terapia per la sindrome di Angelman di cui è affetta la loro figlia.

Si tratta di una malattia neurologica rara, di origine genetica: in occasione della giornata mondiale dedicata a questa patologia, che ricorre venerdì 15 febbraio, abbiamo intervistato mamma Simona chiedendole di raccontarci la sua testimonianza.

Quanti anni ha Arianna?

A fine marzo compirà quattro anni ed è la nostra seconda bambina. È nata due anni dopo il nostro primo figlio, Filippo, che ha quasi sei anni. Abbiamo cercato subito un fratellino o una sorellina che potesse essere suo compagno di vita.

Quando ha scoperto che ha la sindrome di Angelman?

La diagnosi definitiva è stata formulata quando Arianna aveva appena compiuto un anno, anche se ha manifestato i primi problemi attorno ai due mesi di vita, quando ha iniziato a rifiutare il latte. Non mangiava e quindi non cresceva più, così a due mesi e mezzo è stata ricoverata all’ospedale di Bergamo. Siamo rimasti lì un paio di settimane ed è stata sottoposta a svariati controlli tra cui la visita neuropsichiatrica, che ha riscontrato dei piccoli cenni di ritardo e disattenzione visiva. Era piccolina: è nata tre settimane prima del termine previsto e pesava 2 kg e 600 grammi, però alla nascita è stata considerata assolutamente sana, tant’è che nei test che si eseguono quando un bambino viene alla luce aveva ottenuto 10 su 10. Non era mai stata in incubatrice e solo poche ore nella culla termica, giusto il tempo di controllarla prima che venisse dimessa insieme a me il terzo giorno di degenza. Il primo mese è proseguito tutto bene, cresceva normalmente, poi al secondo mese sono cominciate le prime problematiche.

Ci spieghi

Ha iniziato a mangiare sempre meno. Dapprima si pensava che avesse del reflusso ed è stata curata in vari modi ma senza beneficio: si erano verificati un rallentamento e un fermo della curva della crescita, così l’hanno ricoverata. Era emersa anche un’infezione alle vie urinarie e questo problema l’ha accompagnata per tutto l’anno di vita, probabilmente determinato da un’immaturità del sistema delle vie urinarie, che poi si è risolto. Man mano che cresceva, invece, i segni che il neuropsichiatra aveva notato diventavano sempre più evidenti.

Cioè?

Diversamente dagli altri bambini non riusciva a stare seduta, non allungava la mano per afferrare i giochini che le venivano posti e non seguiva con sufficiente attenzione i giochi e le persone che si ponevano davanti a lei. I medici parlavano di disattenzione visiva e ritardo psicomotorio: Arianna ha effettuato una serie di esami tra cui una risonanza magnetica che è risultata negativa e l’elettroencefalogramma che ha riscontrato una predisposizione all’epilessia, spesso uno dei sintomi della malattia. Poi alcuni test genetici hanno confermato la sindrome di Angelman.

Hanno capito rapidamente che si trattava di questa patologia?

Nella sfortuna siamo stati fortunati perchè il dottore che seguiva Arianna all’ospedale di Bergamo aveva discusso la tesi sulla sindrome di Angelman e quindi aveva una preparazione specifica sulla malattia. Inoltre alcuni aspetti fisici possono esserne un segnale: per esempio, Arianna ha la pelle molto chiara, gli occhi azzurri e i capelli biondissimi, mentre io e mio marito non siamo proprio così chiari. Sono tratti della malattia laddove il difetto genetico è per delezione (mutazione cromosomica, ndr).

Ha avuto altri casi in famiglia?

No, non è una malattia ereditaria. Abbiamo eseguito approfondimenti anche su di me, perché il difetto genetico riguarda la parte del cromosoma materno, ma sono stati negativi. È stata esclusa la familiarità, così come la possibilità di rischi procreativi per il fratellino: non ne è portatore.

Una volta ricevuta la diagnosi cosa avete fatto?

È stata dura ma per certi versi anche un sollievo: significava sapere cosa avesse la bambina e ci avrebbe permesso di smettere di interrogarci sul suo stato di salute o sottoporla a tantissimi esami. Il nostro terrore era che si trattasse di una malattia degenerativa e non è così. Ci ha rincuorato sapere che Arianna avrebbe vissuto, sarebbe potuta essere una bambina a suo modo felice e, in base alle conoscenze che si hanno su questa patologia, si sarebbe potuto aiutarla. Altro aspetto positivo è che, grazie a un farmaco, dopo un primo episodio non ha più avuto crisi epilettiche.

Quali sono le difficoltà maggiori?

Arianna al momento non cammina anche se confidiamo che prima o poi possa riuscirci: la maggior parte dei bambini Angelman lo fa, alcuni molto bene. Per mantenere la tonicità muscolare effettua fisioterapia due volte a settimana: l’aiuta a evitare l’ipotonicità che causerebbe altre problematiche come la scoliosi che insorge in molti casi. Inoltre ha un impaccio motorio: non è un impedimento fisico ma è il cervello che deve sviluppare la capacità di organizzare i movimenti. Gradualmente sta facendo progressi: tenendola per le manine riesce a camminare, non ha l’equilibrio per farlo da sola ma ha acquisito lo schema corretto del passo ed è fondamentale che apprenda bene per non avere problemi in futuro. Un’altra questione è il disturbo del sonno: quando la notte Arianna si sveglia fatica a riaddormentarsi e quindi diventa più difficile affrontare la giornata.

Arianna parla?

Alcuni bambini Angelman riescono a pronunciare qualche parola: Arianna per ora non parla, ma lavoriamo affinchè possa farsi comprendere bene e avere un ruolo attivo nella sua vita dando sostanza e consistenza a quello che vuole. In famiglia è molto comunicativa: quando sorride o si volta capiamo quello che vuole dirci. Ci aiuta la comunicazione aumentativa alternativa, che in parte prevede l’utilizzo di simboli e foto: ha un quaderno in cui sono raffigurati i cibi in modo che possa indicarci cosa vorrebbe mangiare, piuttosto che dei giochi per dirci con cosa vorrebbe giocare. Alcuni esperti ci hanno insegnato di parlarle in maniera lenta e semplice sapendo aspettare la sua risposta e dando importanza ai gesti e alla sua capacità comunicativa che va al di là delle parole. Non parla ma capisce: è difficile stabilire quanto, ma noi siamo convinti che comprenda molto. Le stiamo insegnando, però, che deve poter comunicare anche con gli altri: va alla scuola materna parrocchiale del nostro paese, Carobbio degli Angeli, che è una seconda famiglia e d’accordo con la direttrice, l’abbiamo iscritta alla sezione primavera in modo che possa svolgere le attività proposte al pari degli altri bambini. È un primo passo per farle capire che deve comunicare con gli altri esprimendo non solo i suoi bisogni ma anche i suoi desideri.

Nel tempo potrebbe riuscire a parlare?

Speriamo. Naturalmente sarebbe per me una grande gioia se riuscisse a chiamarmi mamma, ma antepongo cose più importanti per lei come pronunciare il nome di suo fratello o riuscire a esprimersi, anche a modo suo, perché questi bambini hanno gli stessi bisogni degli altri.

È fiduciosa per il futuro?

Siamo convinti che nella vita di Arianna arriverà una cura. La ricerca è fondamentale sull’Angelman ha raggiunto un livello molto alto e crediamo che porterà a una soluzione: il traguardo è la terapia genetica, che può migliorare la sua vita, sia per lei sia per suo fratello Filippo, che in futuro se ne prenderà cura. A chi si trova nella nostra situazione consiglio di credere nelle potenzialità di questi bambini e nell’amore che sanno regalare. Arianna è dolcissima, il suo fratellino e i bimbi della scuola materna l’adorano, sa farsi voler bene ed è molto sorridente.

Per concludere, che progetti ha per il futuro?

Innanzitutto seguire gli sviluppi della ricerca e continuare a impegnarci per far conoscere questa malattia affinchè si possa giungere a una cura. In questa direzione, ci sono vari progetti promossi dall’associazione Angelman onlus, che sosteniamo, e dalla Fondazione FROM, la Fondazione per la Ricerca Ospedale di Bergamo. Tra le iniziative che stanno finanziando c’è una borsa di studio per una ricercatrice e il registro nazionale della sindrome di Angelman, finalizzato a raccogliere quante più informazioni possibile su sintomi, terapie e quotidianità di chi ne è affetto. Iscrivere i propri figli al registro è un gesto di responsabilità: anche mettere a disposizione dei ricercatori i dati dei nostri bimbi è un modo per sostenere la ricerca. Oltre a questo, abbiamo un altro obiettivo importante.

Quale?

Continuare a lavorare per costruire una vita sociale attiva per Arianna, creare un gruppo che conosca la sua sindrome, ma la guardi per quello che è e non per quello che ha. Non c’è nulla da nascondere, lei è così ma anche di più: merita di giocare e divertirsi. I momenti difficili e la fatica ci sono, però bisogna avere la forza di andare oltre e siamo sempre alla ricerca di qualcosa per renderla felice. Dobbiamo farla vivere al meglio: come ogni bambino ha diritto a essere serena, giocare, avere amici, avere le sue preferenze, essere ascoltata e apprezzata per quello che è.

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