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Il dubbio

“Popewashing” o svolta epocale?

Pienamente politico è il senso del viaggio di Francesco, ben preparato dal lungo e silenzioso lavoro del vescovo Paul Hinder, vicario apostolico dell'Arabia meridionale.

Dietro i rutilanti grattacieli di Abu Dhabi e Dubai, dietro i brillantini a misura di Carrie Bradshaw e Flavio Briatore, si nasconde la realtà di una confederazione tribale di monarchie assolute di tipo neopatrimoniale, in cui cioè non si capiscono bene i confini tra il patrimonio dei prìncipi, il patrimonio delle città-stato e il patrimonio dei fondi sovrani in cui si concentra molta della ricchezza del mondo.

Dietro le vele, le palme, le piste di Formula uno, gli alberghi a sette stelle che servono per richiamare i turisti a tre stelle e mezzo, dietro insomma una patina di superficiale modernità e apparente cosmopolitismo, gli Emirati Arabi Uniti sono coinvolti militarmente e politicamente nei conflitti regionali del Medio Oriente, dalla Siria allo Yemen, non meno della vicina Arabia Saudita.

La visita di papa Francesco è allora solo una sorta di specchietto per le allodole, solo un ennesimo tentativo di accreditarsi come Paese “moderato” e “moderno” agli occhi dei governi occidentali un po’ allocchi?

Sì e no.

La dichiarazione congiunta tra il papa Francesco e lo shaykh Ahmad al-Tayeb, imām di al-Azhār, va certamente accolta con rispetto, pur con tutti i rilievi che possono essere fatti riguardo all’istituzione cairota. Saranno sempre benvenuti i messaggi che condannano la strumentalizzazione delle religioni per finalità violente. Al tempo stesso, va ricordato che i conflitti politici hanno cause politiche che necessitano di soluzioni politiche, non interreligiose.

Pienamente politico è in effetti il senso del viaggio di Francesco, ben preparato dal lungo e silenzioso lavoro del vescovo Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale.

Lontano dalle preoccupazioni ecclesiali in Europa e in America, la Chiesa cattolica nel Golfo solleva il problema della cittadinanza basata sull’eguaglianza di diritti e doveri e lo status delle persone migranti.

La ricerca accademica parla spesso di resistenza dei subalterni e dei “racconti nascosti” di cui scrive James Scott, spesso senza accorgersi che, da Beirut a Dubai, le parrocchie cattoliche sono il luogo in cui le persone migranti (indiane, filippine, africane) trovano gli spazi per esprimere la propria soggettività.

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