25 gennaio 2018
Sembra il cielo voglia tacere
Ma al contempo
Parlare attraverso i suoi colori spenti e tristi
Un linguaggio tragico e forse, triste
Era il 25 gennaio
Una mattina qualunque di lavoro, scuola, quotidianità
qualcosa andò storto, qualcosa si ruppe
un treno deragliato, i morti, i feriti.
Una catastrofe mentale, umana.
Piangono i cuori dei parenti delle vittime,
Di chi si è salvato e ha visto con i propri occhi la morte
sfiorandola, accarezzandola e con un po’, forse, di fortuna, fatalità
poterla mandare via, scacciarla,
dirle “ vattene, non è il momento.”
Le ultime telefonate alla persona più importante e poi niente
Vuoto, un cumulo di lamiere che si aggrovigliano, effetti personali sparsi, carrozze staccate, vite spezzate.
Un cumulo di lamiere, di quotidianità
diventano il mezzo del disastro, della paura.
Chi non ce l’ha fatta, chi lotta per la vita, chi fortunatamente si è ferito lievemente e chi ne esce illeso fisicamente ma segnato mentalmente, nell’anima.
Il cielo sembra voglia personificarsi, immedesimarsi in coloro che hanno subito e piangere, pensare, riflettere insieme a loro.
La pioggia prima fitta, leggera, poi pesante.
La visuale non nitida.
E di sottofondo un silenzio disarmante, genuflettente.
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