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Arte

Alla gamec

Le certezze svaniscono nelle mostre di Giaconia, Miliani e Zeneli

Fino al 24 febbraio alla Galleria d'arte moderna e contemporanea di Bergamo le ossessioni di tre artisti un po' folli

“Controllori che non controllano alcunché”, “controfigure di un teatro muto”, “sosia e replicanti”, “arcaici doppiatori e ventriloqui”. Ce le presenta così le sue creature Oscar Giaconia, come “entità preposte all’inganno e all’agguato” nel loro sporgersi o rapprendersi alle pareti in forme immaginifiche e ripugnanti che sembrano uscite da strane “fetes del fous” (mascherate dei folli) di medievale memoria.

Non c’è che dire, indifferenti non può lasciare la mostra appena inaugurata in Gamec e allestita allo Spazio Zero, trasformato per l’occasione in un ambiente totalmente immersivo, foderato con salpa – un derivato di fibre di cuoio – con effetto pelle che non consente allo sguardo di sfuggire all’atmosfera grottesca e claustrofobica costruita con meticolosa acribia dall’artista bergamasco.

A Giaconia piace giocare con le parole al limite del nonsense, del cortocircuito di suono, della disfunzione di senso. Filosofia, mitologia, psicanalisi e chissà cos’altro si addensano nell’immaginario linguistico e artistico dell’autore, che non a caso dà un titolo intraducibile alla mostra: “Hoysteria”, una fusione tra “osteria, ostrica e isteria, contenitori di varia natura capaci di accogliere un qualche tipo di ospite”, spiega Giaconia.

La sua è una “pittura della sensazione e non del senso”, è tutto un proliferare di immagini, tra ermetismo e alchimia, che però non intendono “narrare nulla” o “significare nulla”, bensì “sollecitare l’ambito psico-patologico” tra i poli inconciliabili di “trascendenza e immanenza”, di “organico e inorganico”, di “traduzione e intraducibilità”.

Al centro della sala campeggia un inquietante relitto, la mastodontica tassidermia di un tubo fognario, mentre il fondale scenico è la ricostruzione in legno di una bettola animata da perturbanti figuri assediati da esche e trappole che irretiscono e respingono l’osservatore. L’unica via di fuga è poco rassicurante e passa attraverso un video in 16 mm “Sexual clumsiness” che mostra i resti delle riprese della seduta di trucco prostetico cui l’artista si sottopone e che lui stesso definisce “un patchwork caleidoscopico di frattaglie, un atto performativo centrato sulla biopsia del dettaglio che vuol far pensare al materiale in quanto tale”.

In tanta profusione di effetti, in tale assemblage di materiali (silicone, vulcanite, nylon, gomma di neoprene, salpa, elastomeri…), in così dichiarata degenerazione di generi, poche certezze rimangono.

Tra slittamenti di senso e anomalie di forma, l’arte di Giaconia sconfina a ogni passo nella metamorfosi e nella messa in scena. Così come le sue performance, alle quali anche il pubblico potrà assistere sabato 23 febbraio in Gamec a Bergamo quando Vittorio Sodano, truccatore prostetico due volte nominato all’Oscar, trasformerà Giaconia all’interno della Spazio Zero della mostra.

Al primo piano Gamec sono allestiti invece in un’unica sala i video dell’artista Jacopo Miliani, nato a Firenze nel 1979, che è stato selezionato per l’undicesima edizione di Artists’ film international. Il tema di quest’anno è il gender e Miliani lo evoca con riferimenti colti e non privi di ironia, raccogliendo e rielaborando suggestioni pasoliniane e intersezioni underground. “Deserto” e “Teorema teorema teorema” riflettono in modo inedito sui temi del corpo, dell’identità e della relazione, intrecciando linguaggio verbale, visivo e sensoriale.

Nella sala proiezioni si assiste invece alla trilogia video “When Dreams Become Necessity” di Driant Zeneli, artista albanese classe 1983. Zeneli, che rappresenterà l’Albania alla Biennale di Venezia 2019, affida i suoi sogni all’utopia di gesti destinati al fallimento, come attraversare il sole viaggiando su una teleferica, toccare la luna nella notte in cui il satellite si trova alla minima distanza dalla terra, disegnare una nuvola volando in parapendio. Una interpretazione fresca e un po’ folle dell’idea di volo e di superamento degli umani limiti.

Le tre mostre sono curate da Sara Fumagalli e Valentina Gervasoni e sono aperte fino al 24 febbraio tutti i giorni, escluso il martedì, dalle 10 alle 18.

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