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La sentenza

Cinque ex consiglieri bergamaschi condannati per le spese pazze in Regione

Si tratta di Marcello Raimondi (Forza Italia), Carlo Saffioti (Forza Italia), Giosuè Frosio (Lega), Roberto Pedretti (Lega) ed Elisabetta Fatuzzo (Lista Pensionati).

Anche cinque ex consiglieri regionali bergamaschi sono stati condannati dal Tribunale di Milano nell’ambito del processo sulle spese pazze al Pirellone: si tratta di Marcello Raimondi (Forza Italia, 2 anni e 6 mesi), Carlo Saffioti (Forza Italia, 2 anni e 9 mesi), Giosuè Frosio (Lega, 2 anni e 3 mesi), Roberto Pedretti (Lega) ed Elisabetta Fatuzzo (Lista Pensionati, 1 anno e 10 mesi).

Sono stati condannati per peculato insieme ad altri 48 sotto processo mentre 5 degli imputati, Davide Boni, Romano Colozzi, Daniel Luca Ferrazzi, Carlo Maccari, Massimo Ponzoni, sono stati scagionati, per prescrizione (Davide Boni) o assoluzione.

L’inchiesta, conosciuta come Rimborsopoli, ha dunque portato alla condanna a due anni e sei mesi Renzo Bossi, figlio di Umberto Bossi, detto il Trota; a un anno e 8 mesi l’ex igienista dentale di Silvio Berlusconi Nicole Minetti; a un anno e 8 mesi Massimiliano Romeo, attuale capogruppo della Lega in Senato; a un anno e 6 mesi Angelo Ciocca, oggi eurodeputato del Carroccio. E poi Stefano Maullu, attualmente europarlamentare di Forza Italia, condannato a una pena di 1 anno e 6 mesi, e Alessandro Colucci, deputato del gruppo misto, condannato a 2 anni e 2 mesi. La pena più alta di 4 anni e 8 mesi per Stefano Galli, ex capogruppo della Lega in Regione.

La sentenza giunge due anni dopo la requisitoria del pm Paolo Filippini, che nel marzo 2017 chiese 56 condanne, con pene massime fino a 6 anni, e l’assoluzione dell’ex assessore Pdl Massimo Ponzoni. Secondo la ricostruzioni dell’accusa, ammonterebbero a 3 milioni di euro i fondi pubblici sperperati attraverso le spese pazze degli ex consiglieri lombardi. Tra i casi più eclatanti quello di Stefano Galli, accusato di essersi fatto rimborsare con soldi pubblici i 6 mila euro spesi per il banchetto di nozze della figlia.

“Se c’era un sistema, c’era certamente da 30 anni e loro lo hanno ereditato in buona fede – ha commentato l’avvocato Jacopo Pensa, legale di Massimiliano Romeo – Faremo appello noi puntiamo alla revisione delle condotte contestate perché per noi c’è la mancanza del dolo”.

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