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L'intervista

Don Davide Rota: “I poveri sono sempre di più, ma ai più poveri han tolto anche la dignità”

Tra i cittadini insigniti della benemerenza civica assegnata dal Comune di Bergamo c’è don Davide Rota, superiore del Patronato San Vincenzo: lo abbiamo intervistato per avere le sue impressioni sulla società di oggi.

Tra i cittadini insigniti della benemerenza civica assegnata dal Comune di Bergamo c’è don Davide Rota, superiore del Patronato San Vincenzo. Il riconoscimento, che viene consegnato oggi, venerdì 21 dicembre, lo premia per la sua vicinanza agli ultimi.
Lo abbiamo intervistato per avere le sue impressioni.

Chi sono i poveri oggi?

Quando parliamo di povertà sembra che oggi tutti siano poveri: i giovani perché sono giovani, gli anziani perchè sono anziani, i malati perchè sono malati. Attenzione, però: se siamo tutti poveri vuol dire che non lo è più nessuno. Il problema è che troppo facilmente ci qualifichiamo come poveri perché questo ci dà il permesso alla considerazione e alla compassione altrui. Sono convinto che oggi i poveri più poveri di tutti siano quelli che non solo non hanno i mezzi per vivere ma non hanno la stima e l’appoggio degli altri, sono considerati meno di niente e nessuno li vuole. Stamattina (mercoledì 19 dicembre, ndr), per esempio, una signora è entrata al patronato e mi ha riferito che le avevano detto “stai attenta perchè quello è un brutto posto”. Ma perché? Perché ci sono qui i neri, gli stranieri, gli emarginati? Ecco, il più povero dei poveri è la persona di cui tutti parlano male, non conta più nulla e nessuno lo vuole aiutare.

Quindi i poveri dei poveri sono i neri?

I neri ma non solo, ci sono anche tanti italiani. Sia per gli uni sia per gli altri il problema non è solo dare qualcosa da mangiare o un posto in cui trovare riparo, ma il restituire la dignità a chi non conta più niente, far vedere che sono esseri umani e non animali. Oggi chi vive in stazione o dorme per strada viene inquadrato come pericoloso, per cui non vale la pena di fare nulla.

Può essere uno spunto di riflessione in questo tempo natalizio

Tutta la vita di Cristo è stata costellata da rifiuti: gli scribi lo consideravano un indemoniato, gli altri un peccatore e alla fine è morto come un delinquente, ed era il figlio di Dio. In un certo senso è vero che siamo tutti poveri, oggi per esempio si tende a rappresentare i ragazzi come fragili, poveri e deboli, anche se sono molto più seguiti e curati che in passato. Quando ero giovane io non c’erano tutte queste attenzioni, ma nessuno di noi si riteneva povero: è un modo per giustificare tutto, invece ci sono precise responsabilità.

Cosa intende?

Chi ha di più in termini di mezzi deve rendere di più. Oggi chi non ha niente non ha nemmeno la dignità umana perché gliel’hanno calpestata e gli va ridata: ha bisogno di rispetto e considerazione prima ancora che di cibo, che va dato perché fa parte dei diritti umani. Le persone vanno trattate come esseri umani: mi stupisce che alcuni pensino che io sia colpevole di aiutarli… è incredibile ma oggi è più benemerito chi aiuta gli animali rispetto agli uomini e non è sopportabile. Non sto facendo altro che restituire la dignità a chi la possiede e l’ha perduta per colpa sua o perchè gliel’hanno tolta gli altri.

Eventi a Bergamo e provincia

Queste considerazioni valgono sia per i credenti sia per i non credenti?

Certamente, anche se per i credenti dovrebbe esserci un motivo in più perché l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e questa immagine non la perde mai, anche quando è degenerata dal peccato.

Gesù stesso si rivolgeva in primis ai peccatori

Gli altri non lo ascoltavano, come avviene anche oggi: i neri riesco a portarli in chiesa mentre i bianchi no, almeno i giovani. Ascoltano, pregano e coltivano la spiritualità più di noi. Prima di tutto, comunque, è importante che ci sia il rispetto delle persone, che viene prima dell’amore, perché non sempre chi ama rispetta.

E a cosa è dovuta secondo lei questa mancanza di rispetto?

La gente ha sempre avuto paura dei devianti, cioè di chi non rispetta le regole. Dopo i recenti attacchi terroristici è aumentata la paura della violenza e questo favorisce la chiusura verso l’altro. Nonostante tutto non dobbiamo mai smettere di dialogare con le persone perchè ognuna è portatrice della salvezza di Dio, perciò devo accoglierla, ma oggi si fatica ad accettarlo.

Oggi quindi è più difficile che in passato?

Si, perché prima eravamo più poveri e quindi i poveri ci facevano meno paura. Adesso siamo diventati ricchi e i poveri ci fanno paura perché ci ricordano quello che potremmo diventare anche noi: le cose possono cambiare e nessuno è sicuro. Inoltre, il diverso obbliga a rivedere se stessi, a fare un confronto e l’uomo di oggi non vuole farlo.

Lei ha vissuto anche esperienze missionarie in altri Paesi. Come è andata?

Sono stato in Bolivia per 14 anni: mi era stata assegnata una parrocchia che di fatto esisteva sulla carta ma in realtà non c’era nulla e sono partito da zero. Era l’82, la parrocchia aveva 60mila persone e me ne occupavo con un altro prete. Tutti erano battezzati ma poi non frequentavano la parrocchia. Non è stato facile ma pian piano abbiamo ottenuto risultati importanti. È stata un’esperienza feconda: quando semini solitamente raccogli. Non è come qui, anche se ora probabilmente la situazione è cambiata anche in Sudamerica.

Dopo questa esperienza il suo impegno per gli ultimi è proseguito

Ho fatto il parroco a Mozzo, dove abbiamo aperto un centro di ascolto e accolto tantissima gente. Poi è cominciato l’impegno al Patronato San Vincenzo e sono grato per tutto quello che mi hanno permesso di fare.

patronato

E quali problematiche ritiene più importanti?

Ce ne sono diverse. Il fatto è che la maggior parte delle persone ha individuato alcuni problemi che sicuramente ci sono – non nego che l’immigrazione comporti anche varie problematiche – però ne sta negando a se stessa altri che secondo me sono più grandi. Innanzitutto l’aumento del risentimento sociale, che dalla maggior parte degli analisti viene attributo alla crisi economica ma per me non è l’unica motivazione. È dovuto alla perdita di valori e di prospettive. La gente è arrabbiata ma non si sa bene con chi, sta cercando un capro espiatorio e non capisce che dovrebbe affrontare le cose in modo diverso.

In che senso?

Ci vuole più capacità di analisi e critica: molte cose nel mondo stanno cambiando ma c’è ancora motivo di credere nell’uomo. La politica ha cavalcato questa rabbia, la sta cavalcando in modo osceno, accentuandola e senza cercare di capire cosa ci sia alla base. C’è una grossa perdita di valori, di fede, speranza e fiducia nella vita.

Cosa comporta?

La vita dovrebbe essere un’opportunità, qualcosa di grande e bello, mentre oggi viene considerata quasi come una disgrazia. La gente è incapace di vedere il bene che ha a disposizione: se ci confrontassimo con altri Paesi ci accorgeremmo che siamo privilegiati. Un’altra problematica è la denatalità e il conseguente invecchiamento della popolazione: è gravissimo perché un popolo che invecchia non ha gran fiducia nel futuro. Non si vogliono far nascere i bambini perché non si crede più a questo mondo.

Per diventare genitori ci sono tanti problemi economici però

Sicuramente, ma anche in passato c’erano e non ostacolavano la nascita dei figli. La gente credeva che la vita fosse un’opportunità, il mondo un posto bello per vivere e dare la vita un grande dono. Oggi, invece, sembra che sia un dispetto, un atto di irresponsabilità e se la pensiamo così è finita. Aggiungo, poi, un altro problema: la chiusura in se stessi.

Cioè?

È l’incapacità di guardare oltre la propria persona e di vedere gli altri. Il mondo è diventato piccolo e con l’aereo si raggiungono luoghi lontani in poche ore: si va verso una mescolanza dei popoli e dobbiamo prenderne atto coraggiosamente. Mi colpisce che dopo la caduta del muro di Berlino se ne costruiscano altri dappertutto: in Israele, negli Stati Uniti e in Kosovo… mentre il muro di Berlino serviva per non far scappare le persone, oggi vengono edificati per non farle entrare. Al tempo stesso in occidente c’è il crollo della fede che teneva unita la gente.

E che conseguenze ha?
È un crollo che sarà rovinoso: se pensiamo di fondare la società del futuro sulla moneta non andiamo lontano, è un’illusione e non può risolvere i problemi. Nel vangelo c’è scritto che bisogna scegliere tra Dio e il denaro: se c’è uno non c’è l’altro e la politica purtroppo oggi è legata in larga parte a quest’ultimo.

La chiesa ha delle responsabilità?

La chiesa deve capire che nella situazione attuale non ha più nulla da perdere, ha già perso tutto quel che doveva perdere: masse, consenso, capacità di influire sulla politica e potere. Se non puntasse sui valori del vangelo si perderebbe completamente.

Ma c’è una chiesa troppo ricca?

Si, ma non parlo di soldi: il problema non sono gli edifici prestigiosi, è ricca di mentalità, ragiona come i ricchi e mi dispiace molto quando non vedo differenze nel modo di comportarsi tra i cristiani e i non cristiani verso i poveri.

Quali sono le persone che chiedono aiuto al patronato?

Gli italiani sono prevalentemente adulti, mentre gli stranieri sono tutti giovani. Molti sono minori e per aiutarli c’è don Fausto Resmini alla sede di Sorisole, mentre in città accogliamo i maggiorenni. In totale in queste due realtà stiamo ospitando oltre 300 persone, senza ricevere alcun sussidio.

È stata una vostra scelta?

Si, ci rivolgiamo agli ultimi. L’80% delle persone che ospitiamo sono in attesa di permesso di soggiorno, hanno perso ogni sussidio e si sono ritrovati per strada, mentre il restante 20% ha ricevuto il diniego e lo stiamo aiutando a trovare altre soluzioni come andare in altri Paesi o tornare a casa.

Per concludere, oggi riceverà la benemerenza cittadina: le fa piacere?

Alla mia età ho imparato a ricevere sia le medaglie sia le croci senza rifiutare ne le une né le altre.

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