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Il racconto

“Io, bergamasco a Madrid per River-Boca, la gran final decisa dagli dei” fotogallery

Angelo Galbiati, bergamasco tifoso del Boca, è volato a Madrid per assistere alla finale di Libertadores. Il risultato finale non gli ha regalato la gioia che si aspettava, ma al Bernabeu è stato uno spettacolo

Se davvero le sorti umane sono condizionate dalle forze del fato, che i popoli antichi chiamavano dei, queste entità misteriose non potevano di certo stare in tribuna ad osservare il superclasico più pazzo di sempre, e infatti si sono schierate in campo dandosi battaglia come non mai.

Il primo a metterci lo zampino è stato Giove Pluvio che ha fatto slittare la partita di andata di un giorno, poi gli spiriti degli antichi frombolieri si sono impossessati di un manipolo di teppisti che centrando in pieno il pullman del Boca Juniors all’arrivo al Monumental, e mandando cinque giocatori Xenies all’ospedale ha cambiato la storia della finale di Libertadores più lunga e roccambolesca di sempre.

Dopo alcuni giorni di annunci e ricorsi tra le due squadre finaliste e la Conmembol, gli dei del calcio hanno deciso che si giocasse nel loro stadio, a Madrid, nel celeberrimo Santiago Bernabeu che così avrebbe ospitato le finali di tutte le competizioni intercontinentali. Io che ero in un ristorante, in lunga attesa davanti a un maxischermo, durante i fatti del Monumental, essendo da sempre tifoso bochense ma sopratutto appassionato di calcio sudamericano, colgo la palla al balzo e alla notizia della scelta di Madrid, prenoto all’istante.

Alla vigilia della partenza mi trovo contro Efesto, che da buon fabbro facendo saltare la serratura della porta del Bancomat mi tiene serrato per tutta la notte, fino a che con un colpo d’ingegno degno d’Ulisse mi libero smontandola e finalmente posso partire per andare a vedere la partita del secolo. In tasca il biglietto acquistato sul sito della Conmembol in maniera surreale, tra captcha e apparizioni di posti liberi, sembrava di essere in un videogames sparatutto; un click veloce, un puntino verde nell’immenso stadio madrileno, ed il gioco è fatto, finalmente si parte.

La nostra Atalanta mossa a compassione per la mia passione, dà velocità a un viaggio aereo che arriva incredibilmente a Madrid con 25 minuti d’anticipo, forse gli aruspici l’avrebbero colto come un buon segno, ma io prevenuto per la notte precedente ero schierato con un tatticismo ultradifensivo, con doppio portafoglio, doppio cellulare con wallet biglietto stadio caricato, tutto doppio onde evitare intoppi, unico obiettivo entrare nel tempio del calcio e vedere il primo e forse unico superclasico della mia vita.

Madrid è talmente ampia e varia che l’atmosfera di questa finale totale si sente appena, come quei profumi leggeri che spesso si mischiano e si annullano in altri ben più forti; mi organizzo, mi informo per andare a vivere a pelle l’atmosfera da vigilia, e arrivo all’Hotel Mirasierra dove alloggia il Boca Juniors giungendo nel bel mezzo di un folcloristico e suggestivo Bandierazo, cori, bandiere, fumogeni per trasmettere calore e incitare la propria squadra del cuore, all’arrivo del pullman che riportava gli Xenies dal campo di allenamento Las Rozas, il delirio.

Il giorno dopo, domenica 9, è finalmente quello della finalissima, per tutta la notte del sabato i tifosi del River hanno cantato nella celebre piazza del Sol vicino al mio alloggio, non il massimo per me tifoso del Boca, anche se mi consolo pensando a un tifoso del River che ha preso una camera costosissima al Mirasierra pensando ci fosse la sua squadra e si è ritrovato il Boca, scherzo ancora del destino, forse. Mi incontro con il mio amico Camillo, arrivato da Ginevra e ci dirigiamo verso la fan zone del Boca collocata nella zona dei Ministerios. Anche qui il destino si è divertito molto collocando il River nei luoghi fortunati del Real Madrid a Valdebedasi e il Boca nei luoghi del più sfortunato e meno vincente Atletico, ma la fan zone è uno spettacolo, di colore e di cori che sono veri e propri inni, senza trascendere in alcun modo nel volgare, con delle storie cantate gli Xenies sfottono i rivali di sempre col celebre River ‘decime qui se siente aber jugado el Nacional’, dimmi come ci si sente aver giocato in serie B, e così via tra danze e pinte di birra che scorrevano a fiumi.

Ormai la partita era alle porte e decido di andare a fare un ultimo blitz all’Hotel per incoraggiare il Boca che saliva sul pullman direzione Bernabeu, dopodiché prendo la metro, arrivo allo stadio, supero i severissimi ed efficientissimi tre controlli della polizia madrilena ed entro per assistere alla ‘gran final’, finalmente si gioca.

Uno spettacolo, quasi settantamila persone divise in fazioni opposte che cantano ininterrottamente, incitando la propria squadra; gli dei del Bernabeu si divertono come matti, dando e togliendo, illudono il Boca facendolo andare in vantaggio, effimero, che poi piano piano si sgretola sotto una manovra orchestrata di un ottimo River, che gioca all’europea, con lanci precisi sulle fasce, molto pressing, e sovrapposizioni veloci per puntare verso la porta avversaria.

Il Boca è presto colpito, rimontato e affondato, questa volta dalla bravura avversaria e non dal teppismo; tutto lo stadio vicendevolmente applaude: gli dei si sono divertiti, noi anche…

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