Conservata in procura fino al termine del processo e poi bruciata in appositi inceneritori. Ecco la risposta alla domanda che molti si fanno, ossia che fine fa la droga sequestrata a spacciatori e narcotrafficanti dagli uomini delle forze dell’ordine. Come quella dell’operazione dei carabinieri di Treviglio che martedì 4 dicembre ha portato all’arresto di due magrebini a Castel Rozzone, trovati in possesso di sei chili di cocaina e quattro di hashish, che avrebbero reso al dettaglio oltre mezzo milione di euro.
Un iter meticoloso quello della sostanza stupefacente rinvenuta dalle forze di polizia. Una procedura blindata definita nell’ambiente militare “catena di custodia”. Innanzitutto l’intera operazione è filmata dalle telecamere e ogni passaggio riportato su un registro.
Dopo il ritrovamento, la droga viene sigillata in appositi contenitori. Arriva quindi in caserma dei carabinieri o alla centrale di polizia, ma ci rimane pochissimo. Solo qualche giorno. Subito dopo c’è il trasporto in procura e il deposito nell’ufficio dei corpi di reato. Lì viene conservata, sorvegliata dalla polizia giudiziaria, per tutta la durata delle indagini e del procedimento giudiziario ai danni degli spacciatori che la possedevano. Possono essere mesi in caso di rito abbreviato o immediato, ma anche anni per i processi con i tre gradi di giudizio.
Una volta che il giudice emette la sentenza, qualsiasi essa sia, condanna o assoluzione, la sostanza viene inviata a idonei inceneritori (come quelli utilizzati per i rifiuti speciali) e bruciata, alla presenza di un funzionario che vigila sull’operazione.
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