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Vita tra i banchi

Tra errori e situazioni nebulose: il Var visto da fuori

Riparte "Vita tra i banchi" la rubrica di BGY in collaborazione con i giornalini scolastici: oggi pubblichiamo un articolo da "L'Edoardo", il giornalino del Liceo Amaldi

Questo campionato di Serie A 2018/2019 è il secondo da quando è stato introdotto il Video Assistant Referee, meglio conosciuto come VAR.

Mentre l’anno scorso era chiaro a tutti che si trattava di una sperimentazione e, in quanto tale, soggetta ad errori più o meno gravi, in questa stagione tutti erano certi che si sarebbe deciso di utilizzare questo fondamentale strumento in ogni occasione consentita dal regolamento (convalida dei gol, rigori, espulsioni dirette, scambio di persona), convinti della bontà della tecnologia e sicuri di avere acquisito l’esperienza necessaria. E, in effetti, come si può sostenere il contrario? Nell’annata 2017/2018, dopo le prime (fisiologiche) incertezze e perdite di tempo, tutti gli addetti ai lavori – allenatori e giocatori in primis – hanno lodato l’assistente video. Non a caso, dopo le sperimentazioni in Serie A, Bundesliga, Fa Cup e Coppa di Lega inglese (oltre ad alcuni campionati minori come la MLS), si è decisi di introdurlo al mondiale di Russia dove ha riscosso un enorme successo. Da questa stagione, infatti, anche la Ligue 1 e la Liga hanno optato per il VAR, segno che i passi in avanti sono stati notevoli.

Quest’anno, però, giunti appena a novembre, già sono stati sollevati diversi polveroni in merito ad alcune decisioni arbitrali: proteste in campo e fuori, conferenze stampa infuocate, dichiarazioni al vetriolo, campagne social, dibattiti infiniti…Come è possibile tutto ciò? Per comprendere meglio da dove provengono queste lamentele nei confronti di uno strumento considerato imprescindibile fino al luglio scorso, bisogna tornare proprio a quel periodo: archiviato il Mondiale, durante il quale tutti si erano dimostrati a favore di questa tecnologia, l’IFAB (l’organo che gestisce e modifica il regolamento del gioco del calcio a livello internazionale) ha pensato bene di apportare significativi cambiamenti al protocollo di intervento dell’Assistente Video.

Tutto si riassume in una parola: “obvious”, cioè evidente; se prima il VAR poteva intervenire solo in caso di chiaro errore dell’arbitro, ecco che adesso si aggiunge l’aggettivo evidente (“clear and obvious error”). Sottigliezze lessicali, direte voi, ma non è così; la variazione del testo ufficiale del protocollo VAR a livello mondiale rende ancora più caotica una situazione già nebulosa di suo: quale errore dell’arbitro è chiaro? E quale è chiaro ed evidente? Chi lo stabilisce? Da questo genere di domande scaturisce la confusione di chiunque segua una partita di calcio oggi.

Tale modifica di regolamento deriva da un completo cambio di prospettiva: l’arbitro ha ora pieno potere e l’ultima parola rimane sempre a lui, eliminando la on-field review (la visione dell’episodio a bordo campo) e limitando i contatti via auricolare tra direttore di gara e sala VAR. Va da sé che, come in qualunque situazione della vita, chi ha potere decisionale ci penserà mille volte prima di ammettere un suo chiaro ed evidente errore davanti a migliaia di persone allo stadio e milioni di telespettatori. In ogni caso, questo cambiamento è avvenuto perché, a detta di chi è a favore di tale modifica, con il regolamento precedente l’arbitro era succube del collega al VAR. C’è un problema, però: fino ai mondiali il successo del Video Assistant Referee è stato formidabile e, con le attuali modifiche, sono nuovamente aumentate le lamentele.

Poiché l’IFAB dovrebbe pensare di ridurre le polemiche nel calcio (che è lo sport con il maggior numero di proteste verso le decisioni arbitrali) anziché aumentarle, farebbe bene a tornare sui propri passi. Fermo restando che l’equità assoluta non si raggiungerà mai, se per limare le disparità di giudizio è necessario “togliere” parte del potere all’arbitro in campo per darlo ad altri giudici davanti a uno schermo, non si capisce dove sia il problema: o forse la personalità ingombrante di qualche direttore di gara che vuole fare di testa sua vale più della giustizia?

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