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La storia

“Cosa insegna il Cammino di Santiago? Che si è felici con 8 kg sulle spalle” fotogallery

Mattia Cavagna, ragazzo di San Pellegrino Terme, racconta la sua avventura trascorsa percorrendo il Cammino di Santiago, tra spirito di adattamento, nuove amicizie ed un nuovo punto di partenza, per vedere ciò che ci circonda con occhi nuovi.

“Al rientro a casa, vedi tutto con occhi diversi, perché capisci che si può essere felici solo con 8 chili sulle spalle”. L’importanza dell’essenziale è il dono del Cammino di Santiago, affrontato da Mattia Cavagna, 29 anni, di San Pellegrino che, tra curiosità e timore, ha deciso di intraprendere questo viaggio.

Come è nata l’idea di affrontare questa avventura?
L’idea di intraprendere il Cammino l’ho avuta lo scorso anno, dopo che avevo sentito l’esperienza di un cliente sul lavoro: affrontare un percorso di questo tipo mi affascinava, quindi ho cominciato ad informarmi. Avendo poi una decina di giorni di ferie, ho deciso di provare. L’11 settembre 2017 ho preso da solo il volo Bergamo-Lourdes per iniziare questa avventura. Ho deciso di affrontarne solo una parte, perché era il primo viaggio che affrontavo in solitaria ed anche perché, per concluderlo, mi ci sarebbero voluti almeno una trentina di giorni. Sapevo che non l’avrei fatto completamente da solo, ma le paure di intraprendere un viaggio di questo tipo c’erano comunque: sentivo però in me la voglia di provare un’esperienza diversa dal solito.
Ho fatto il cosiddetto “Cammino francese”, lungo circa 775 km, partendo da Saint-Jean-Pied-de-Port e raggiungendo Burgos in dieci giorni, percorrendo circa 290 km. Per questioni di tempo non sono riuscito a finirlo, ma quest’anno, avendo avuto l’occasione e più tempo a disposizione, sono ripartito da Burgos per arrivare fino a Santiago di Compostela: ho percorso 490 km dal 5 al 24 settembre. La casualità ha voluto che quest’ultimo sia stato lo stesso giorno in cui mi sono fermato lo scorso anno: sono riuscito, in un anno esatto, a concludere tutto il Cammino, a completare la credenziale (documento che riporta i timbri che certificano le tappe effettuate) ed a ottenere la Compostela, che attesta il viaggio compiuto.

Cosa ti ha spinto a fare il Cammino?
Prima di tutto, volevo fare qualcosa per me stesso. Durante il Cammino, poi, sapevo che avrei potuto conoscere altra gente proveniente da tutto il mondo, quindi nuove culture, oltre al fatto di perfezionare la conoscenza delle lingue straniere. Ho conosciuto diverse persone, anche di nazionalità differenti, con le quali sono rimasto in contatto e che mi hanno permesso di visitare altri luoghi del mondo (per esempio, sono andato in Canada a trovare un amico conosciuto proprio sul Cammino). Ho visto persone diventare amiche senza conoscere una parola delle rispettive lingue.

Hai trovato qualche difficoltà nell’intraprenderlo?
Anche se sono partito da solo, sapevo già che non avrei affrontato tutto il cammino in solitaria. Il percorso è ben segnalato, anche se nel periodo in cui l’ho affrontato si incontra molta gente, di tutte le età (il periodo ideale va da maggio a settembre) ed è impossibile perdersi: ormai è quasi una moda. Per quanto riguarda l’allenamento, non serve nulla di particolare, anche perché spesso è il fisico stesso che si abitua durante il Cammino, senza considerare che ogni 5 km è presente un posto in cui poter riposare (gli ostelli, dai 5 a 7 euro a notte, si possono comodamente prenotare al momento). L’importante è non strafare, ma imparare a “sentire” le esigenze del proprio corpo, sia perché il fisico ne risente, sia perché si rischia di perdere il senso e lo spirito con cui affrontare il Cammino. Si dorme (sempre per poche ore) in genere in camerate molto grandi, minimo da 8 persone, ma anche con 90 posti-letto. L’esperienza in sé non è molto costosa, ma dipende in ogni caso dal modo con cui la si affronta.

Come si prepara lo zaino?
Calcolando lo sforzo prolungato, deve pesare dai 5 agli 8 kg, non di più. Importanti sono le borracce, almeno un paio, e i cambi: ideale è l’abbigliamento tecnico, con k-way e scarpe da trekking. Per non partire troppo carichi, bisogna ricordare che molte cose è possibile acquistarle sul posto, come i medicinali. A volte, poi, basta chiedere ai propri compagni d’avventura: tutti i pellegrini sono molto disponibili e disposti a dare una mano. Gli elementi indispensabili da portare con sé sono però lo spirito di adattamento e la voglia di avventura.

Qual è stato il momento più difficile?
Per quanto riguarda lo scorso anno, è stato quando ho dovuto separarmi dal gruppo, perché si era legato un legame quasi fraterno. Quest’anno, invece, il momento più duro è stato nelle Mesetas tra Burgos e Leon: quasi 200 km di pianura affrontati sotto il sole. È un segmento difficile da percorrere, soprattutto da un punto di vista mentale, ma nello stesso tempo ti dà modo di riflettere e di capire il proprio corpo. Un momento difficile, ma anche il più emozionante, è poi l’arrivo alla Cattedrale di Santiago di Compostela (in questo momento chiusa per ristrutturazione, dovrebbe essere riaperta per il 2021, il prossimo anno santo giacobeo). Arrivati in piazza, dopo aver affrontato un cammino così lungo, la carica emotiva è forte, perché si ripensa al mese trascorso sul cammino, tra diverse sofferenze ma anche con le amicizie nate sul percorso. È un momento indescrivibile.

La storia più particolare che hai incontrato?
Quest’anno ho conosciuto un uomo di Milano, con una grave malattia, che ha affrontato l’intero Cammino da solo, per fede. Non ha mai parlato della sua malattia nello specifico, ma è stato toccante quando, durante l’arrivo in piazza, si è inginocchiato ed è scoppiato a piangere. Per lui è stato uno sforzo ancora più grande, non credeva di poter arrivare fino a Santiago.

Una curiosità in cui ti sei imbattuto?
L’anno scorso ho conosciuto un ragazzo brasiliano che ha affrontato il Cammino con due zaini. I primi giorni in particolare, dove attraversi i Pirenei, le strade hanno molti saliscendi e questo ragazzo, in pratica, non vedeva dove stava camminando. Come detto prima, la preparazione del bagaglio è molto importante quando si affrontano viaggi di questo tipo.

Perché, secondo te, si affronta il Cammino di Santiago?
Il Cammino si affronta per vari motivi: per allenamento, per motivi religiosi, anche per conoscere nuove persone, anche semplicemente per se stessi. Una volta in cammino, si rimane come in una bolla, dove tutti i problemi del mondo esterno non contano più nulla. Si è talmente presi dal viaggio e da se stessi, che non importa ciò che succede all’esterno. Al rientro, poi, vedi tutto con occhi molto diversi, perché capisci qual è la vera felicità. Alla fine, si è felici solo con 8 kg sulle spalle.
Capisci come siamo fortunati, abbiamo tutto, anche molte cose superflue ed altre che diamo per scontate. Quando affronti questi viaggi, capisci veramente cos’è l’essenziale. È difficile mantenere questo modo di pensare nel nostro mondo, ma alla fine è quello che conta. Guardi il mondo con occhi diversi, più attenti, capisci veramente cos’è importante. Nel cammino, tu non hai nulla: conosci la gente per quello che è, e non per quello che ha. La conosci profondamente, perché, se è lì, probabilmente ha una storia simile alla tua. Ha una mentalità aperta alla conoscenza ed alla condivisione. Ha voglia di mettersi in gioco, ma anche di confrontare la propria esperienza personale con quella di altre persone. Con una persona che non conosci, paradossalmente, ti mostri per quello che sei, riesce a darti consigli anche sulla tua vita personale, non facendosi condizionare da esperienze pregresse. Avevo letto che “il Cammino non è il punto di arrivo, ma è il punto di partenza”: è proprio il punto di partenza che ti permette di vedere con occhi nuovi tutto ciò che ti circonda.

Il Cammino, in un certo senso, ti cambia?
La difficoltà è mantenere un certo tipo di mentalità una volta tornato alla vita di tutti i giorni, alle comodità di sempre. Capisci però la semplicità delle cose ed apprezzi ancora di più quello che tu hai, l’importanza di essere in salute, di essere felici prima di tutto con se stessi, una felicità che si trasmette anche alle persone che ti stanno attorno. Si è felici anche perché il Cammino riesce a mostrare la caparbietà che ognuno ha dentro di sé, la forza che spinge a superare anche i dolori del corpo.

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