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Giovedì sera

Gli Ottocento incantano il Druso, una garanzia nel segno di De Andrè

Ogni loro concerto suona come un ritrovo tra amici di vecchia data. Hotel Supramonte il momento più emozionante

Ogni concerto degli Ottocento, storica band tributo a Fabrizio De Andrè, è come un ritrovo tra amici di vecchia data. Quel genere di amici che sanno sempre regalarti una serata indimenticabile. Questi sono gli Ottocento che da quasi vent’anni calcano i palchi live, a volte nella classica formazione, altre volte accompagnati da un’intera orchestra sinfonica. Il risultato è sempre lo stesso: un momento di musica di alta qualità, testimoniato dal continuo affetto che il pubblico continua a riservagli. Gli Ottocento sono e rimangono una garanzia in questo ambito e lo hanno dimostrato, ancora una volta, nella serata di giovedì 8 novembre al Druso, locale simbolo della buona musica dal vivo.

Nella loro carriera ventennale, Marco Pesenti (voce), Fernando Tovo (chitarre varie, mandolino e Bouzouki), Luigi Angelo Suardi (piano Elettrico e tastiere), Andrea Gustinetti (basso) e Vincenzo Albini (violino), i sei musicisti hanno avuto modo di studiare a fondo la letteratura deandreiana, uniti da un minimo comune denominatore: un legame di amicizia nato attorno al cantare poetico di Fabrizio De Andrè.

La serata si è aperta con Princesa, primo brano dell’album “Anime Salve”, scritto a quattro mani da Faber e Ivano Fossati. Una scelta approvata a pieno dal pubblico in sala. Marco Pesenti, voce del gruppo, ha saputo interpretare al meglio il brano di non facile esecuzione, bravura confermata in Hotel Supramonte, la cui esecuzione è stato il momento più emozionante dell’intero concerto. Il cantante, con la sua voce calda e profonda, ha incantato il pubblico che ha smesso di cantare e ballare per ascoltare e gustare la canzone della donna in fiamme.

Due ore di musica che hanno ripercorso le tappe fondamentali dell’immortale lasciato artistico del grande cantautore genovese, dai brani più ricercati ai più celebri “Volta la Carta”, “Il Pescatore”, “Bocca di Rosa”, “Quello che non ho”, in cui abbiamo potuto assistere ad uno scenografico assolo rock della chitarra di Fernando Tovo.

Il bis di chiusura ha coronato il successo della serata, la band ha scelto di salutare il pubblico con “Zirichiltaggia”, canzone in dialetto sardo, caratterizzata dal difficile e travolgente assolo di violino. Gli Ottocento, amici fidati di vecchia data, sono una conferma, lo hanno dimostrato ancora una volta.

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