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Il monito

Centenario della fine della Grande Guerra: “Viviamo attivamente i festeggiamenti”

Il presidente dell'Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al valor militare - Federazione provinciale di Bergamo, Vito Mirabella invita a essere consapevoli del significato di questa ricorrenza.

Il 4 novembre 1918 si concluse la Grande Guerra, un evento del quale, fra poche ore, ricorrerà il Centenario e che ha segnato in modo profondo l’inizio del novecento e la storia italiana.

In occasione di questo importante anniversario, il presidente dell’Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al valor militare – Federazione provinciale di Bergamo, Vito Mirabella invita a essere consapevoli del significato di questa ricorrenza e a viverla attivamente. In una nota scrive: “Il completamento dell’epopea risorgimentale avvenne durante la Grande Guerra, con il sacrificio di più di una generazione (più di quattromilioniduecentomila uomini) che combattè sulle Alpi o nelle trincee del Carso, lungo l’Isonzo e sul Piave, ma anche in Albania, Macedonia, Francia e Palestina. Con le nostre truppe a Trento e a Trieste i nostri progenitori ritennero completato il processo di unità nazionale, grazie al raggiungimento dei confini naturali e alla definitiva sconfitta dell’Impero asburgico, tradizionale nemico dei nostri ideali nazionali”.
In quei drammatici anni si radicò un profondo senso di appartenenza alla nazione. Mirabella prosegue: “La guerra produsse tra gli italiani un’unificazione non più semplicemente amministrativa e politica, ma reale, effettiva, di popolo, un sentimento di unità nazionale e patriottismo dato dal comune sacrificio, dal comune continuo e vicino rischio di morire, dalla convivenza nelle trincee di italiani di tutte le regioni, dalla vita in comune nel fango, nella neve o negli angusti spazi delle navi o degli aeroplani. Per la prima volta milioni di italiani si trovarono a condividere un’esperienza comune ed uno stesso obiettivo. Il sacrificio collettivo portò alla vittoria, pagata con l’altissimo prezzo di quasi 700mila vite, e non c’è paese in Italia che non commemori tale sacrificio con un monumento ai Caduti. In quella vittoriosa giornata di cento anni fa, si completò il processo dell’unificazione italiana, come traguardo di un lungo e travagliato percorso, raggiunto con uno sforzo collettivo che mai prima il nostro Paese aveva compiuto: un moto di sensi e coscienze che coinvolse l’intera popolazione e la rese consapevole di formare un unico popolo. Commemorare il 4 novembre, giorno centenario della vittoria, giorno dell’unità nazionale e Giornata delle Forze Armate significa dedicare la giusta, dovuta attenzione ad un evento di portata nazionale, non solo celebrativo, ma dal forte carattere storico-culturale; esso deve servire a trasmettere e mantenere viva nelle nuove generazioni una coscienza collettiva sulle radici e sull’identità nazionale. Perché durante tale ricorrenza è giusto rievocare e onorare la memoria di tutti coloro che hanno sacrificato, nel tempo, il bene supremo della vita per l’Italia. Ma tale rievocazione rappresenta anche un’opportunità per ripercorrere, le tante straordinarie prove di coraggio, virtù militare, civiltà e di volontà di rinascita, di cui la nostra Nazione si è resa protagonista e le cui testimonianze concrete sono rappresentate dalle ricompense al Valore Militare assegnate a Combattenti e a civili, delle quali il Nastro Azzurro è sentinella, sicuro custode e divulgatore.
Le forze armate sono state “parte attiva”, nell’aver reso partecipi gli italiani, di questa importante consapevolezza”.
Quindi, il presidente conclude: “È con questo spirito che, con un impegno serio – coerente con il momento complesso e delicato per il Paese – tutte le realtà socio-culturali, associative ed economiche, le strutture pubbliche e private, tutti i cittadini devono, esponendo il tricolore nazionale, vivere attivamente i festeggiamenti e anche le occasioni d’incontro fra la popolazione e i “concittadini in uniforme” delle Forze Armate che, come è tradizione, si aprono ai contesti locali che le ospitano, per diventare “punto di riferimento per il territorio e le sue genti favorendo, così, l’unione d’intenti fra Istituzioni, comunità e forze vive della nazione”.

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