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L'asta della discordia

Chiesa ai musulmani, ortodossi ‘a piedi’: “Ma da qui non ce ne andiamo”

Padre Gheorghe: "Chiederemo un parere legale, anche la Diocesi è preoccupata". L'assessore Angeloni: "Troveremo loro un posto in città"

“E ora dove andiamo a pregare?”. È la domanda che si pongono i circa 2mila fedeli della comunità ortodossa romena. Giovedì 25 ottobre la cappella degli ex ospedali Riuniti – dove si riunivano dall’agosto 2015 – è stata venduta all’Associazione Musulmani di Bergamo, che ha offerto un rialzo dell’8 per cento sulla base d’asta fissata a 418.700 euro (la comunità ortodossa non si è spinta oltre il 6 per cento). Le buste sono state aperte alle 9,30 negli uffici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, che insieme a Regione Lombardia ha indetto la gara.

La notizia, riportata da Bergamonews (leggi qui), ha sollevato un vero e proprio caso politico. La Regione, che controlla l’azienda ospedaliera, nel 2015 ha approvato una legge ribattezzata “anti moschee”. L’obiettivo è mettere paletti sull’apertura di nuovi luoghi di culto. C’è però un dettaglio: l’edificio in questione lo è già.

In mezzo al botta e risposta tra centrosinistra e centrodestra, chi nella vicenda rischia di passare in secondo piano sono proprio i 2mila fedeli ortodossi, che in quella chiesa hanno celebrato per tre anni le loro funzioni. Prima erano di casa a Longuelo, ma dopo quasi quattordici anni l’inizio dei lavori di ristrutturazione della chiesa li aveva costretti a traslocare.

“Troveremo loro un posto nuovo – assicura l’assessore del Comune di Bergamo, Giacomo Angeloni -. Stiamo valutando tre ipotesi, tutte in città”. Quali, al momento, non è dato sapersi, ma è già stato chiesto un incontro con don Patrizio Rota Scalabrini, responsabile dialogo ecumenico della Diocesi di Bergamo, e Padre Gheorghe Velescu, guida della comunità ortodossa che usufruisce dell’immobile in comodato d’uso gratuito: “Resisteremo fino all’ultimo e non ce ne andremo tanto facilmente – le sue parole -. Chiederemo ai nostri legali di verificare che tutto si sia svolto correttamente e contiamo nell’aiuto della Diocesi che si è detta molto dispiaciuta e preoccupata per la nostra situazione”.

Il contratto della comunità scade il 30 giugno, con possibilità di rescissione anticipatan. Un’eventualità che padre Gheorghe, al momento, non sembra nemmeno volere prendere in considerazione.

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