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A scuola

Fame e migrazione forzata: Al Vittorio Emanuele la storia dei paesi più poveri del mondo

Ospiti Lylen Albani del Cesvi e Giampaolo Musumeci, giornalista di Radio 24

Siamo lontani da un mondo senza malnutrizione, senza arresto della crescita, deperimento e la mortalità infantile, nonostante l’Indice Globale della Fame 2018 registra un calo rispetto al 2009 (20,9 a fronte dei 29,2 degli anni passati).

Sono ancora molti i paesi (51) che si trovano in uno stato di estrema povertà, situati nella parte meridionale dell’Africa e a sud del Sahara. La loro storia, fatta di guerra, di lavoro e di migrazioni forzate è anche la nostra storia.

I ragazzi dell’Istituto Tecnico Commerciale e Turistico Statale Vittorio Emanuele II hanno avuto la possibilità, nella tarda mattinata di venerdì 19 ottobre, di ospitare Lylen Albani del Cesvi e Giampaolo Musumeci, giornalista di Radio 24, ascoltando e apprendendo dagli esperti i nuovi dati sulla fame e la migrazione forzata dei paesi più poveri del mondo.

“Parliamo di 68,5 milioni di individui in fuga da paesi spesso mal governati – spiega il sindaco di Bergamo Giorgio Gori agli studenti, introducendo il dibattito – cercando di sopravvivere come rifugiati”.

Sebbene parte di loro giungono in Italia, la consapevolezza degli italiani sulla condizione e il numero dei rifugiati è alquanto alterata. Molti ragazzi, dopo aver guardato il video girato da Cesvi in Uganda, paese martoriato da una guerra durata 20 anni, non avevano idea della reale vita dei rifugiati, seviziati, violentati prima di lasciare la propria terra.

“L’Italia è un paese di migranti ed è una terra che internamente subisce emigrazioni – le parole di Lylen Albani del Cesvi – questo dovrebbe renderci più sensibili”. Ma la fame, condizione precipua della migrazione forzata, è generata spesso l’instabilità dei conflitti, da cui si sviluppa malnutrizione e malattie che rendono estremamente vulnerabile la popolazione infantile. In Burundi si stima che circa 1,67 milioni di congolesi delle zone rurali si sono ritrovati di fronte a una grave insicurezza alimentare nel 2017. Nello stesso anno ci sono stati 4,5 milioni di sfollati interni oltre 700.000 rifugiati nei paesi vicini.

Si, perchè chi fugge da una situazione cerca rifugio in paesi vicini alle loro terre natie, perchè ognuno sogna di tornare prima o poi a casa. La Siria, che conta 10 milioni di rifugiati, cerca riparo nella vicina Turchia e “quando nel 2015 un milione di siriani giunsero in Europa – racconta Musumeci – che conta 500 milioni di abitanti si urlò all’invasione. Come se in questa stanza piena di ragazzi entrassero un gomito o una caviglia di un siriano e urlassimo invasione!”

I dati, benché scientifici, raccontano di persone che non sono numeri: l’Africa a Sud del Sahara con l’instabilità politica, condizioni climatiche avverse e conflitti prolungati, ha un tasso di denutrizione pari oggi al 22%, collocandosi tra le regioni a più alto livello mondiale. Zimbabwe, Somalia e Repubblica Centroafricana hanno i tassi più elevati di denutrizione, che vanno dal 46,6% al 61,8%. Inoltre i 10 paesi al mondo con il più alto tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni si trovano tutti in Africa a sud del Sahara, tra i più gravi Somalia (13,3%) Ciad (12,7%) e Repubblica Centrafricana (12,4%).

Dai racconti di Musumeci, in Uganda a cambiare le sorti del paese ci sono le donne, che detengono la forza lavoro del 90%, che arano a mano i campi, cercando di ricostruire con le loro mani il futuro del loro paese.

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