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Psicocibina e non solo: viaggio fra gli effetti terapeutici delle sostanze psichedeliche

A illustrare le nuove scoperte nell’ambito delle sostanze psichedeliche è stato Matthew Wayne Johnson, ricercatore presso la Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora

Parlare di LSD e più in generale di sostanze psichedeliche non può che riportare la mente alla conclusione degli anni ’60, all’epoca della contestazione giovanile e dell’uso di questi prodotti allo scopo di raggiungere esperienze ai limiti della realta’.

Erano quelli che gli esperti definirono gli “anni bui” delle sostanze psichedeliche, gli anni in cui l’uso inappropriato degli psichedelici aveva portato allo stop della ricerca riguardante un loro possibile impiego in campo clinico e psichiatrico, un periodo che, grazie ad alcune scoperte, ha visto la propria conclusione a partire dalla seconda metà degli Anni Duemila quando hanno preso il via anche le ricerche di Matthew Wayne Johnson, psichiatra presso la John Hopkins University School of Medicine di Baltimora.

L’esperto, ospite di BergamoScienza nella serata di lunedì 15 ottobre, ha illustrato alcuni dei propri studi riguardanti la psicocibina e gli effetti che la sostanza, presente in circa 100 specie di funghi, può avere su disturbi psichici come nel caso della depressione presente in pazienti affetti da tumore: “ Abbiamo notato in una ricerca del 2016 come la somministrazione di due dosi di psicocibina (una consistente e una minima) a distanza di cinque settimane possa ridurre notevolmente la presenza della depressione anche a sei mesi di distanza, con alcuni casi dove addirittura può anche scomparire – spiega Johnson -. Oltre a ciò abbiamo avuto modo di notare come la somministrazione di psicocibina possa portare ad un’apertura della personalità del paziente nel quale nei mesi successivi è possibile anche notare un miglioramento dello stile di vita”.

La somministrazione della sostanza, avvenuta durante le ricerche sempre all’interno di strutture ospedaliere e sotto stretto controllo medico, ha permesso agli esperti di scoprire quali effetti possa avere la psicocibina su forme di dipendenza come quella da nicotina: “Le sedute in cui lo psicodelico viene somministrato, avvengono sì in stanze ospedaliere, tuttavia molto simili a quelle di una normale casa. Durante il trattamento il paziente viene fatto stendere generalmente su di un divano e posto in condizione tale da potersi concentrare al meglio su se stesso mentre viene comunque seguito durante tutta la giornata da due professionisti, i quali lo preparano in precedenza alla seduta – prosegue Johnson – Fra i vari effetti positivi della psicocibina abbiamo riscontrato la capacità di bloccare la dipendenza da nicotina, con circa l’80 % dei pazienti che dopo due somministrazioni non ha più ripreso a fumare”.

Nonostante gli effetti positivi della sostanza, l’utilizzo di psicocibina può comportare anche alcuni effetti collaterali, come sottolinea il medico americano: “A differenza di altre sostanze stupefacenti, la psicocibina come gli altri psicodelici non creano dipendenza, tuttavia nel periodo in cui si è sotto effetto si può incorrere in sensazioni di panico, paura di impazzire oppure sensazione di morte. Si tratta di quelli che noi definiamo ‘bad trip’ (brutto viaggio) che, con l’ausilio di un professionista può esser affrontato tranquillamente e divenire, a detta dei pazienti, un’esperienza utile per la propria vita. Oltre a tutto ciò coloro i pazienti possono andare incontro a flash – back, dove riscontrano effetti di revinescienza, mentre durante il trattamento hanno la possibilità di vivere un’esperienza mistica attraversa un effetto di trascendenza spazio temporale”.

In conclusione, per aver conferma dei risultati occorreranno nei prossimi anni ulteriori ricerche, nonostante ciò l’esperto è ottimista in merito: “I costi per la somministrazione ad ora sono elevati, tuttavia bisogna tener conto che siamo cura in fase di studio. Se i risultati verranno confermati, ci potrebbero esser investimenti su questa pratica”.

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