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Da roma

Bossetti, la Cassazione conferma l’ergastolo: è lui l’assassino di Yara

La sentenza, l'ultima, è arrivata nella tarda serata di venerdì 12 ottobre

È stato Massimo Bossetti a uccidere Yara Gambirasio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione di Roma presieduta dal giudice Adriano Iasillo, che ha condannato definitivamente all’ergastolo il carpentiere di Mapello, assente in Aula, per l’omicidio con l’aggravante della crudeltà della tredicenne di Brembate.

Confermata anche l’assoluzione dall’accusa di calunnia, per aver indicato in un interrogatorio, il collega Massimo Maggioni come autore del delitto.

La sentenza è arrivata nella serata di venerdì 12 ottobre, dopo una lunga camera di consiglio.

L’ultima battaglia tra difesa e accusa era iniziata poco prima di mezzogiorno, con il ricorso degli avvocati della difesa, Claudio Salvagni e Paolo Camporini. Seicento pagine, articolate in 23 punti, per ribadire l’innocenza di Bossetti e chiedere un nuovo processo.

Criticati tutti gli elementi dell’indagine che il 16 giugno 2014 ha portato in carcere il muratore. In primis la prova regina, il dna di Bossetti ritrovato su slip e leggings di Yara: “Chiediamo per l’ennesima volta una nuova perizia – le parole di Salvagni e Camporini – , perché riteniamo erronea e incompleta quella effettuata. Non capiamo ad esempio perché in fase di indagine sia stato utilizzato tutto il materiale a disposizione. I kit adoperati, poi, erano scaduti. Infine, ricordiamo che è stato trovato solo dna di tipo nucleare e non di tipo mitocondriale, quindi la prova è incompleta. Non escludiamo, infine, una possibile contaminazione. E in ogni caso, non basterebbe a indicare il nostro assistito come colpevole”.

Una relazione controbattuta dal procuratore generale Mariella De Masellis, che ha elogiato la procura di Bergamo per “il lavoro di altissimo livello svolto al fine di risolvere un caso di un omicidio efferato che sembrava impossibile. Il colpevole è senza dubbio Bossetti, ha lasciato morire la ragazzina in quel campo. A inchiodarlo non solo il dna nucleare, l’unico utilizzato in qualsiasi indagine, ma anche altri elementi come le celle telefoniche e le fibre dei sedili del suo furgone”.

“Abbiamo seguito il caso fin dall’inizio e anche quando si brancolava nel buio la procura non ha mai smesso di crederci”, la replica di Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, legali della famiglia Gambirasio. “Ai tempi nessuno conosceva Bossetti, quindi escludiamo qualsiasi contaminazione per incastrarlo”.

Le ultime parole, in serata, sono quelle del giudice che legge il dispositivo e sancisce il carcere a vita per Bossetti dichiarando inammissibile il ricorso dei suoi avvocati.

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