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Il video

Genova, il progetto dell’architetto bergamasco: “Il mio ponte da vivere, abitare, percorrere” fotogallery

L'architetto Stefano Giavazzi lo illustra su Youtube e spiega: "Dopo la tragedia il nostro studio si è sentito in obbligo di elaborare una proposta"

“Un ponte da vivere, abitare, percorrere, capace di produrre energia. Un nuovo pezzo di città orizzontale con vie pedonali, piste ciclabili, spazi verdi e servizi”. Dal commerciale al terziario avanzato, dalla ricerca e sviluppo fino alle aree ludiche. È come l’architetto bergamasco Stefano Giavazzi – 48 anni, laureato al Politecnico di Milano e contitolare di uno studio associato – si immagina il ponte Morandi crollato lo scorso 14 agosto. Insomma, un ponte a misura d’uomo oltre che di auto.

In seguito alla tragedia ci siamo sentiti in obbligo di elaborare un progetto, una proposta – spiega in un video su Youtube che nel giro di ventiquattr’ore ha abbondantemente superato le mille visualizzazioni -. Genova ha subito una ferita e ha bisogno di un nuovo pezzo di città”.

Un’idea-progetto ovviamente tutta sulla carta, che l’architetto Giavazzi prova a illustrare nel giro di pochi minuti: “L’infrastruttura non vuole sostituirsi alla precedente, ma rilanciarla”, commenta. Il tutto “senza gli spazi indefiniti tipici dei sottoponti” poiché “le strade concepite per il mero trasporto sono ormai cosa vecchia”. Al contrario: “È necessario pensare con sistemi integrati. Servono luoghi da vivere, che producano energia senza occupare nuovo suolo, sfruttando quanto già esiste”.

Il messaggio che vuol dare è chiaro: occorrono progetti che mirino a rigenerare non solo un viadotto, quanto un’intera area urbana.

Tra le altre cose, il piano vorrebbe conservare anche le case e gli insediamenti sotto il Ponte Morandi, che al momento rischiano di essere abbattuti. Lo stesso architetto Giavazzi, nel video, illustra tecnicamente i punti salienti della proposta.

“Basta serpenti autoreferenziali destinati alla velocità, ora occorre progettare con lo sguardo rivolto al futuro – continua Giavazzi nel suo blog -. Basta Formalismi di chiglie, vele, pennacchi e ingegneria auto celebrativa. Servono luoghi dell’abitare, del fare e della memoria, reali, da vivere e che producono energia senza occupare nuovo suolo, ma utilizzano quanto già fatto”.

Quali sono i pregi della proposta ?
– 10.000 mq di pannelli solari 16 MWp che produce 18Mwh/anno pari ad un’energia per 6.000 famiglie.
– 65.000 di slp potenziale commerciale, tempo libero o polo di sviluppo tecnologico (mi viene in mente il Km rosso a Bergamo)
– Sede stradale a 6 corsie con corsia di emergenza;
– Nuova via pedonale panoramica;
– Nuove Piste ciclabili panoramiche;
– Nuovo pezzo di città Orizzontale;
– Nuovo punto di interscambio gomma/rotaia/bici/bus;
– Parcheggio multipiano integrato.

Come si costruisce?
Attraverso un Modulo reticolare prefabbricato in acciaio un cubo a struttura a traliccio in “corten” 550×550 che ingabbia la struttura esistente che non deve essere demolita (se non per le sole cime dei piloni):
Integrazione con le case esistenti dove potrebbero essere ricollocati i collegamenti verticali e non demolite!
Integrazione e flessibilità con le industrie, con la ferrovia (potremmo fare addirittura una stazione passante)
Velocità e semplicità di realizzazione sono i paradigmi di tutta la costruzione.

Chi lo costruisce?
Noi Italiani, con la rete delle competenze di ciascuno.

1° FASE_ La struttura che ingabbia il tutto e che velocemente, senza demolire nulla mette in sicurezza e permette il veloce ripristino dell’impalcato; che dovrebbe essere realizzata/gestita da un unico ente.

2° FASE_ Con dei Concorsi pubblici di progettazione per gli ambienti, e gli spazi che si andranno a collocare all’interno della griglia spaziale precedentemente costruita e che definisce l’ossatura, lo scheletro portante del nuovo sistema . Quindi dei veri nuovi ambienti, anche finanziati dai privati che si articolano al loro interno. Tutto da proporre e pensare.

3° FASE_ Abitare il Ponte con la vita dei cittadini e di una nuova realtà, dinamica integrata e articolata alle diverse scale urbane e sociali.
Si può pensare anche al gioco, alla cultura, a spazi dinamici e flessibili, a mostre, attività sportive, palestre di arrampicata, e perché no bungee jumping. Un mondo da costruire.

“Basta solo la voglia ed il coraggio ad accogliere un pensiero divergente. O, forse, talmente semplice e adeguato che non siamo più abituati ad avere”, conclude l’architetto nel suo intervento.

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