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Le fatiche di sofia

“Muoversi in città col deambulatore: tra gradini e ostacoli spunta qualche nuovo scivolo”

Sofia Brizio tornata a Bergamo dopo due anni all'Università di Cardiff, ci racconta le difficoltà che incontra nel muoversi con un deambulatore nella sua città.

Sofia Brizio tornata a Bergamo dopo due anni all’Università di Cardiff, ci racconta le difficoltà che incontra nel muoversi con un deambulatore nella sua città.

Nel mio precedente articolo (leggi) ho parlato di come la mia esperienza di vita quotidiana da persona disabile in Italia, e in particolar modo a Bergamo, sia sempre stata costellata di barriere architettoniche e di come essermi trasferita nel Regno Unito mi abbia sostanzialmente cambiato la vita.

Resta il fatto che torno ancora spesso in Italia per vacanze, perciò trascorro a Bergamo circa quattro mesi all’anno. Ricordo che la prima volta che sono tornata a casa per le vacanze di Natale dopo il primo semestre trascorso nel Regno Unito ho sperimentato una sorta di “shock culturale al contrario”. Dopo aver vissuto a Cardiff in autonomia completa, mi ero dimenticata come a Bergamo la situazione per me fosse diversa e non riuscivo ad accettarlo. Per settimane mi sono sentita persa perché riuscivo a malapena ad uscire di casa da sola, figuriamoci prendere i mezzi pubblici o andare a fare la spesa. Ancora adesso, ogni volta che torno a casa dopo aver trascorso lunghi periodi nella capitale gallese, un po’ di malumore è inevitabile, ma ho imparato a stringere i denti e affrontare tutto con un po’ di grinta e ironia.

Se per esempio voglio andare in centro a fare una passeggiata, le barriere cominciano dalla porta di casa. All’ingresso del condominio dove abito da vent’anni c’è un gradino molto alto che sarebbe facilmente eliminabile con uno scivolo. Lo scivolo però, a quanto pare, non si può mettere perché “è brutto”, “sminuirebbe il valore artistico del palazzo”, “non è a norma”, etc. E così eccomi qui, a destreggiarmi meglio di un funambolo in nome della salvaguardia del patrimonio artistico. Apro la porta, che poi si richiude, perciò lascio che mi sbatta contro al fianco mentre con la mano destra mi appoggio allo stipite e con la sinistra comincio a far scendere il deambulatore. Il gradino è talmente alto che, arrivate a terra, le ruote anteriori si bloccano, perciò se non fossi appoggiata allo stipite mi ritroverei catapultata faccia a terra sul marciapiede. Dopo essere riuscita a posizionare il deambulatore in piano sul marciapiede, mi chino in avanti e mi ci appoggio con entrambe le mani, pregando che il peso della porta, sempre appoggiata al mio fianco, non mi faccia cadere. Una volta trovato l’equilibrio, scendo il gradino e finalmente sono fuori di casa. Va sottolineato che fino a due anni fa non avevo né la forza né l’equilibrio necessari per riuscire a compiere questa manovra e dovevo sempre contare sull’aiuto di parenti e amici. Poi mi sono detta che valeva la pena correre il rischio di picchiare il naso sul marciapiede se l’alternativa era stare chiusa in casa tutto il giorno.

Soddisfatta della mia impresa, percorro viale Vittorio Emanuele. Fin qui niente da obiettare, a parte forse la pavimentazione non proprio ideale, ma che sarà mai un piccolo massaggio ai polsi! Arrivata in prossimità del Sentierone mi trovo davanti a un bivio: la via più breve mi farebbe risparmiare tempo, ma significherebbe scapicollarmi sul marciapiede di ciottoli impraticabili che termina con un gradino persino più alto di quello di casa mia; l’alternativa è allungare un po’ il percorso e rimanere sotto i portici più o meno fino all’altezza del Balzer, dove fortunatamente c’è uno scivolo (l’unico in quel tratto) che mi permette di girare a destra e proseguire verso via XX Settembre. Questo scivolo però è spesso ostruito quando ci sono manifestazioni o bancarelle. Sono contenta di constatare che ultimamente la cosa succede sempre meno e che in generale si tende ad avere più attenzione di prima, ma molte volte in passato mi sono trovata costretta a tornare indietro perché senza scivolo non avevo altro modo di raggiungere il Sentierone. Certo, avrei potuto attraversare prima e imboccare i portici che sbucano davanti al Comune, ma il Sentierone mi piace e allungare la strada è l’unico modo che ho per godermelo. Anche qui mi sento di sottolineare che fino a tre anni fa non avevo la forza di fare tutta quella strada a piedi, perciò avere una scorciatoia che non fosse piena di ciottoli avrebbe fatto una grande differenza.

Da qui in poi, nessuna barriera (più o meno). Via XX Settembre ha una bella pavimentazione che la rende facilmente percorribile. Il problema è che quasi tutti i negozi hanno un gradino all’entrata, alcuni anche minimo ma pur sempre fastidioso. Non sono mai riuscita a entrare da sola da Zara a causa del gradino troppo alto. Non pretendo uno scivolo in marmo bianco, ma se tutti i negozi si dotassero di una rampa da mettere e togliere al bisogno, potrei fare shopping quando mi pare e piace. Sono invece una cliente regolare della libreria Ibs Libraccio, il cui scivolo d’ingresso mi permette di entrare e uscire senza fatica. Da amante dei libri quale sono, non potrei essere più felice.

Vorrei continuare su questa linea positiva dicendo che sono contenta di come, tutto sommato, Bergamo stia facendo piccoli passi avanti per garantire l’accessibilità. Per esempio, sono rimasta piacevolmente sorpresa dall’accessibilità del negozio Acqua&Sapone in via Locatelli, che è dotato di rampe sia all’esterno che all’interno. A parte qualche corsia un po’ stretta, è un vero paradiso. Inoltre, un condominio sempre in via Locatelli ha di recente installato un sistema grazie al quale, dopo aver inserito un codice, una rampa si attiva elettricamente eliminando l’ostacolo dei gradini d’ingresso.

Quando la mia passeggiata volge al termine e mi appresto a tornare a casa, il mio pensiero costante mentre risalgo lungo il Viale è quel gradino che dovrò fare una volta arrivata. Se a scendere me la cavo discretamente, a salire il rischio di farmi male è veramente alto, soprattutto se magari sono un po’ stanca e fatico più del solito a stare in equilibrio. Di solito mi avvicino al gradino dal lato più basso, più distante dalla porta, perché mi è più facile sollevare il deambulatore. Una volta appoggiate le ruote davanti, slitto lateralmente fino a trovarmi davanti alla porta, dove il gradino
raggiunge la sua altezza massima. A questo punto tiro fuori la chiave, e con una mossa rischiosissima stacco entrambe le mani per inserire la chiave con una e spingere la porta con l’altra. Intanto mi appoggio con tutto il peso del corpo al deambulatore per evitare che scivoli all’indietro facendomi cadere. La parte anteriore del deambulatore è però appoggiata alla porta, il che significa che non appena la apro devo riuscire a spingerla con una forza sufficiente affinché io riesca a far,entrare il deambulatore prima che essa si richiuda. Una volta che il deambulatore è posizionato sul pianerottolo, la porta ci sbatte contro, lasciandomi un varco abbastanza largo per fare il gradino a mia volta. Se non sono abbastanza svelta, però, la porta mi si richiude in faccia prima che io abbia avuto il tempo di mettere il deambulatore sul pianerottolo, facendomi quindi cadere dal gradino.

Mi sono spesso chiesta se fossi io a pretendere troppo chiedendo una maggior presenza di scivoli, ma è giusto che la mia incolumità fisica e il mio diritto alla libertà di movimento passino in secondo piano rispetto all’estetica dei palazzi? Il “valore artistico” è davvero un valore se non può essere apprezzato da tutti nello stesso modo? Sono questi paradossi su cui secondo me la città di Bergamo ha ancora tanto da lavorare. Il potenziale c’è e si vede, bisogna solo trasformarlo in realtà.

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