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L’antica via della Noca, oggi suggestiva scaletta: ma a cosa deve il suo nome?

Questo nome, con alcune varianti toponomastiche, compare già poco dopo il Mille, anche se risulta stabilizzato nella forma definitiva soltanto nel XVI secolo.

Una delle caratteristiche più tipiche di Bergamo è determinata dal fatto che, essendosi sviluppata su due piani altimetrici diversi, uno in pianura e uno sui colli, essa abbia sempre avuto la necessità di creare dei collegamenti che facessero da cerniera tra questi due mondi, la Città Alta e quella Bassa, altrimenti destinati a vivere vite parallele e pochissimo osmotiche.

Bergamo, invece, è cresciuta con due volti e, in certi periodi, perfino a due velocità: l’aristocratica città a spina di pesce, poggiata sul crinale del colle, e i borghi, nati ed ingranditisi fuori delle porte, abitati soprattutto da quella gente di artigianato, commercio e mercanzia, che, non a caso, ancor oggi si definisce “borghesia”, in memoria della primitiva collocazione urbana.

Laddove si scendeva verso la val Seriana e i laghi, ben prima che fosse tracciata la “strada ferdinandea”, ovvero viale Vittorio Emanuele e anche che, secoli avanti, sorgesse l’imponente porta Sant’Agostino, i bergamaschi calavano a valle seguendo una strada che scendeva diritta, verso l’attuale Borgo Santa Caterina, la cui esistenza è attestata fin dall’anno Mille.

Più tardi, mercè la costruzione delle Mura, nella seconda metà del Cinquecento, quella strada si è ridotta a una scaletta di circa trecento metri di lunghezza: via della Noca. Questo nome, con alcune varianti toponomastiche, compare già poco dopo il Mille, anche se risulta stabilizzato nella forma definitiva soltanto nel XVI secolo.

Oggi, che questa larga e poco ripida scaletta è percorsa da un gran numero di turisti, che, dopo la visita d’obbligo all’Accademia Carrara, di lì partono per il loro tour in Città Alta, nessuno conserva memoria certa del significato dell’odonimo che diede il nome alla stradella, tanto che la sua origine è alquanto nebulosa.

Si dice trattarsi di termine popolare, ad indicare uno sperone di terra riportata, creato durante i colossali lavori per la costruzione dei baluardi veneti: “noca” starebbe dunque per montone di sterro. Peccato che, nell’XI secolo, già comparisse il toponimo “nauca”, che rovina un po’ tutto.

Nel celebre statuto del 1331, la zona viene citata come “via de Tovo”: pure questo dice tutto e niente, perché “tov” o “tof” è vocabolo prelatino, assai diffuso nelle prealpi, ad indicare un burrone o un luogo scosceso.

Insomma, perfino gli eruditi, riguardo all’origine del termine “Noca” brancolano un tantino nel buio. Escluderei l’associazione con “Noce”, ossia un colpo di balestra: che nulla pare c’entrare.

Fatto sta che via della Noca è una delle più suggestive strade d’accesso alla Città Alta, con la sua valletta dal prato sempre ben rasato e il suo formidabile colpo d’occhio sulle Mura: la scaletta nasconde anche un suggestivo cimelio veneziano, ovvero una lapide recante il limite di edificabilità dalle fortificazioni venete, oltre il quale doveva essere lasciato campo libero alle armi difensive. Campo limitato a soli cinquanta metri: non si può certo parlare di cannoni a lunga gittata! Evidentemente, l’idea della possibilità di un attacco da Borgo Santa Caterina era ritenuta alquanto remota.

via della noca

Sia come sia, probabilmente la “Noca” era un toponimo locale: uno di quei meravigliosi parti dell’odonomastica popolare che, da noi, si sono mantenuti nel tempo. Sperone di terra riportata, scoscendimento del colle o chissà che altro, oggi via della Noca è uno dei molteplici piccoli gioielli della nostra città: e, forse, la mancanza di una risposta certa circa l’origine del suo nome, non fa che accrescerne il fascino.

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