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Doppia intervista

“Mercato dell’auto a una svolta, serve andare oltre l’impresa familiare Bonaldi: per questo abbiamo venduto”

Simona Bonaldi e Gianemilio Brusa, amministratori della concessionaria Bonaldi, raccontano le fasi della vendita alla Porsche Holding Gmbh: "È stato doloroso, ma alla base di tutto c'era la volontà di tutelare i nostri dipendenti".

La Bonaldi si appresta a compiere sessant’anni e passa di mano. Simona Bonaldi, cresciuta a pane e automobili, ci ha trascorso trent’anni al comando con il ruolo di amministratore delegato. Accanto a lei il cognato Gianemilio Brusa, che nella stanza dei bottoni di questa storica azienda bergamasca di anni ne ha trascorsi 46.

Sono loro due che hanno deciso di vendere di fronte alla proposta arrivata a fine gennaio da Salisburgo, dalla Porsche Holding Gmbh, con sede a Salisburgo-Austria, interamente controllata da Volkswagen.

Vi aspettavate un epilogo così?
Bonaldi: “No. Fino a dodici mesi fa no. La trattativa è stata molto breve. E anche un po’ improvvisa. A fine gennaio la prima proposta. La decisione è stata presa da noi due dopo aver sentito la famiglia che ci ha dato pieno mandato di trattare per il bene dell’azienda. Non nascondo che è stato doloroso”.
Brusa: “Da un punto di vista personale e sentimentale è stata dura, inutile negarlo. Qui le cifre non contano. Abbiamo pensato alla crescita e alla sviluppo dell’azienda. Dovevamo saper individuare la strategia giusta per il futuro. Dopo la pesantissima crisi che ha colpito tutta l’economia dal 2007 e che ha portato nel 2013 al dimezzamento del settore automobilistico, noi abbiamo continuato a crescere. Come ci aveva insegnato il fondatore Bonaldi, in momenti di crisi bisogna rafforzarsi, e l’abbiamo fatto”.

Quanti dipendenti avete assunto?
Brusa: “Siamo passati da 200 a 320”.
Bonaldi: “La crisi inizia nel 2007, noi il 28 novembre 2008 abbiamo aperto Lamborghini. All’inizio furono numeri risicati, poi ci si mise anche il governo Monti con la Finanza che fermava le auto di lusso. Eppure quella scelta alla fine, come avevamo previsto, ci ha ripagato. Tanto da arrivare all’inaugurazione dell’apertura di Milano lo scorso anno e con i numeri di quest’anno della Urus che sono davvero impensabili. Nel 2009 abbiamo acquisito AutoCorridoni e poi abbiamo raddoppiato la filiale di Treviglio, infine abbiamo acquisito le concessionarie di Lecco e Sondrio. Non siamo rimasti venditori di automobili, dal 2008 abbiamo sviluppato tutte le novità che il business ci stava portando all’orizzonte”.

Perché vendere allora?
Bonaldi: “Negli ultimi 12 mesi il sentore del cambiamento del nostro business si è fatto sentire sempre più forte. Il tema dell’elettrico, il digitale, i big data…  ci han fatto intuire, attraverso occasioni diverse, che la gestione del business stava cambiando. La casa madre chiedeva sempre migliore qualità, ma insieme un continuo incremento delle vendite. Bisognava essere pronti”.
Brusa: “Le preoccupazioni su come gestire il futuro le abbiamo da tempo: noi siamo cresciuti ma mantenendo una struttura familiare. Ma il mercato cambia: a questo punto bisognava pensare a un nuovo passo, a un nuovo modulo e a una nuova struttura organizzativa. Serviva un cambiamento forte e traumatico. Si trattava di portare il nostro business su un piano industriale”.

Avete pensato di quotarvi in Borsa?
Brusa: “Non basta avere le forze finanziarie per fare questo passo, è necessario avere delle caratteristiche particolari. Ci siamo trovati davanti a un bivio: o il rischio, noi da soli ancora, oppure l’aggancio a un network già esistente in grado di sviluppare l’azienda in questa direzione. La combinazione ha voluto che nello stesso periodo ci fosse da parte di Porsche Austria Holding, che è detenuta al 100 per cento da Volkswagen, questa intenzione di dedicarsi all’Italia per creare un network di vendita. Loro avevano interesse a entrare in Italia in modo pesante, noi dovevamo prendere delle decisioni per il futuro e così abbiamo iniziato il confronto. Le due visioni coincidevano. Da qui la scelta di vendere”.
Bonaldi: “Avremmo potuto e voluto farlo con le nostre forze. La caratteristica di questa azienda è sempre stata l’autonomia finanziaria. Impostata da mia mamma a fianco di papà già agli albori dell’azienda. L’autonomia finanziaria è sempre stata un punto di forza non indifferente per la nostra società”.

Che cosa vi ha spinto alla fine a optare per la vendita?
Bonaldi: “Ci hanno garantito che porteranno avanti insieme al nome, i valori della Bonaldi, come la crescita e lo sviluppo, anche se loro lo faranno con i criteri di una multinazionale. Oltre alla tutela dei dipendenti e la conferma dei loro ruoli”.
Brusa: “Sicuramente lo sviluppo e la garanzia per le 300 famiglie che lavorano in Bonaldi. Restano in azienda 4 figli di quarta generazione che ricopriranno i loro attuali ruoli con l’opportunità di crescita”.

Ci sono anche garanzie per il territorio visto lo stretto legame di Bonaldi con Bergamo?
Bonaldi: “Chi subentra a noi ha una sensibilità in questo senso. A Salisburgo dove c’è un importante festival operistico è lo sponsor principale. Ci è stata garantita la stessa attenzione non solo per Bergamo, ma anche per gli altri territori dove siamo presenti come Lecco, Sondrio e Cremona”.
Brusa: “Il legame con il territorio sarà fondamentale anche per loro. Naturalmente ci saranno dei cambiamenti. Siamo alle soglie di una rivoluzione in questo settore. Non hanno comprato la Bonaldi per lasciarla in un sarcofago, anzi verrà proiettata nel futuro”.

Voi invece che farete?
Bonaldi: “Aspettiamo il via libera dell’Antitrust, che dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, per concludere la vendita, poi andremo in vacanza per metabolizzare questa scelta. L’azienda è sempre stata in famiglia, è una scelta che ci priva di relazioni così strette che vantano alcuni decenni. Poi anche noi cavalcheremo le novità del cambiamento”.

Una delle sfide del futuro è il sistema digitale anche per la vendita delle auto. Cosa ne pensate?
Bonaldi: “Nel mondo digitale la relazione, con la professionalità umana, diventa più importante. Tutto ciò che indaghi prima sul web, è solamente una facilitazione per risparmiare tempo. Ma poi le promesse devono essere confermate da una professionalità umana e una sensibilizzazione che Internet non ha”.
Brusa: “Sarà completamente diverso il ruolo delle concessionarie. Si trasformeranno. Da una parte dovranno mantenere il loro ruolo con uno showroom, con la valorizzazione del prodotto, con un deposito fisico e quindi avranno bisogno di spazi: non venderanno più automobili, ma idee e servizi. Cambierà il modo di guidare, di vivere l’automobile. L’elettrico c’è ormai da 5 anni, ma mancano infrastrutture. Appena ci saranno delle sollecitazioni e il sistema paese sarà pronto: sarà il boom”.

Che cosa si prevede per il futuro nel mondo automobilistico?
Bonaldi: “La fabbrica è il primo player che condizionerà e risponderà alle nuove necessità del mercato. C’è un utilizzo nuovo della mobilità, la Volkswagen sta creando un sistema che saprà gestire direttamente con i clienti”.
Brusa: “Il settore dell’automobile si appresta a sfide che non competono più ad una società come la nostra, ma sono strettamente legate all’industria automobilistica”.

Qual è il segreto del successo della Bonaldi?
Bonaldi: “Non è un segreto. È una particolarità che ha sempre avuto questa azienda è di aver sempre avuto nella sua conduzione un uomo e una donna. Prima mio padre e mia madre, oggi ci siamo noi io e Gianemilio. Una complementarietà che è stata necessaria ancor di più in questi mesi, quando si è manifestata la necessità di un passaggio, di un cambiamento nell’ottica della crescita, dello sviluppo di questa impresa. Un insegnamento di Emilio, tutte le volte che noi andiamo a Verona, è stato: andiamo a rappresentare un’azienda. Abbiamo sempre avuto molto rispetto per la forma giuridica di questa impresa, a cui ognuno di noi deve contribuire al meglio per distinguerci sul mercato”.
Brusa: “Bonaldi è un’azienda fatta dalle persone che la compongono. Non tanto il titolare o il direttore, è tutta la squadra. Un team che si basa sui principi della crescita, del business, sull’anticipo delle richieste del mercato, i cambiamenti che potrebbero venire. C’è un estremo rispetto per chi lavora, persone che si sentono parte dell’azienda. Essere della Bonaldi credo sia anche un segno distintivo. Sentirsi parte del sistema. Anche dai nostri partner ci viene riconosciuto un sistema Bonaldi. Abbiamo un’autonomia del business. Nella nostra organizzazione attuale ci sono alcune varianti che nelle aziende standard non ci sono”.

Quali per esempio?
Brusa: “Le officine autorizzate, non esistono da altri parti e sono nate per iniziativa del fondatore. Seguire il cliente è una nostra peculiarità. Il business dei ricambi che in una concessionaria viene visto come servizio di un’officina, per noi è un’azienda nell’azienda. Abbiamo sempre sperimentato novità: avevamo creato la B Leasing che è rimasta attiva per 25 anni come una nostra società collaterale. Abbiamo dato vita alla Bonaldi Motorsport che non è il compito di una concessionaria, la Supernova Car  Outlet vista come una scelta non adatta ad una concessionaria, eppure 15 anni dopo tutte le marche hanno imposto un outlet. In questi 46 anni in azienda ho imparato dal papà di Simona la dinamicità, a non stare mai fermi. Qualsiasi possibilità offriva il mercato andava sondata, testata, mai sottovalutata”.
Bonaldi: “Mio padre ci ha allenato ad avere sempre le antenne accese per capire, per leggere il futuro”.

Ci sarà un museo Bonaldi?
Brusa: “No, non ci sarà un museo Bonaldi. Il nostro parco macchine seppure di valore non è abbastanza ampio per creare un museo o una struttura che sia tale”.

Sta morendo Sergio Marchionne, lo avete conosciuto? Cosa ne pensate?
Brusa: “Personalmente non l’ho conosciuto. Ma è un personaggio unico perché è riuscito a far cambiare pelle ad una situazione italiana storica e sociale. È riuscito a rivitalizzare un’azienda fallita e a dare impulso alla Fiat con scelte di tipo finanziario e manageriale. Sicuramente era un uomo che aveva idee chiare, ha capito un po’ tardi che il mercato si fa con le auto di media e grossa cilindrata e non con le Panda, e questo è forse il suo peccato originale. Ma negli ultimi due anni ha rivalutato Maserati e Alfa Romeo, comprendendo che nel mercato automobilistico non si guadagna vendendo sotto costo la Panda o la 500. È un grande personaggio, esagerato in alcuni rapporti”.
Bonaldi: “Sicuramente ha fatto tanto e ha ricreato valore a un’azienda che era su un binario morto”.

 

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