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Il retroscena

Brembo Ski, l’ex vicesindaco che testimonia e quella truffa in gioielleria

A Verona è accusato di avere sottratto beni in un negozio per 400mila euro, anche un servizio di posate appartenuto al presidente americano Kennedy

Le sue parole sono oggetto di approfondimento. Ma quel che Mauro Arioli, 55 anni, ex vicesindaco di Carona, ha raccontato agli inquirenti potrebbe dar loro una grossa mano, soprattutto per quel che riguarda l’ultimo filone dell’inchiesta su Brembo Ski; ovvero quello inerente l’ipotesi di corruzione contestata all’ex sindaco di Foppolo Giuseppe Berera e agli imprenditori Sergio Lima e Giancarlo Montini per una presunta tangente da 75mila euro passata attraverso un conto in Austria (i tre dovrebbero essere sentiti mercoledì 27 giugno per l’interrogatorio di garanzia).

Davanti al pubblico ministero Gianluigi Dettori, Arioli si è presentato spontaneamente. Stando a quanto raccontato, tra il 2010 e il 2011, in occasione della sostituzione dell’impianto della Conca della Val Carisole, lui, Berera, Lima e Montini si sarebbero accordati per sovraffatturare l’impianto fornito da una delle società di Lima. Sul piatto circa 200mila euro da spartirsi in quattro. Dal canto suo, Arioli sostiene di essersene intascati 10mila, una piccola fetta. Il resto se lo sarebbero divisi gli altri.

All’epoca dei fatti, Arioli era vice del primo cittadino Gianalberto Bianchi (tra gli indagati nella maxi inchiesta su Brembo Ski). Confessando, si è sostanzialmente autodenunciato finendo a sua volta sul taccuino della Procura. Ma non è la prima volta che il suo nome balza all’onore delle cronache. Il “Corriere di Verona”, ad esempio, racconta una vicenda che vede protagonista proprio Arioli: una truffa da oltre 400mila euro ai danni di una gioielleria del centro città. Tra i beni sottratti – si legge – anche un bracciale da 80mila euro, un parure di Tiffany da 40mila euro, un Rolex da 90mila euro e un servizio di posate che sarebbe addirittura appartenuto al presidente americano Kennedy.

I fatti risalgono al settembre 2015. Stando a quanto riportato, Arioli si sarebbe presentato in negozio firmando una finta procura firmata dalla titolare di una multinazionale per l’acquisto dei preziosi, depositando un assegno da 408mila euro in garanzia. Peccato che – sempre secondo quanto riportato – fosse scoperto. A novembre 2017 la condanna e un cospicuo risarcimento ordinato dal giudice nei confronti della gioielleria e della titolare, costituitasi parte civile.

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