• Abbonati
La recensione

Deadpool 2: l’antieroe Marvel è tornato e fa più ridere di prima

Il film è irriverente e sfacciato, esattamente come il suo protagonista: rompe tutte le regole della narrazione cinematografica, si intrufola nella sala rivolgendosi direttamente allo spettatore, eppure risulta comunque estremamente efficace

Titolo: Deadpool 2
Regia: David Leitch
Attori: Ryan Reynolds, Josh Brolin, Zazie Beetz, Julian Dennison, Morena Baccarin
Durata: 119 minuti
Giudizio: ****
Programmazione: UCI Cinemas Orio

Ecco che torna, dopo il primo uscito nel 2016, il secondo capitolo della saga dell’eroe Marvel più irriverente di tutti. Deadpool, adattamento cinematografico di un fumetto anni ‘90 vietato ai minori di 17 anni, aveva già regalato al pubblico grandi risate con il suo primo volume, lasciando le porte aperte a un sequel per il quale le aspettative erano piuttosto alte e che, infine, non ha deluso.

Ritroviamo il supereroe mercenario, sfacciato e chiacchierone, intento a combattere i cattivi in giro per il mondo e a godersi finalmente la tanto agognata vita di coppia insieme alla sua Vanessa. Le cose non potrebbero andare meglio di così. Tuttavia si sa: quando fai incazzare un bel po’ di gente sbagliata, prima o poi ti torna tutto indietro. Così Deadpool, che rompendo la barriera tra attore e spettatore ci avvisa dell’imminente tragedia, si ritrova disperato e a pezzi (non solo metaforicamente) nella villa degli X-Men. Qui Colosso, il gigante di acciaio, cerca di risollevargli il morale convincendolo, per una volta, a fare del bene, per diventare finalmente un supereroe di quelli veri. La missione prevede di riportare all’ordine un mutante che, nell’istituto di correzione per mutanti, sta seminando il panico. Si tratta di Russell, un ragazzino sovrappeso che ha il potere di generare fuoco e fiamme dalle mani e che, stufo dei soprusi subiti dal direttore dell’istituto, vuole vendicarsene. Ovviamente la missione va a rotoli a causa della testa calda di Deadpool e entrambi lui e Russell finisco nella prigione di ghiaccio di massima sicurezza per mutanti. Qui, senza i loro poteri, i due non sono altro che un ragazzino imbranato e un malato di cancro terminale che però, nello sconforto, trovano terreno fertile per un affetto reciproco padre-figlio. Ed è proprio qui che arriva Cable: un soldato mezzo bionico del futuro, tornato indietro nel tempo per fermare colui che ucciderà la sua famiglia. Tra varie peripezie splatter, Deadpool riesce a sfuggire a Cable e a scappare dal carcere, e una volta fuori decide di formare una nuova squadra di eroi per poter salvare Russell dal suo destino. Il processo di selezione a casaccio e l’entrata in scena della nuova squadra, chiamata banalmente “X-Force”, sono senza dubbio le scene più esilaranti di tutto il film. Sono assolutamente demenziali e geniali allo stesso tempo; fatte di un susseguirsi di eventi tragi-comici che mi hanno letteralmente fatta piangere dalle risate. Tra tutti, Domino è la figura che ne esce vincitrice; senza dubbio, vista la sua sfacciata fortuna! Ed è proprio lei a regalarci le scene di combattimento più piacevoli del film. Poi, in seguito a traumi cranici, ossa rotte e budella dilaniate, il film troverà finalmente la sua armonica fine tra gesti di altruismo ed amicizia, con un pizzico di battutine politicamente scorrette, che non mancano mai.

Ancora una volta, Ryan Reynolds ha fatto centro. Questo nuovo capitolo è meno sessualmente spinto del precedente e più genuinamente comico, senza bisogno di andare sul volgare per essere simpatico. Le battute si susseguono a raffica, senza un attimo di tregua, e alcune sono anche particolarmente sottili, con continui riferimenti agli altri personaggi del mondo Marvel. Il film è irriverente e sfacciato, esattamente come il suo protagonista: rompe tutte le regole della narrazione cinematografica, si intrufola nella sala rivolgendosi direttamente allo spettatore, eppure risulta comunque estremamente efficace. La comicità è travolgente, non si riesce a smettere un secondo di ridere, neanche nei momenti più drammatici del film. E qui una precisazione va fatta: gli ho dato quattro stelline non perché sia un capolavoro che se le merita, ma perché, oggettivamente, si tratta di un concentrato di ironia, e autoironia da parte dello stesso Ryan Reynolds, tale da meritarsi una stellina in più solo perché di risate così veramente non ne facevo da un po’.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI