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Investimenti (non sicuri) in diamanti: Adusbef in soccorso agli acquirenti bergamaschi

Unicredit ed Intesa San Paolo si sono rese disponibili a rimborsare i clienti, così come è notizia di questi giorni pure Monte dei Paschi; il Credito Bergamasco invece (oggi BPM) pare prendere tempo.

Negli ultimi anni Intesa San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Banco BPM hanno proposto ai risparmiatori di investire in diamanti per il tramite di società specializzate nella loro compravendita, tra le quali la Diamond Private Investment (Dpi) e la Intermarket Diamond Business (Idb). L’operazione veniva presentata ai consumatori come sicura e redditizia dagli stessi istituti di credito.

Nello specifico le pietre preziose venivano vendute ai clienti che in seguito le avrebbero rivendute con l’intermediazione della società, nella prospettiva di ottenere un guadagno per l’incremento di valore nel tempo della pietra preziosa. Il diamante veniva qualificato, al pari dell’oro, come bene rifugio, sicuro ed appetibile con una generale tendenza all’aumento di valore.

Grafici alla mano, consulenti e direttori mostravano l’appetibilità dell’investimento ai clienti qualificandolo sicuro e redditizio. Ciò è avvenuto nei confronti di casalinghe, dipendenti, liberi professionisti ed imprenditori. Un numero importante di persone che solo nei mesi scorsi ha scoperto di avere in portafoglio diamanti impossibili da ricollocare sul mercato e quindi, di fatto, senza un gran valore!

Invero diverse inchieste hanno portato alla luce che erano direttamente le società venditrici a fissare il valore del diamante ad un prezzo tuttavia di gran lunga superiore al reale valore di mercato del bene, con l’inevitabile conseguenza che i piccoli risparmiatori si sono trovati nella materiale impossibilità di rivendere i diamanti, quantomeno al prezzo di acquisto.

In particolare nell’ottobre 2017 l’Antitrust ha sanzionato con più di 15 milioni di euro le due società venditrici di diamanti sulla circostanza che “alla luce delle risultanze istruttorie è emerso che le quotazioni di mercato erano i prezzi di vendita liberamente determinati dai professionisti in misura ampiamente superiore al costo di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di riferimento (Rapaport e IDEX); l’andamento delle quotazioni era l’andamento del prezzo di vendita delle imprese annualmente e progressivamente aumentato dai venditori; e le prospettive di liquidabilità e rivendibilità erano unicamente legate alla possibilità che il professionista trovasse altri consumatori all’interno del proprio circuito”.

All’autorità garante per la concorrenza e il mercato è apparsa dunque anche chiara la responsabilità degli istituti bancari che hanno venduto le pietre spacciandole per investimento sicuro senza informare dei rischi reali e dell’impossibilità di rivendere i preziosi acquistati: “Gli istituti di credito, principale canale di vendita dei diamanti per entrambe le imprese, utilizzando il materiale informativo predisposto da Idb e Dpi, proponevano l’investimento a una specifica fascia della propria clientela interessata all’acquisto dei diamanti come un bene rifugio e a diversificare i propri investimenti. (…) Il fatto che l’investimento fosse proposto da parte del personale bancario e la presenza del personale bancario agli incontri tra i due professionisti e i clienti, forniva ampia
credibilità alle informazioni contenute nel materiale promozionale delle due società, determinando molti consumatori all’acquisto senza effettuare ulteriori accertamenti”.

Unicredit ed Intesa San Paolo si sono rese disponibili a rimborsare i clienti, così come è notizia di questi giorni pure Monte dei Paschi; il Credito Bergamasco invece (oggi BPM) pare prendere tempo.

ADUSBEF delegazione di Bergamo sta assistendo gli investitori che si sono rivolti lamentando detto investimento con l’obiettivo di ottenere il rimborso di quanto investito. Si stanno disponendo le diffide da inviare agli istituti di credito ed alle società rivenditrici di diamanti; con finalità consumeristica il fac simile del modello di diffida e gli allegati verranno inviati a chi ne farà semplicemente richiesta contattando l’associazione al numero 035/4236159 o mandando una mail all’indirizzo ADUSBEFbergamo@gmailcom.

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