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Venerdì 4 maggio

Mikhail Pletnev al Festival Pianistico Internazionale

Uno dei maggiori pianisti viventi, un pianismo che va all'essenza frutto di una profondità di pensiero unica, si esibirà al Teatro Sociale di Bergamo, venerdì 4 maggio alle 21.

Nella parata di grandi pianisti presenti in questa edizione del Festival arriva Mikhail Pletnev un pianista straordinario, uno dei maggiori pianisti viventi, ma anche un ricercatissimo direttore d’orchestra, un grande compositore e un artista che sfida qualsiasi classificazione convenzionale.

Pletnev sarà sul palco con il suo strumento anche se altrettanto forte, anzi crescente, è il suo impegno nella direzione d’orchestra. Le date del 4 e 5 maggio si annunciano come un’esperienza di ascolto unica considerato il percorso interpretativo personalissimo e diretto al cuore della musica eseguita che il musicista sta compiendo. Una straordinaria concentrazione sull’elemento espressivo e sulla stessa profondità della musica contraddistinguono Pletnev la cui naturalezza felice nella tecnica e l’approccio quasi facile alle pagine anche più ostiche gli permettono di misurarsi con il testo musicale trascendendo il dato tecnico.

Si parla per lui di un pianismo che va all’essenza ultima frutto di una profondità di pensiero unica.

IL PROGRAMMA
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ (1840-1893)

Concerto n.1 in si bemolle minore per pianoforte e orchestra, op.23
– Allegro non troppo e molto maestoso – Allegro con spirito
– Andantino semplice
– Allegro con fuoco

***
Sinfonia n.4 in fa minore, op.36
– Andante sostenuto – Moderato con anima
– Andantino in modo di canzona
– Scherzo. Pizzicato ostinato – Allegro
– Finale. Allegro con fuoco

La storia della composizione e della prima esecuzione del Concerto op. 23 è talmente nota che si è persino imbarazzati nel ripeterla per l’ennesima volta. Basti dire che il Concerto fu scritto per Nikolai Rubinstein, che fu rifiutato da questi, che fu offerto a Hans von Bülow, che fu da questi accettato ed eseguito per la prima volta a Boston, e che divenne in breve tempo famosissimo. L’inedita notizia che è saltata fuori da poco è che l’orchestra di Boston disponeva di soli trentacinque strumentisti. Siccome, secondo la partitura, i fiati e i timpani impegnano diciotto esecutori, gli archi della prima esecuzione furono dunque diciassette. Il che significa con ogni probabilità sei violini primi, quattro violini secondi, quattro viole, due violoncelli e un contrabbasso. La massa degli archi era così inevitabilmente sommersa dalla massa dei fiati, ed era persino comico il fatto che Čajkovskij avesse limitato a due i violoncelli in una esposizione del tema cantabile nel secondo movimento. Se i violoncelli erano due soltanto….

Ma le capacità di adattamento delle partiture alle effettive disponibilità di strumentisti erano molteplici, nell’Ottocento, e del tutto diverse dalla pratica attuale. Berlioz racconta che durante una tournée in Germania, nella quale dirigeva la sua Sinfonia fantastica, il più delle volte aveva dovuto rinunciare al corno inglese, che nel terzo movimento ha un grande e idiomatico assolo, e che lo aveva sostituito con un clarinetto, e che se non c’erano le due arpe le sostituiva con un pianoforte. Potrebbe dunque darsi il caso, ad esempio, che invece di quattro corni si facesse a Boston di necessità virtù affidando, quando del caso, la parte di due dei corni ai due fagotti, o che si interscambiassero i flauti e gli oboi, o che si cavassero dal cappello altre diavolerie, in modo da non sacrificare gravemente gli archi. Bisogna dunque non prendere per verità rivelata la composizione dell’orchestra di Boston o, meglio, non bisogna trarne conclusioni – si è già parlato di “esecuzione cameristica” – senza supporre che ci fossero degli adattamenti atti a salvare la capra e i cavoli. Quando al Concerto, beh!, farei torto al lettore se dovessi farmi parte in causa per esaltarne le preclare virtù di invenzione melodica e di spettacolarità.

La Sinfonia n. 4 fu commentata da Čajkovskij in una lettera alla dedicataria, la signora von Meck, sua ricca ammiratrice che dopo averlo coperto di lodi gli donò un somma di denaro e poi gli garantì per anni un mensile che gli permise di abbandonare l’insegnamento nel conservatorio di Mosca e di darsi tutto alla composizione. La Sinfonia fu scritta in gran parte nel corso del 1877, fu ultimata all’inizio del 1878 ed eseguita per la prima volta in febbraio, a Mosca. L’audizione procurò uno stato di sconvolgente eccitazione nervosa alla von Meck, ma ebbe un successo molto tiepido. Andò un po’ meglio, in novembre, la prima esecuzione a S. Pietroburgo. Molti critici fecero però delle riserve e solo negli anni novanta la composizione cominciò a suscitare grandi entusiasmi nel pubblico. Il “programma” della Sinfonia, comunicato privatamente alla von Meck, suscitò altre riserve critiche quando fu pubblicato. La lotta pro e contro la musica a programma era nata con i poemi sinfonici di Liszt e non accennò a spegnersi fin verso la metà del Novecento. Čajkovskij – come Liszt, come Richard Strauss – ne fece le spese. Effettivamente il programma, scritto di getto, non presenta pregi letterari e si presta ai sarcasmi. Ma, detto in sintesi, Čajkovskij aveva tutto il diritto di comporre un vasto affresco ispirato alla lotta dell’uomo con il Fato. La raffigurazione del Fato è presentata all’inizio con una rauca fanfara dei corni e dei fagotti, a cui si aggiungono poco dopo le trombe, e ritorna più volte nel corso della Sinfonia. Il contrasto fra l’uomo e il Fato è ancora quello che Beethoven definiva con i concetti di “principio implorante” e “principio di opposizione”, apparso con chiarezza nella Sonata Patetica e poi nella Sinfonia n. 5, che percorre tutto l’Ottocento romantico e che solo nella Sinfonia n. 6 di Čajkovskij trova il suo compimento decadentistico con la sconfitta e l’annientamento dell’uomo. Nella Sinfonia n. 4 il finale è la raffigurazione, dice Čajkovskij, di una festa popolare, animata e chiassosa. Il protagonista sfugge al Fato o, meglio, sfugge alla ipocondria che lo attanaglia per mischiarsi alla folla festante. Il Fato ricompare sì, minacciosissimo, prima della fine, ma per così dire viene cacciato via a pedate e la festa riprende. La mia impressione è che Čajkovskij componesse il solo primo movimento seguendo un preciso programma e che poi adattasse il programma, ricorrendo al sogno e al passato felice, secondo le esigenze di equilibrio formale ed emotivo di una sinfonia che segue l’impaginazione tradizionale delle sinfonie. E perciò, come ho appena detto, il mito del Fato trova il suo compimento non romantico-eroico nella Sinfonia n. 6, Patetica e di nome e di fatto.
Piero Rattalino

BIOGRAFIA
Mikhail Pletnev è un pianista straordinario, uno dei maggiori pianisti viventi, ma anche un ricercatissimo direttore d’orchestra, un grande compositore e un artista che sfida qualsiasi classificazione convenzionale. Nato nel 1957 ad Arkhangelsk, in Russia, Mikhail Pletnev ha dimostrato molto presto il suo talento, iniziando a studiare al Conservatorio di Mosca a 13 anni. Nel 1978 ha vinto il primo premio e la medaglia d’oro alla sesta edizione del Concorso Internazionale Tchaikovsky. Da allora si è esibito come solista con tutte le orchestre e i direttori più rinomati al mondo.

Nel 1990, grazie all’assenso del Presidente sovietico Mikhail Gorbachev, Mikhail Pletnev ha fondato la Russian National Orchestra (RNO) – la prima orchestra russa non governativa e finanziata privatamente. Oggigiorno, la RNO è considerate una delle migliori orchestre del mondo; ogni anno, sotto la direzione di Pletnev o di altri rinomati direttori, tiene tournée in Europa, Stati Uniti ed Asia. Nel 1996 l’orchestra ha suonato in occasione dell’apertura dei Giochi Olimpici di Atlanta. Mikhail Pletnev registra per Deutsche Grammophon dal 1993 e i suoi dischi sono stati più volte nominati ai Grammy Awards.

Mikhail Pletnev ha anche suscitato il plauso internazionale per la sua attività di compositore. Nel 1998, la prima esecuzione mondiale del suo Concerto per viola dedicato a (e suonato da) Y. Bashmet è stato accolto con entusiasmo da critica e pubblico. I suoi arrangiamenti per pianoforte de ‘Lo Schiaccianoci’ e de ‘La Bella Addormentata’ di Tchaikovsky sono leggendari – per i pianisti di tutto il mondo sono diventati degli esami tecnici per dimostrare di saper padroneggiare lo strumento. Mikhail Pletnev ha ricevuto numerosi riconoscimenti di stato e premi internazionali, tra cui un Grammy nel 2005. Nel 2007 ha ricevuto un Premio Presidenziale e un Ordine “per i servizi resi alla patria”.

 

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