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La riflessione

Foppolo-Valleve, dal caos al vero rilancio: ora basta coi sistemi turistici intensivi

Valter Grossi, ex assessore comunale a Bergamo, parte dalla bufera che ha travolto Foppolo e Valleve per lanciare un'idea differente di rilancio.

di Valter Grossi, ex assessore comunale a Bergamo.

Concordo con Matteo Oriani sul fatto che le vicende giudiziarie di Foppolo e del comprensorio sciistico Bremboski impongano una riflessione più ampia, che ne superi i pur riprovevoli aspetti giudiziari, coinvolgendo questioni che sono di sistema, ma non condiviso assolutamente il modello di “business” evocato, o meglio credo che più che di modello di business occorrerebbe occuparsi prima di un livello più alto, il modello di sviluppo territoriale.

Insistere ancora, dopo decenni, con sistemi turistici intensivi, basati su massicci insediamenti in quota, non è secondo me la terapia più adatta per le nostre Orobie, considerando che Foppolo ne rappresenta già l’esempio più negativo, al punto di essere recensito tra i casi più negativi nell’importante libro di Werner Batzing “Le Alpi”.

A mio modo di vedere le Alpi Orobie non possiedono le caratteristiche e di quote che le mettano in grado di competere dal punto di vista sciistico con altre stazioni delle Alpi, che per altro vivono anch’esse seri problemi di prospettiva, sia per effetto del cambiamento dei fattori climatici che degli stili di vita.

Proprio poche settimane fa un esperto come l’alpinista scrittore Paolo Crosa Lenz, ammoniva in un articolo come sia indispensabile trovare una terza via per le montagne tra la desolazione dell’abbondono delle Alpi povere e quella di “periferia metropolitana”, dove riprodurre modelli di divertimento cittadini di quelle ricche (i grandi caroselli di funi e cemento) e ciò in particolare secondo me per le Orobie, che si trovano in mezzo al guado, contemplando per altro tutte e due le situazioni.

Se si parte da queste considerazioni va subito detto che per quanto riguarda le Orobie il tema centrale sia l’individuazione di un sistema di sviluppo territoriale multifunzionale in cui gli sport invernali, ed in particolare lo sci alpino, sia bilanciato dalla presenza di altre attività, puntando sull’ammodernamento tecnologico dei demani esistenti (quelli per cui conviene ancora investire), senza ulteriori e velleitari progetti di ampliamento, non più sostenibili economicamente e dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Accanto ciò vanno invece potenziate attività più compatibili, che muovano da un concreto e convinto rilancio del Parco Delle Orobie, io preferisco chiamarlo ancora così perché lo smembramento a livello provinciale tra Sondrio e Bergamo fu operazione per me demenziale, condotta con la complicità di una pessima Regione, come se l’unicum naturale e culturale che lo caratterizza meritasse tale suddivisione.

Turismo culturale, ricettività agrituristica, filiere e specialità alimentari, supporto e organizzazione della pratica escursionistica ai vari livelli, relax, possono costituire il mix di una rinnovata offerta turistica che sfrutti sinergie e cooperazione tra gli operatori e comunità, sapendosi mettersi in rete, creando opportunità di lavoro e insediamento stabile per i residenti e soggiorni brevi su un arco di tempo più lungo per i turisti.

E che questo non sia un sogno è provato dal successo di coloro che ponendosi “non col vento” (per usare un motto brembano) hanno dato vita negli ultimi ad iniziative nuove e diverse, basate sulla valorizzazione delle specificità territoriali, sfruttando anche le potenzialità che il web può rappresentare anche attirando visitatori da luoghi molto distanti.

In pratica auguriamoci che questa bufera abbattutasi sui comuni dell’alto bacino del Brembo costituisca occasione per una radicale inversione di tendenza per un territorio (le intere Orobie), che insieme alla durezza degli elementi possiede peculiarità naturali e tradizioni che aspettano solo di essere valorizzate in un sistema di offerta turistica più armonica e soprattutto varia.

Per favorire tale cambiamento servono giovani istruiti e motivati, occorre liberare quelle energie che le mafie locali hanno da troppo tempo conculcato, collaborazioni territoriali e politiche di scala adeguata, che superino anguste quanto anacronistiche municipalità, dove il conflitto di interessi è la regola, un benchmarking intelligente che si concentri più sulle pratiche e sul know-how che lo scopiazzamento di contenuti.

Guardare avanti facendo l’opposto di quanto si è fatto sino ad ora, qui si deve davvero cambiare verso.

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