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Caso Moro, tra cinema e teatro in arrivo una serie tv

Molti, negli anni, sono stati omaggi alla sua memoria. Anche dal mondo dell'arte: ripercorriamoli

“Era la notte buia dello Stato Italiano, quella del 9 maggio settantotto. La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno Stato”: nella celebre canzone “I cento passi”, dedicata al siciliano Peppino Impastato, i Modena City Ramblers rimportano alla memoria una delle più tristi pagine della storia italiana.

Il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia, Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, viene ucciso dalle brigate rosse. Il suo corpo viene trovato nel portabagagli di una Renault Rossa in via Caetani, a pochi passi dall’Altare della Patria. Fu questo il drammatico epilogo della vicenda, iniziata il 16 marzo di 40 anni fa, quando un commando delle brigate rosse rapisce l’onorevole Aldo Moro, dopo avere ucciso cinque agenti della sua scorta: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi.

Molti sono stati negli anni gli omaggi alla memoria, in particolare da parte del mondo del cinema e del teatro. Tre sono i film che raccontano la prigionia, primo fra tutti “Il caso Moro” di Giuseppe Ferrara (1986), in cui uno straordinario Gian Maria Volontè veste i panni dell’onorevole democristiano. Più recenti, del 2003 sono i film “Piazza delle cinque lune” di Renzo Martinelli e “Buongiorno, notte” di Marco Bellocchio. Omaggi amati e criticati allo stesso tempo dal grande pubblico.

https://www.youtube.com/watch?v=512g89LUI2w

In occasione del quarantesimo della morte, il regista marco Bellocchio tornerà ad occuparsi del caso Moro nella serie tv “Esterno notte”. La serie tv sarà “il contro campo di Buongiorno, notte – spiega il regista – e racconterà i 55 giorni del sequestro, della prigionia e dell’assassinio di Moro, stando però fuori dalla prigione”. Prima ancora di venire alla luce, il progetto è stato colpito dalle critiche di Maria Fida Moro, figlia dell’ex segretario DC. In un’intervista all’Agenzia di stampa nazionale DIRE, la Moro palesa la propria disapprovazione per il genere fiction, del quale contesta la scarsa aderenza al dato di realtà e la tendenza a romanzare le vicende raccontate: “Mio padre non era una macchietta”.

La figlia dell’ex segretario DC crede “nella libertà di espressione e nell’arte, non nella gratuita ed inutile fabbrica di dolore aggiuntivo e sconsiderato, molto simile alla tortura. Quando gli ‘artisti’ si stancheranno di trasformare in macchietta il più drammatico episodio della storia del nostro Paese dal dopo guerra ad oggi sarà sempre troppo tardi”.

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