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La riflessione

I mercanti del tempio, i nostri adulatori e lo sdegno di Dio

Don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Bergamo, condivide con noi alcuni pensieri in questo tempo di Quaresima.

Don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Bergamo, condivide con noi alcuni pensieri in questo tempo di Quaresima. 

IL VANGELO DI DOMENICA 4 MARZO
Gv 2,13-25
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Parola del Signore

jerusalem

(New Jerusalem – Fine Art Print, by Johanan Herson)

Non siamo molto abituati a vedere Gesù così.
Lui così buono, così dolce, così misericordioso…
Non so, credo che mi faccia molto comodo vedere Dio come un “tenero nonnino” che alla fine mi verrà sempre dietro perché mi vuole tanto bene…

Ed è a partire dal “tanto bene” di Dio per noi , quello vero, che oggi, ci incontriamo o meglio sarebbe dire impattiamo, con lo sdegno di Dio, con la sua potente reazione indignata…
Ci penso tutti i giorni a questa scena raccontata dal Vangelo che mi trovo davanti agli occhi nel grande affresco sopra la porta d’uscita della Chiesa di Scanzo …

Chi l’ha pensato e realizzato certo aveva ben chiaro cosa dovevano continuamente pensare, riflettere e insegnare di Dio, della sua casa, del modo di essere Chiesa, prima i preti e poi tutti i cristiani…
Sono poco abituato a misurarmi con l’indignazione di chi mi vuol bene…
Quando è così, un po’ ci spiace; un po’ non vogliamo storie, vogliamo stare tranquilli; un po’ non siamo capaci di pensare che il crescere, l’amare, il costruire insieme comporta anche la capacità di stare nel conflitto, di partire da diversità o errori per costruire “la casa del noi” in cui stare, per ritrovarsi in ciò che assieme si ama, in ciò che assieme si riconosce come capace di riempire la vita…

Sono più facili quei rapporti che ci dicono che va bene il nostro modo di essere, che confermano le nostre scelte;
quei rapporti nei quali “ce la raccontiamo” con chi la pensa come noi , con chi alla fine ci verrà sempre dietro e viceversa.

Che fatica a volte facciamo quando chi per il nostro bene, ci dice che “così non va bene”; ci mette allo specchio di alcune nostre “zone d’ombra”; entra dentro quelle “zone franche” dove abbiamo messo al riparo ciò che non vogliamo sia messo in discussione o cambiato…

Ognuno a suo modo ha certamente immagini e situazioni reali che lo rimandano a quanto stiamo dicendo…
Ognuno sente che qualcosa si muove nel profondo quando permette sguardi di verità che vanno ad illuminare gli angoli nascosti dove abbiamo riposto ciò che è più ingombrante e non si sa dove mettere… Difetti, paure, mancanze, incoerenze, rigidità, povertà, errori …
Quanti pensieri mi si aprono in testa e nel cuore…

Oggi Dio fa questo con noi… Partiamo da questa parola, lasciando aperte le porte profonde con coraggio…
Cosa c’è dentro lo sdegno di Dio?
Cosa c’è dietro quella sferza di cordicelle usata da Gesù per cacciare chi ha ridotto la casa di Dio a un mercato?
Ci sta il desiderio che l’uomo viva,
che l’uomo non distorca ciò che è stato pensato come dono di vita,
Che le relazioni più autentiche, che l’incontro con il volto delle persone, che l’intreccio dell’anima con Dio attraverso le cose vere della vita, sia libera, sia amante e non altro…

Dio “non ci sta dentro”, si indigna quando sente crescere nell’uomo ciò che potrebbe mettere a rischio quanto il suo popolo ha ottenuto a caro prezzo: “ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile”…
È questione di libertà. O i rapporti si fondano sulla libertà o prima o poi si “sfondano”…
La libertà: un sentire del cuore e un modo di stare nella vita preziosissimo la libertà…

Ma lo sappiamo quanto sia un grande bene che è sempre a rischio. Da custodire con attenzione e forza sia dentro che fuori di se…
Il cammino nel deserto ce lo mostra chiaramente che se non fu facile liberarsi dal faraone, non è facile liberarsi dai faraoni che ci portiamo dentro che a tratti sono parte di noi; faraoni che sono nel mondo in cui l’uomo vive allora e adesso…
Per cambiare bisogna sempre partire da sé. Ci vuole grande impegno per guardare , vedere ed estirpare dal cuore le tante schiavitù che possono tenerci imprigionati…

Credo non sia un caso che quel cammino del popolo nel deserto sia durato quarant’anni!
Quanto tempo ci vuole per imparare ad avere un cuore libero,
o forse sarebbe meglio dire che questo è un cammino che non finisce mai;
che passo passo, giorno dopo giorno ci chiede di guadagnare, di conservare, di lottare dentro e fuori per avere un cuore libero …

Per questo il Signore consegna al suo popolo, a quel popolo per cui nutre una gelosia incredibile, le Dieci Parole…

Le nostre traduzioni hanno fatto perdere la forza della vita liberata che quelle parole contengono.
Chi ne sa più di me dice che in ebraico non si usa l’imperativo come nelle nostre lingue occidentali,
ma si usa l’incompiuto, cioè una sorta di futuro che andrebbe tradotto così:
“Tu sarai in grado di non avere un’altra divinità di fronte a me… Tu sarai in grado di non dire il nome di Dio inutilmente…Tu sarai in grado di non uccidere, di non giurare il falso, di non desiderare ciò che non è tuo …”.

Proprio perché Dio ti ha fatto dono della sua alleanza e ti ha permesso di fare esperienza della libertà, tu sarai in grado di… sarai capace di…
Mi piace moltissimo sentire che le Dieci Parole, custodiscono la libertà, sono una promessa di libertà che diventa vera attraverso la nostra vita, sono ciò attraverso cui è possibile far vivere ciò di cui ci è stato fatto dono…
Essere nella quotidianità, nelle relazioni persone vere, persone libere…
È fondamentale per Dio questo; ci tiene così tanto da esserne geloso.
La gelosia di Dio, a differenza della nostra gelosia che è paura di perdere chi amiamo,
è piuttosto una gelosia che si declina come custodia della persona amata perché non cada nel vicolo cieco e a volte angoscioso dello smarrimento e della paura.

Ecco la reazione forte di Gesù nel tempio.
La relazione, ogni relazione vera tra gli uomini e quindi con Dio, non può mai essere costringente, un mercato, ” ti do se mi dai…”

Pensiamoci bene; anche negli affetti, nelle relazioni educative, a scuola, nelle amicizie…
Non parliamo di super uomini irreprensibili e impeccabili, ma di persone che ci mettono tutto quello che sono nel desiderio e nella conversione continua per essere liberi e gratuiti nel bene e nella cura, quello sì…
Il Vangelo ci racconta che dentro ad una situazione che non vive di libertà e relazione gratuita Gesù non resiste e si arrabbia proprio…

Come per le relazioni tra gli uomini così nella relazione con Dio…
Guai a costringere Dio a un luogo, un tempo, un rito a un “ti do se mi dai”…
Si finirebbe per non riconoscerlo più là dove egli fissa l’appuntamento con noi e per noi… Non incontreremmo più il Dio che ci anticipa, che è sorpresa, che abita dentro ai momenti belli, a quelli veri; Dio che sta dentro alla cura che sappiamo donare e ricevere con sacra gratuità…

Il rapporto con Dio come ogni relazione vera non può essere costruito “a richiesta” e non può essere giocato a proprio uso e consumo…
Non si può comprare o vendere…
Quanti nostri passaggi “religiosi” vengono spesi per ricercare un conforto generico che non ci metta in discussione!

Non ci si può servire di Dio per ridurre la vita a un teatrino in cui Lui diventa un buon elemento coreografico.
La vita spesa assieme, è prendersi per mano nel bene e nel male, accompagnarsi con la capacità di abbracciare stretti e anche di affidare e lasciar andare, è legame avvolgente e mai costringente…
L’essere compagni di vita è sentire che il bene dell’altro non si compra ma si può solo ricevere, e lo si riceve se si è capace di regalare bene.

Voler bene davvero è divenire capaci di star bene perché si vede l’altro che sta bene…
Di crede che noi possiamo essere così, che noi siamo così…
A questo Dio tiene… Di questo Dio è geloso…
Non sono belle paroline o frasi fatte… Sono gli attimi che possiamo decidere di giocarci così o in un altro modo che rendono il cuore libero, che rendono il dono vero… Che fanno la differenza.

Provare per credere…

Facciamo tesoro di quando siamo stati capaci di tale bellezza; restiamo alla scuola di Dio per crescere sempre in questa capacità di dono…

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