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Cinema

La recensione

“Lady Bird”: che fatica diventare grandi e trovare la propria identità

Christine McPherson è una ragazza diciassettenne che la Sacramento bene definisce “strana”.

Titolo: Lady Bird
Regia: Greta Gerwig
Attori: Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Lucas Hedges, Timothée Chalamet
Durata: 93 minuti
Giudizio: ****

Christine McPherson è una ragazza diciassettenne che la Sacramento bene definisce “strana”: ha i capelli fucsia, ha una predilezione alquanto discutibile per i pizzi e i merletti del mercatino
dell’usato e si comporta in maniera un po’ bizzarra. Tuttavia, Christine non è strana in senso oggettivo; è strana solo agli occhi di una città che non la capisce. Infatti, lei a Sacramento, che
definisce il “Midwest della California”, si sente in trappola. Obbligata a frequentare la scuola cattolica e a vivere in una casa modesta “dalla parte sbagliata dei binari”, con un padre disoccupato
e depresso e una madre eccessivamente rigida, sogna di potersene andare lontano, a New York, per il college.

Christine, non riconoscendosi nemmeno nel suo nome di battesimo, si sceglie un nuovo nome: Lady Bird, “uccellino”, che richiama il suo desiderio di volare via. E Lady Bird obbliga tutti a chiamarla così; forse perché spera che sentirlo dire dagli altri la aiuti ad acquisire sicurezza in se stessa e nella sua identità. Si percepisce da parte sua un desiderio disperato di “normalità” e inizialmente tenta di conformarsi seguendo la strada della “brava ragazza”: si iscrive al corso di teatro, si trova un bravo ragazzo cattolico irlandese (che la rispetta troppo anche solo per sfiorarla) e passa il tempo con la sua amica Julie. Però, qualcosa va storto, e allora decide di tentare con la strada opposta: molla il corso di teatro, risponde male a scuola, si trova una nuova amica cool e esce con il bel tenebroso Kyle (interpretato dal fenomenale Timothée Chalamet di cui, dopo “Chiamami col tuo nome”, sono perdutamente innamorata). Tuttavia, anche qui, le cose non vanno meglio. Anzi.

Lady Bird è persa dentro a un mondo fatto di suore, gonne lunghe fino alle ginocchia, amicizie forzate e amori scadenti; un mondo in cui non riesce a stare, perché le mancano le regole del gioco.
Lady Bird vuole di più, e si sente quasi in colpa per questo. La madre (interpretata dalla fantastica Laurie Metcalf) sfiancata dai continui tentativi (e fallimenti) di capire questa figlia “diversa”, le si para davanti come un muro solo per proteggerla da un mondo crudele che sa se la mangerà viva, nascondendo in realtà tutta la tenerezza di cui solo una madre è capace. Lady Bird lo intuisce, ma non lo afferra del tutto; sa che le vuole un gran bene, perché è pur sempre sua madre, ma pensa di non piacerle; di non piacerle come persona. Ed è qui che entra in gioco la figura del padre, docile e amorevole, che fa sempre da scudo tra queste due teste calde, che parlano la stessa lingua, ma urlano troppo forte per potersi ascoltare. Sarà proprio lui ad aiutare Lady Bird ad andarsene a New York, alla Columbia. Una volta qui, Lady Bird sarà sufficientemente in sintonia con se stessa da potersi finalmente liberare di questo soprannome un po’ infantile, per poter tornare alle sue vere radici; per essere, una volta per tutte, Christine. Solo Christine.

La meravigliosa interpretazione di Saoirse Ronan rende questo film veramente gradevole ed equilibrato, con il giusto bilanciamento di dramma e comicità. Non è troppo cupo, ma non è
nemmeno troppo comico. Ha la capacità di stampare sul volto dello spettatore un sorriso che resta per tutto lo svolgimento della storia, regalando qua e là qualche risata a cuor leggero. In fin dei
conti, si tratta semplicemente della storia di una ragazza che cerca la sua strada per diventare donna, barcamenandosi tra il rapporto di amore/odio con la madre e i rapporti complicati con l’altro sesso. Come lei, ce ne sono tante che condividono le stesse esperienze tragicomiche, ed è esattamente
questo che rende il film incredibilmente facile da interiorizzare. Una storia semplice, raccontata in modo magistrale.

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