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Le risorse umane oggi: Persona 4.0

Alla luce della complessità del mercato e, conseguentemente, di quella organizzativa, ha ancora senso misurare la personalità come indice di previsione del comportamento?

In un contesto economico fluido e in continuo mutamento le organizzazioni sono costrette a rivalutare costantemente il loro rapporto con l’ambiente esterno. In un’epoca in cui il nucleo organizzativo centrale era protetto da un mercato facilmente prevedibile, la concezione dell’individuo era considerata come stabile nel tempo. L’impressione che il selezionatore si costruiva del candidato aveva lo stesso peso anche dopo anni da lavoratore dipendente. Strumenti che indagavano aspetti stabili, come la personalità, potevano essere degli ottimi alleati nel processo di selezione e valutazione del personale.

Se il mondo cambia, cambiano le persone

Alla luce della complessità del mercato e, conseguentemente, di quella organizzativa, ha ancora senso misurare la personalità come indice di previsione del comportamento? Se, da un lato, questionari che misurano la personalità sono molto utili e validi nel catturare le sfaccettature dell’individuo, dall’altro non possono garantire che quella persona sia la stessa sul luogo di lavoro.

L’individuo non è frutto solo di genetica ed educazione, ma è anche il risultato di esperienze (positive e negative), sia personali che lavorative, di relazioni, ecc. Ogni persona ha una storia che racconta a se stesso. Questa influisce in ogni cosa che crede, in ogni cosa che sente e in ogni comportamento che intende mettere in atto.

È davvero sufficiente, nel processo di selezione e valutazione del personale, considerare unicamente la personalità? Forse non è più corretto che sia così.

Ecco perché tutto ciò che confluisce nel termine “risorse umane” deve cominciare a ridefinirsi. Se il modo con cui ci immaginiamo la risorsa umana è cambiato, allora tutto ciò che ruota attorno ad essa deve cambiare. È un cambiamento che avviene senza la nostra volontà e che può apparire come una perdita di controllo. Quando sentiamo che il controllo sfugge dalle nostre mani, per sentirci meglio ci ancoriamo a ciò che è sicuro. Così troviamo società di consulenza che si trovano ad operare in un’industria 4.0 utilizzando gli strumenti del secolo scorso. Mentre le più autorevoli menti discutono di temi come l’intelligenza artificiale e le possibili ripercussioni morali sul mondo del lavoro e dell’umanità intera, chi effettivamente deve operare, nella pratica non risulta adeguatamente preparato e si ancora a stili di operatività non più consoni.

Risorse umane deve far rima con futuro

L’opinione pubblica ha molto a cuore il futuro dei lavoratori. Nei prossimi anni, così com’è successo nelle grandi rivoluzioni industriali, i lavoratori saranno messi a confronto con macchine efficienti e instancabili. In fin dei conti, una macchina, qualsiasi forma abbia, non si ammala, non si stressa, non ha famiglia, non si lamenta di uno stipendio che non ha, non ha bisogno di riposo e non è iscritta ai sindacati. In altre parole: sappiamo bene chi la spunterà nella guerra uomo-macchina.

Chi si occupa di risorse umane non può far finta che tutto questo non esista. Si può, alla luce di ciò, occuparsi di selezione usando come àncora valutativa uno strumento che non prevede competenze affini alla richiesta del mercato del lavoro odierno? Ci si può occupare di sviluppo e riqualificazione utilizzando teorie della psicologia clinica di inizio ‘900?

Ogni qualvolta un lavoratore, o potenziale tale, di qualsiasi ruolo e occupazione, viene valutato da qualcuno che ritiene autorevole, considera il risultato della propria valutazione come verità assoluta. Chi viene valutato, tendenzialmente, non conosce gli strumenti valutativi e non sa come sono stati costruiti. Qui è importante considerare la responsabilità di chi utilizza questi strumenti e dell’uso che ne fa.

Pretendiamo competenza, non solo da chi cerca lavoro

Quando si parla di valutazione, o di qualsiasi altra ricerca esplorativa della persona, bisogna essere in grado di trovare lo strumento adatto al tipo di ricerca, sia che essa sia libera o commissionata, adatto al contesto e al tempo. Non basta né una ricerca veloce su Google, né un semplice passaparola tra professionisti. La Psicologia sociale e del lavoro offrono un utile approccio teorico al contesto delle risorse umane. Soprattutto se amalgamate adeguatamente con altre branche come la psicologia clinica, della percezione e neuropsicologia. In questa epoca storica, solo chi ha alle spalle una conoscenza dei processi cognitivi, emotivi e comportamentali, che solo una preparazione accademica può fornire, può rispondere in maniera adeguata a ciò che richiede il mercato del lavoro di oggi e del futuro.

Ed è proprio dal contesto universitario che può nascere un nuovo approccio con l’obiettivo di portare le esigenze del mondo del lavoro su un piano più attento al valore della persona, tentando di sfondare e svecchiare un mercato delle risorse umane ormai saturo e un po’ addormentato. E’ necessario un approccio molto attento alla ricerca psicologica senza mai dimenticare il valore di chi è oggetto di ricerca. Il rigore e la cura nel processo di ricerca scientifica è fondamentale nella creazione di strumenti nuovi e adeguati al futuro sempre più incerto.

Ma non è tutto: occorre porre l’attenzione su chi veicola determinati strumenti. Sempre più professioni, dal facile rilascio di attestato, si sostituiscono alla figura dello psicologo, soprattutto nel campo delle risorse umane. Temi come benessere organizzativo, crescita e sviluppo personale/gruppale, analisi della qualità e percezione sociale faticano ad essere affrontate in maniera adeguata da chi non è del settore. Ridurre la complessità del mondo del lavoro in risposte semplici e generiche non può essere la risposta migliore di cui il mondo del lavoro ha bisogno. Velocità e innovazione può essere sinonimo anche di responsabilità e valorizzazione della complessità.

Selezione e valutazione 4.0

Ciò che emerge è un quadro in cui le risorse umane escono sconfitte da un ambiente imprevedibile e dinamico. Per riemergere e affrontare il futuro, le risorse umane 4.0 hanno bisogno di un accesso veloce, intuitivo e personalizzabile fornendo strumenti quantitativi e qualitativi flessibili quanto lo sono le organizzazioni che li necessitano. Attraverso piattaforme web è possibile costruire e modellare gli strumenti per l’HR. Da qui, un apposito algoritmo può accogliere e guidare le richieste del committente consegnando gli strumenti più adeguati in maniera semplice, diretta e immediata; senza intermediari.

Può sembrare un’azione azzardata: fornire uno strumento psicologico alle organizzazioni può avere delle criticità senza un’adeguata supervisione. La soluzione è usare la tecnologia a disposizione per (1) interpretare e guidare il cliente nella scelta e (2) ideare strumenti flessibili per adeguarsi alle richieste organizzative.

Quando il cambiamento diventa l’ordine del giorno, la conoscenza è l’arma fondamentale per anticipare i tempi.

Stefano Urso, collaboratore di Inside (the black box), gruppo di psicologi che stanno sviluppando un progetto di consulenza HR

 

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