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La riflessione

Università, è davvero indispensabile per diventare adulti intelligenti?

"Il percorso universitario è davvero indispensabile per il raggiungimento di traguardi importanti della nostra vita professionale e sociale? Auguro che ogni ragazzo, all’indomani della riuscita alla Maturità, si faccia questa domanda."

Ho appena concluso il primo trimestre universitario; quindi si profilano le vacanze e subito dopo mi aspetteranno i primi esami.
Ebbene sì, dopo l’intervallo lavorativo durato un anno, anche io mi sono iscritto a questo istituto molto famoso e frequentato dai giovani, e non solo, di tutto il mondo con l’obiettivo (o presunto tale) di imparare, di apprendere.

Dobbiamo ai conventi medievali l’invenzione dell’Università e, vista la longevità dell’esistenza di essa, possiamo dire che è stata di importanza capitale.
Infatti ai giorni d’oggi, per ottenere un ‘‘bel lavoro’’ viene richiesto un Diploma di Laurea, il quale è conseguito proprio in quel simpatico edificio che si chiama Università.
Simpatico è anche quando diciamo ai nostri parenti, amici, conoscenti, che la stiamo frequentando e che supponiamo di avere un futuro migliore avendo dalla nostra parte il fatidico e quasi fantomatico ‘‘pezzo di carta’’. Dev’essere proprio una bella soddisfazione averlo in tasca.

Ma se non fosse così? O meglio, il percorso universitario è davvero indispensabile per il raggiungimento di traguardi importanti della nostra vita professionale e sociale?
Auguro che ogni ragazzo, all’indomani della riuscita alla Maturità, si faccia questa domanda.

Analizzando il contesto, percorso universitario significa (almeno) tre anni della nostra vita, tanta energia, tanti sforzi, tanti sacrifici e tanta pazienza.
Spesso gli studenti scelgono un corso quasi come se fosse per inerzia, quasi come se fosse una scelta da fare a priori, come se fosse una tappa indissolubile ed obbligatoria della nostra esistenza.
Le suddette non sono nient’altro che conseguenze del ruolo sociale molto potente che riveste l’Università e di una cultura che confonde lo studente con lo studioso.
Bisogna però rendere atto anche alle preziose figure professionali che escono dai banchi universitari; come il medico, l’ingegnere, il giudice od il chimico, tanto per citare alcuni.
L’Università è quindi un laboratorio di sviluppo delle capacità di volenterosi studenti.
Ma guai ad attribuire il monopolio della conoscenza, della sapienza, del progresso, alla nostra cara Università. Piuttosto riteniamo come una piattaforma, e non come un prodotto a se stante.
Un grave errore, perciò, è il considerare l’Università un fine; essa è infatti un mezzo, uno strumento. La possiamo ritenere come un sistema accessorio ad un’idea ben tracciato dallo studente che utilizza il capitale universitario per arrivare laddove il trinomio talento-studio-accademia può portare.
Avendo dato, o tentato perlomeno,di dare la definizione pratica dell’Università, devo ricordare la fondamentale efficacia del distacco scolastico nella post-maturità.
Un ottimo consiglio è quello di riflettere attentamente e prendere tempo dopo la su citata maturità per riordinare le idee ed orientare la propria personalità verso una strada, od un’altra; importante sarebbe poter iniziare un lavoretto per rendere tangibile la fatica nel guadagnare qualche soldo.

Banalmente, non siamo tutti uguali e perciò inseguire le vie di ‘‘altri’’ si può rivelare nient’altro che un fallimento.
Per casi illustri che non hanno concluso gli studi universitari, come Bill Gates o Mark Zuckerberg, abbiamo l’efficienza delle Università di Oxford e Cambridge che hanno sfornato numerosi Premi Nobel in vari ambiti.
Quindi, ciò che dobbiamo trovare è il miglior compromesso tra la nostra naturale predisposizione e le possibilità lavorative una volta entrati nel mondo del lavoro.
Quindi, riflettendo quasi aritmeticamente, l’università sta a me più di quanto io stia a lei, e. perciò, io peso più di una Laurea e non è la Laurea che fa di me automaticamente uno bravo e capace.
Possibile traduzione: non sia la Laurea ad aver conquistato lo studente, bensì, il contrario.

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